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Lewis Hamilton torna da Jeddah con un magro bottino. Il sette volte campione del mondo si è dovuto accontentare di una briciola, il punticino per il decimo posto. Scattato dalla quindicesima piazza, ha risalito la china grazie a un lunghissimo stint con le hard. La chiusura della pitlane durante il regime di Virtual Safety Car per i ritiri di Ricciardo e Alonso gli ha impedito di consolidare il sesto posto, alle spalle di Russell. E dopo la sosta, si è ritrovato ben più indietro.
Il weekend di gara di Hamilton si è inevitabilmente complicato con l’eliminazione alla Q1, frutto di una scelta decisamente controproducente a livello di assetto. Con questa configurazione, che nelle FP3 aveva dato buoni riscontri, la W13 di Hamilton in qualifica ha accusato una forte instabilità al posteriore, complicando notevolmente il compito a Lewis, in particolare nel secondo settore, in cui ha incassato un gap notevole rispetto a Russell.
Hamilton è abituato alla perfezione, grazie ad anni di successi. Vuole estrarre il massimo dal suo pacchetto a livello di set-up, cosa che riusciva decisamente più semplice quando le monoposto della Stella a tre punte erano più performanti e meno capricciose di quanto non lo sia la W13. Alcune sue antenate saranno anche state delle dive, ma la situazione attuale non è nemmeno lontanamente paragonabile ad eventuali difficoltà passate nel raggiungere le condizioni ideali per sfruttarla appieno.
E trovare il punto giusto – o come direbbe Lewis, il sweet spot – non è possibile con la W13 attuale, tormentata dal porpoising a tal punto da costringere i tecnici della Mercedes ad aumentare l'altezza da terra, optando per la soluzione più semplice, ma anche più costosa in termini di performance. Bisogna arrangiarsi con ciò che si ha a disposizione, per quanto non sia la condizione ideale.
Russell, dal canto suo, è decisamente abituato ad arrabattarsi con vetture tutt’altro che stellari. Anni difficili in Williams lo hanno costretto ad essere flessibile, adeguandosi al mezzo a disposizione, a prescindere dalla bontà del pacchetto. Sicuramente non si aspettava di trovarsi in una terra di nessuno tra i top team e la classe B della F1, arrivando in Mercedes. Ma è decisamente preparato ad affrontare questa soluzione.
Hamilton, invece, deve fare un passo indietro rispetto all’azzardo tentato con l’assetto in Arabia Saudita, usando il proprio talento come un’ancora in questa navigazione in acque turbolente. La W13 non è nata sotto una buona stella, ma un campione come lui deve e può usare il proprio talento per compensare almeno in parte le mancanze che un set-up estremo non può superare. Anzi, finisce per evidenziare.