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AUSTIN - Vincere fa bene, se poi a farlo in quel modo e dopo una attesa di oltre cinque anni è Kimi Raikkonen, gli elementi per ricordare questo successo della Ferrari ci sono tutti. Il pilota licenziato, quello che dal marzo 2013 non vinceva più, quello che spesso e volentieri era assente all'appello, quello più anziano (39 anni appena compiuti), quello meno comunicativo ma col seguito di tifosi più estremo, sembrava destinato al limbo del dimenticatoio. Alla Ferrari, prima con Alonso poi con Vettel, sembrava il cuscinetto destinato a beccarle da tutti. Le critiche (giustificate e reali sia chiaro), le strategie a favore della prima guida. Il ruolo da spalla cucito addosso suo malgrado.
Per Raikkonen il destino dell'onesto lavoratore del volante, nonostante un titolo mondiale conquistato proprio 11 anni fa, stesso giorno, altra pista (Interlagos) sembrava compiersi con l'annuncio dell'accordo con la Sauber, ovvero fare ancora due anni solo per portare a casa lo stipendio, sostanzioso sia chiaro, e quindi scordarsi di vincere qualcosa. Perché per quanto si possa essere ottimisti, con la Sauber di vincere non se ne parla. Bisognava sfruttare le occasioni e alla Ferrari con quel Vettel in lotta per il mondiale, non è che fosse scontato. E infatti, in USA, Raikkonen ha potuto approfittare di tutte le circostanze favorevoli.
Partito in prima fila perché Vettel era stato penalizzato e quindi con pista libera. Doveva azzeccare la partenza, mettersi davanti ad Hamilton e rompergli il ritmo. E lo ha fatto benissimo alla prima curva. Poi la strategia. Mentre la Mercedes, durante la neutralizzazione della corsa per recuperare la Red Bull di Ricciardo, rientrava ai box e cambiava le gomme ad Hamilton sfruttando il momento, Raikkonen ha proseguito per la sua corsa, col suo ritmo. E quando ha fatto il pit stop, con Vettel alle spalle, la domanda via radio al suo box: "Che faccio? Lo lascio passare?" e invece stavolta, a sorpresa, gara libera: "No Kimi, vai. Fai la tua gara". E lui l'ha fatta. Senza vincoli, senza strategie e senza ostacoli.
L'occasione 113 gare dopo l'ultima vittoria in Australia nel 2013, era lì sul tavolo. E lui l'ha sfruttata con intelligenza e sapienza. Sapersi districare con un Verstappen e un Hamilton alle spalle per 10 giri, cani affamati che non volevano mollare l'osso, è frutto di esperienza, freddezza e capacità. Quelle che Kimi ha sempre avuto in passato e che nel corso degli anni non si era che vista a sprazzi. Ha vinto, era ora e fa piacere per l'uomo, il pilota e per quello che rappresenta in F.1: "Sono contento ma credo lo siano di più i miei tifosi" ha detto a caldo dopo l'arrivo. Il resto, occhiali da sole indossati (lo sponsor ringrazia), lo champagne sul podio e la faccia di chi dice: "Visto, senza strategie che mi penalizzano, posso ancora dire la mia". Vedi Monza o il passato come Montecarlo o Ungheria nel 2017 dove cedette il successo al compagno di squadra.
L'occasione 113 gare dopo l'ultima vittoria in Australia nel 2013, era lì sul tavolo. E lui l'ha sfruttata con intelligenza e sapienza
Quel Vettel che ha commesso un altro errore in gara, dopo quello in qualifica con la bandiera rossa. Una toccata con Ricciardo, uno sbaglio che lo ha spedito in fondo al gruppo e che lo ha visto risalire fino al 4 posto, subito dietro ad Hamilton. Che con quel piazzamento ha dovuto rimandare la festa per il 5 mondiale alla prossima gara, Messico fra sette giorni. Con 70 punti di vantaggio dovrebbe essere una formalità. Di sicuro con un Raikkonen che durante l'anno ha sbagliato poco o niente, un Vettel che è arrivato a quota 9 errori in 18 gare, la Ferrari qualche domanda dovrebbe farsela e trovare delle risposte, veloci possibilmente. Perché se con Raikkonen al fianco il risultato è questo, meglio non pensare alle incognite del prossimo anno. Intanto applaudiamo Raikkonen e quello che ha fatto. E' solo merito suo, se lo merita stavolta.