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Lewis Hamilton e Charles Leclerc da ieri sono impegnati in una sessione di tre giorni di test della Ferrari a Barcellona con la SF-23, la monoposto che la Rossa ha schierato nella stagione 2023 di Formula 1. Si tratta di un collaudo che rientra nella fattispecie dei TPC, le prove con vetture vecchie di almeno due anni consentite dal regolamento sportivo. Ma a che cosa serve scendere in pista con una monoposto di un tempo passato?
C’è un motivo se per la stagione 2025 di Formula 1 i TPC hanno subito delle restrizioni. Da quest’anno, i piloti titolari possono coprire una distanza massima di 1000 km, spalmati nell’arco di quattro giorni. Il casus belli della modifica al regolamento è stato il test effettuato da Max Verstappen a Imola con la RB18 del 2022 prima del GP di Spagna, nel giugno dello scorso anno. Vista la difficoltà riscontrata dalla RB20 nel gestire i cordoli dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, la Red Bull decise di effettuare una sorta di prova comparativa con una vettura precedente, in modo tale da avere un riscontro da parte di Verstappen che potesse aiutarli a comprendere meglio i limiti a livello meccanico di cui il pluricampione del mondo si lamentava.
I TPC sono regolamentati in modo molto rigido. Durante questi collaudi, infatti, non possono essere impiegati sensori e strumentazioni che diano un raffronto diretto con le vetture utilizzate nel campionato in corso. Ma è pur vero che le modifiche all’assetto – queste sì consentite dalle normative – possono offrire degli spunti utili per i tecnici. Le prove in pista, oltretutto, assumono un’importanza ancora più rilevante con le attuali vetture dell’era dell’effetto suolo, particolarmente sensibili a variabili che non sono replicabili nella simulazione.
Non parliamo solo del porpoising, non verificabile in galleria del vento, ma anche di dettagli come le asperità dell’asfalto, che possono influire in maniera sensibile sul comportamento di vetture assai suscettibili. Lo scorso anno a Monza Christian Horner in un incontro con i media a cui partecipammo usò una metafora molto efficace: dover elaborare i dati in arrivo da pista, simulatore e galleria del vento è come voler stabilire l’ora esatta servendosi di tre orologi diversi. Un problema, questo, particolarmente sentito a Milton Keynes per via di una galleria del vento che si avvia verso l’obsolescenza, ma che riguarda tutti i team.
La pista di Barcellona, spesso utilizzata in passato per i test ufficiali in Formula 1, è un’ottima cartina al tornasole delle prestazioni delle vetture. Non solo: il Circuit de Catalunya lo scorso anno ha messo in grande difficoltà la SF-24, con un bouncing particolarmente aggressivo nelle curve ad alta velocità che sarebbe stato il tallone d’Achille della monoposto. Ma anche la stessa SF-23 non aveva brillato in Spagna. Lavorare su questo tracciato, insomma, potrebbe essere utile per imparare dal passato.
Visto che quella di Barcellona, a differenza di Fiorano, è una pista largamente impiegata in F1, la tre giorni di TPC della Ferrari in Spagna sarà molto utile ad Hamilton per farsi un’idea chiara della differenza in termini di comportamento tra le Mercedes dell’era dell’effetto suolo e un corrispettivo di casa Ferrari. Secondo quanto riporta Marca, peraltro, Hamilton avrebbe dato riscontri molto positivi sull’impianto frenante Brembo, un altro aspetto a cui Lewis si deve adattare, visto che in Mercedes si usano i dischi di Carbon Industries.
La frenata è un punto cruciale per Hamilton, visto che il suo successo in Formula 1 è stato costruito grazie a uno stile di guida che prevede decelerazioni forti e profonde. Una tendenza, quella di forzare la staccata, che accomuna Lewis a Leclerc, anche se le loro preferenze in termini di pilotaggio non sono esattamente sovrapponibili. Hamilton la prossima settimana saggerà anche la SF-24 a Barcellona, ma in una versione opportunamente modificata per simulare i livelli di deportanza delle monoposto 2026 necessari per i collaudi delle gomme di Pirelli. Poi arriverà il momento chiave, l’incontro in pista con la vettura 2025.