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L’immagine, quasi pornografica, delle due monoposto di Lewis Hamilton e Max Verstappen intrecciate in un abbraccio animalesco a bordo pista a Monza è destinata a entrare nella storia, come la rivalità che l’ha originata. Dopo la gara di ieri, una cosa è certa: se uno dei due contendenti al titolo mondiale non alza il piede, si arriva al contatto. E non è facile prodursi in una concessione così all’avversario. Ne va dell’orgoglio di due piloti molto diversi tra loro per personalità, ma che in comune hanno un talento smisurato.
Non fosse stato per due pit stop che si sono protratti oltre il dovuto, Hamilton non sarebbe mai rientrato nei pressi di Verstappen, che, come uno squalo, ha annusato il sangue della sua preda. La Red Bull, regina delle soste sotto i due secondi, ha steccato, impiegando oltre 11 secondi per quella che è una routine consolidata. Ma anche la Mercedes, quando Hamilton è rientrato per montare le gialle, non è stata impeccabile. È stato questo il casus belli di un episodio che ha infiammato gli appassionati, divisi in fazioni ormai in guerra aperta.
A ben vedere, i due incidenti clou della stagione, a Silverstone e a Monza, sono due facce della stessa medaglia. Sono frutto di quell’istinto animalesco, quasi primitivo, che fa reagire di pancia i due rivali per il titolo. Lewis e Max si sono dimostrati disposti a perdere tutto, ad andare al di là della ragione, per non darla vinta all’altro. E hanno mostrato reciproca indifferenza dopo gli schianti. Una volta capito che il nemico stava bene, hanno voltato lo sguardo e sono andati per la loro strada.
Non ti curar di loro, ma guarda e passa, insomma. Con buona pace di chi li taccia di poca empatia. Ma la Formula 1 non è uno sport per educande. Non lo è mai stato, né lo sarà. Hamilton e Verstappen non si amano, forse nemmeno si stimano più di tanto. O, semplicemente, sono talmente aggrappati alle proprie speranze mondiali da diventare ciechi nella loro furia agonistica. Costi quello che costi.
E qui arriviamo al vero problema. A Silverstone, Max è stato protagonista di uno schianto da 51G contro le barriere. A Monza, Lewis è stato accarezzato da una ruota e salvato da un destino assai avverso dall’halo, che, qualora ce ne fosse ancora bisogno, ieri ha dimostrato un’altra volta la sua grande utilità in F1. Se dovessero continuare di questo passo, c’è il rischio che la situazione diventi completamente fuori controllo.
L’ultima volta che accaddero episodi analoghi, nel 2016, si trattava di compagni di squadra. Hamilton e Rosberg, dopo lo scontro fratricida a Barcellona, furono pesantemente redarguiti dai vertici della Mercedes, che ventilarono conseguenze poco piacevoli nel caso in cui avessero ripetuto lo scherzetto. Oggi, invece, la lotta si gioca tra due piloti di team diversi. E i numero uno delle scuderie rivali, Toto Wollf e Chris Horner, finora non hanno fatto che mettere ulteriore carne al fuoco su una brace già vivacissima.
La FIA, ora, ha una bella gatta da pelare. Perché ogni intervento dei commissari che riguarda Hamilton e Verstappen è sotto la lente di ingrandimento dell’opinione pubblica. E perché lasciare campo libero a Lewis e Max potrebbe aprire il fianco ad altri incidenti. Se c’è qualcosa che abbiamo imparato da Silverstone e Monza, è che anche lo scontro più innocuo può avere conseguenze devastanti. E se le ramificazioni degli schianti non sono sanzionate, non vuol dire che non possano incidere sul mondiale, e forse sulla stessa storia della F1.