F1, GP Montecarlo 2017: le ricette di Gianfelice Guerini

F1, GP Montecarlo 2017: le ricette di Gianfelice Guerini
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Merluzzo alla pizzaiola per il Gran Premio di Montecarlo
26 maggio 2017

CHAMPAGNE…..Con il termine Champagne si indica quel vino spumante, universalmente conosciuto, prodotto nell'omonima regione della Francia settentrionale da uve Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier. Esistono oggi sul mercato diverse marche, più o meno note o rinomate, ma tutte accomunate dallo stesso metodo di produzione detto Champenois (in Italia chiamato Metodo Classico) che prevede una seconda fermentazione direttamente in bottiglia.

Questa la suggestiva esclamazione di Dom Perignon con cui la leggenda narra che sia cominciata la storia dello Champagne, che è infatti indissolubilmente legata al nome del monaco benedettino Dom Pierre Perignon, vissuto indicativamente tra il 1668 e il 1715. Questo monaco è stato per lungo tempo considerato l'inventore dello Champagne, ma poi ricerche storiche approfondite hanno evidenziato che non è andata esattamente così. Vediamo il perché.

A trent'anni il monaco Dom Perignon fu nominato cantiniere dell'Abbazia di Hautvillers situata nel nord della Francia e fu incaricato di assolvere ad un compito ben preciso. Già nel XVI secolo, quindi ben prima della nascita di Pierre, nelle zone circostanti il monastero (ma anche in Italia a Brescia, nell'attuale regione del Franciacorta) veniva prodotto un vino rosso naturalmente frizzante, chiamato vin Gris, che aveva il difetto di fermentare nelle botti di legno facendole scoppiare. E nemmeno le bottiglie di vetro riuscivano a contenere la sua effervescenza senza subire danni. L'incarico ricevuto dal monaco era quindi quello di trovare la maniera per eliminare o quantomeno contenere al massimo l'esuberanza del vin Gris per riuscire a conservarlo e ovviamente portarlo in tavola. Dom Perignon però era di tutt'altro parere.

Convinto che la frizzantezza di quel vino non fosse un difetto ma un vero punto di forza, cercò da subito il modo di imbottigliarlo e di fargli conservare intatte tutte le sue bollicine fino al consumo finale, senza danni per i contenitori. In questa ricerca gli vennero in aiuto gli inglesi: poiché questo vino ricco di effervescenza era stato accolto molto favorevolmente presso le corti d'oltremanica, l'Inghilterra decise di modificare l'alimentazione delle proprie vetrerie passandola da legna a carbone, per poter innalzare il punto di fusione del vetro e renderlo più spesso e resistente. Si sono potute così ottenere finalmente delle bottiglie adatte anche alla conservazione del vino frizzante.

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A Dom Perignon rimaneva però da risolvere un ultimo problema: trovare un sistema di chiusura per sigillare ermeticamente il collo delle bottiglie senza che i tappi saltassero via per effetto dei gas di fermentazione. All'epoca l'unico metodo di chiusura delle bottiglie conosciuto era rappresentato da cavicchi di legno, assolutamente inadatti per raggiungere l'obiettivo che Dom Perignon si era prefissato. Si rese quindi necessario trovare una soluzione completamente diversa. Ecco che l'ingegno del monaco si manifestò studiando un tappo in sughero, come lo conosciamo ancora oggi, ancorato alla bottiglia tramite una gabbietta di filo metallico che lo trattiene al suo posto.

A questo punto era ufficialmente nato lo Champagne, che prese il nome dall'omonima regione produttrice delle uve e che venne riconosciuto tramite un accordo internazionale valido in tutta Europa. In seguito Dom Perignon si dedicò anche ad una accurata selezione delle uve più adatte a produrre il suo vino, selezione che viene rispettata ancora oggi.

A Barbe Nicole Ponsardin, vedova Clicquot (Veuve in francese), si deve l'invenzione del remuage, tecnica che consiste nella periodica rotazione delle bottiglie piene di Champagne poste in posizione inclinata sulla pupitre. Grazie a questa pratica enologica, Veuve Clicquot conquistò i mercati esteri e incantò addirittura la corte dello Zar. Nella prossima ricetta continueremo a parlare dello Champagne.

La ricetta di Montecarlo: Merluzzo alla pizzaiola

Ingredienti:

4 filetti di merluzzo fresco

200 g di pomodorini possibilmente pachino

2 cucchiai di passata di pomodoro

olio extravergine d’oliva

sale e pepe

Origano

1 manciata di olive verdi denocciolate

1 spicchio d’aglio

Procedimento

In una padella fate scaldare un filo d’olio con l’aglio schiacciato. Lavate e tagliare a spicchi i pomodori e fateli cuocere in padella con la passata di pomodoro. Fate cuocere per qualche minuto mescolando di tanto in tanto e aggiungendo un mestolo di acqua calda. Dopo qualche minuto , disponete i filetti di merluzzo e le olive tagliate. Salate e lasciate cuocere  a fiamma bassa, da entrambi lati, per 15 minuti.

Gianfelice Guerini

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