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Si osservano, si annusano come fanno i predatori quando sul loro territorio di caccia arriva un rivale. Poi, a seconda della pericolosità o meno, decidono se lasciar perdere o tirare fuori le unghie per attaccare. Perché la miglior difesa è l'attacco, dicevano, e in F.1 quando annusi l'aria e capisci che è arrivato in pista un nuovo predatore, si comincia col mandare segnali ben precisi. A Monza, dopo la vittoria di Charles Leclerc, è chiaro che il vecchio predatore, Lewis Hamilton, ha trovato uno che ha invaso il suo territorio. E lo ha fatto chiudendo ogni varco, guidando in maniera aggressiva e al limite delle regole.
Pubblico osannante e ovazione per il giovane monegasco, che ha riportato la Ferrari a vincere a Monza dopo un digiuno durato 10 edizioni (2010, Fernando Alonso), mugugni a caldo di Hamilton salvo poi, a mente serena, fare i complimenti a Leclerc: "Hai guidato mettendoci il cuore, goditi il momento perché te lo sei meritato. Una grande lotta, nessuna acrimonia o problemi fra noi, alla prossima battaglia" ha scritto l'inglese. L'onore delle armi a un giovane contendente che in pista, per 53 giri, ha saputo contrastare con ogni mezzo gli assalti del vecchio leone inglese. Un leone che ora deve fare i conti con un giovane agguerrito, sfrontato, che non teme nessuno.
A partire dal compagno di squadra Vettel, in crisi dopo l'ennesimo errore in gara. Lo si era capito dal sabato, quando Leclerc ha brillantemente evitato di rispettare gli ordini di squadra e non ha dato la scia a Vettel, lasciandolo in quarta posizione. "Grazie, grazie" era stato il commento ironico del tedesco. E Charles, sfrontato, a ribadire: "Non ci sono problemi, tutto ok". Sfacciato, fiducia in se stesso che aumenta di gara in gara e con due pole e due vittorie di fila sulle uniche piste del mondiale dove la Ferrari avrebbe potuto giocarsela.
Il piccolo principe, come ormai lo chiamano (è di Montecarlo), ha tutto per piacere: ha talento, è istrionico (salire sulle reti e tuffarsi in mezzo ai tifosi Ferrari dopo la corsa, parlare in italiano durante le conferenze ufficiali da fare in inglese, sbattere la porta in faccia ad Hamilton, il più odiato dai tifosi in rosso...) ha le spalle coperte da un management che è fra i più forti e preparati della F.1 (gestito da Nicholas Todt, il figlio del presidente della FIA, Jean). Ha la tempra di chi sa cosa vuole e dove può arrivare. A vederlo guidare ricorda un eroe del passato: "Mi è sembrato Niki Lauda per regolarità, costanza e senza prendersi rischi" hanno detto tutti.
E a Monza, per 53 giri, a parte un paio di piccole sbavature, ha sempre messo le ruote nello stesso punto, giro dopo giro. Un computer. "Sono stato duro con Hamilton? Sono le gare. Ho imparato molto dopo il GP d'Austria, quando ho perso la gara all'ultimo giro per quel sorpasso subito da Verstappen. Un errore che non ho più ripetuto e che mi è servito da lezione". Perché Leclerc le lezioni le impara subito. Ed è il primo a non essere indulgente con se stesso: "Uno stupido, sono stato uno stupido" urlò alla radio dopo aver sbattuto in prove a Baku. E non si diede pace nemmeno in Austria dopo il sorpasso subito da Verstappen.
Troppo forte lo smacco monzese per il vecchio Leone inglese che rivede in Leclerc il nuovo che avanza e rivede se stesso quando fece lo stesso con gli altri Leoni dell'epoca. E' una lotta serrata senza esclusione di colpi
Domenica sera, dopo la gara, forse è stato un segno del destino che Hamilton e Vettel si siano ritrovati a dividere l'elicottero privato dopo essere stati appiedati. Leclerc era partito in tempo, loro no. I due leoni alle prese col nuovo che avanza. Ne avranno parlato a lungo durante il tragitto, potete scommetterci...A Singapore i due però si sono ignorati. Troppo forte lo smacco monzese per il vecchio Leone inglese che rivede in Leclerc il nuovo che avanza e rivede se stesso quando fece lo stesso con gli altri Leoni dell'epoca. E' una lotta serrata senza esclusione di colpi. Gli squali si annusano a distanza e in questa F.1 di squali ce ne sono parecchi...