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L'inno di Mameli sul podio c'è stato. Il pilota di lingua francese pure. La squadra è romagnola per cui, volendo semplificare, si potrebbe dire missione compiuta. Solo che l'inno era quello del costruttore Alpha Tauri, il pilota Pierre Gasly e la squadra ha sede a Faenza. Per il resto, le aspettative dei tifosi della Ferrari sono svanite come un incubo fino al drammatico incidente di Charles Leclerc. E' stata forse la più brutta Ferrari che si sia mai vista a Monza da decenni: non solo lenti in qualifica, ma fuori molto presto in gara. Con Vettel e il posteriore della sua rossa in fiamme e la staccata fallita alla prima chicane. E poi l'uscita in parabolica di Leclerc, che ha costretto alla bandiera rossa e alla sospensione della gara.
Due rosse eliminate subito nel giorno in cui la Mercedes e Hamilton falliscono sotto il profilo sportivo. Un errore clamoroso degli ingegneri al muretto, che hanno richiamato l'inglese al cambio gomme quando la corsia dei box era chiusa per la safety car di Magnussen, che occupava appunto l'ingresso dei box rendendolo pericoloso. E poi la gran rimonta di Lewis, capace di ripartire ultimo e rimontare fino al settimo posto mentre Bottas, sbagliando la partenza, non riusciva a schiodarsi dalla quinta posizione. Nel giorno in cui sono mancante le frecce nere, erano già sparite le Ferrari. E' un tramonto rosso, come quello che ha accompagnato i piloti all'autodromo di Monza, un impianto che avrebbe meritato la folla delle grandi occasioni per lo spettacolo che hanno saputo fare in pista gli altri, i reduci e combattenti che da Sainz, prossimo ferrarista, a Stroll hanno saputo inscenare.
E mettiamoci pure Giovinazzi e Raikkonen, col finlandese che si è arreso alle sue gomme dopo essere stato anche secondo, mentre il pugliese ha pagato caro l'errore del suo team (unici a fare un pit con la corsia chiusa come Hamilton, solo che l'hanno fatto molto dopo e questo errore è più grave). Sono tutti argomenti che al ferrarista non interessano. Fuori le rosse, finita la gara. Anche se la pista ha detto altro. In questo tramonto Vettel non vede una via di uscita. Fa pure ironia ai microfoni della TV tedesca: "Martedì sono al simulatore, almeno quello frena..." e Leclerc, miracolato dopo la paurosa uscita, dice testuale: "Era difficile da guidare, impossibile da controllare". Una monoposto impazzita, in cui ogni modifica sembra peggiorare la situazione. Del calo del motore si sapeva, ma la McLaren che è arrivata seconda (e partiva pure in seconda fila) ha un motore Renault che non è il più potente del lotto, però la macchina va. Come dire che a Maranello oltre al motore, c'è di più.
E dispiace perché nei distacchi medi dai rivali, manca davvero poco per stare davanti al gruppo, dietro alle Mercedes, ma davanti a McLaren e Renault si può fare. Quel decimo o due che potrebbero arrivare dall'aerodinamica, da una strategia azzeccata in prova (vedi errore del sabato con Vettel nel traffico). Eppure quel poco che manca, non si trova. E si finisce con l'annaspare. E stavolta è andata anche bene perché oltre all'incidente di Leclerc, il problema tecnico di Vettel, una novità, fa capire come ci siano altre cose da sistemare. Da una armonia di squadra da ritrovare, da uno schiarirsi le idee sulle priorità da seguire, dal non far sentire sotto esame i ragazzi al box. L'allontanamento di un meccanico dopo Silverstone non è stato compreso da alcuni. Il timore di pagare caro per colpe non proprie si sente nell'aria. E la tensione non aiuta a venire fuori da situazioni difficili. Mattia Binotto ha il compito di riportare la serenità. Louis Camilleri, al NYT, ha detto che ha messo fine alle porte girevoli, ovvero punta alla stabilità. Cosa sacrosanta. Ma alla Ferrari di oggi, oltre a quella e le prestazioni, manca anche la serenità di affrontare i momenti difficili e superarli tutti insieme.