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SINGAPORE – E con questa fanno tre e il bilancio dell’anno è più che positivo. Quando lo scorso inverno Maurizio Arrivabene disse che vincere due gare era l’obbiettivo minimo e se fossero state tre c’era da festeggiare alla grande e se per caso arrivasse la quarta, allora tutta la squadra sarebbe andata a piedi al santuario di San Luca, ebbene sembrava una sparata troppo ottimistica.
Adesso, dopo che Sebastian Vettel ha vinto la terza corsa della stagione dominando come ai tempi in cui guidava una Red Bull, si vede che quegli obbiettivi non erano per nulla campati in aria. Certo, il 2014 è stato un disastro, sperare di ribaltare la situazione era un sogno, di sicuro la vittoria di Singapore nasce proprio dalla rivoluzione impostata lo scorso novembre e lo dimostrano alcuni particolari.
Il motore, tanto per cominciare, non è il massimo della F.1 ma è migliorato e col prossimo a basamento stretto si potrà solo perfezionare. La trazione, poi, ovvero l’assetto meccanico che ha fatto la differenza a Singapore. Con 23 curve a 90 gradi conta l’inserimento e il bilanciamento. La Ferrari aveva tutto e lo ha dimostrato dapprima con la pole poi col dominio in gara.
Impeccabile la gestione degli pneumatici
Il terzo elemento, segno della rivoluzione invernale, è che la rossa ha sempre faticato a mandare in temperatura le gomme, qua invece si è visto (specie dopo le partenze dopo le due safety car) che fin dai primi metri la Ferrari mandava in temperatura le gomme rapidamente salvo poi perdere qualcosa strada facendo.
Lo si è visto in maniera lampante al 27 giro, dopo la prima safety, con Ricciardo (splendido secondo) che da 6 decimi in un giro si è preso due secondi di distacco. Non che l’australiano di Sicilia sia un brocco, solo che la Ferrari ha mandato subito in temperatura le gomme soft e ha preso il largo. La Red Bull ha poi recuperato dopo i primi cinque sei giri, ma a suon di due o tre decimi, troppo pochi rispetto ai 4 secondi accumulati nei primi due giri con ripartenza a freddo.
Ricciardo degno avversario di Vettel
E’ stata questa la differenza, unita a un Vettel mastino che ha corso alla Vettel, partito davanti non ha più mollato la presa anche se Ricciardo non lo ha lasciato respirare un attimo. Con una Red Bull in crisi di motore, Daniel ha mantenuto la pressione molto alta, Vettel non ha sbagliato nulla e alla fine, vedi l’ultimo giro, mentre Sebastian si teneva il margine minimo per vincere Ricciardo è arrivato ad appena 1,4 secondi: da paura uno così e sarebbe bello averlo in Ferrari per la bravura ma soprattutto la simpatia.
Fra cinque giorni a Suzuka cambia lo scenario e cambiano le gomme, ovvero basta supermorbide, si torna a quelle dure e qui la Mercedes (disastro totale. Rosberg quarto mai in gara, Hamilton ritirato per il potenziometro dell’acceleratore rotto) farà di nuovo il bello e il cattivo tempo. Intanto, però, è stato bello rivedere una Ferrari dominare, vincere con Vettel e Raikkonen terzo (c’era anche lui ma non se ne è accorto nessuno…) e far sognare il ritorno dei tempi andati, quando lo squadrone vinceva con un altro tedesco…