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Poco nota è la storia degli gnocchi di patate. Per raccontarla, bisogna partire dalla figura di un farmacista francese, Antoine Parmentier, che fu fatto prigioniero durante la Guerra dei Sette Anni (1756-1763) e internato in Germania. Venne nutrito esclusivamente con le patate, usate allora quasi esclusivamente per l’alimentazione degli animali, e una volta tornato dalla prigionia esaltò questo cibo, arrivando a farlo conoscere persino alla corte di Luigi XVI.
Anche Alessandro Volta, inventore della pila, era presente alla corte di Francia e da buon gastronomo favorì la coltivazione delle patate in Italia, sfatando il mito della loro tossicità. Probabilmente sbagliò la preparazione e la composizione di un purè, creando di fatto gli gnocchi di patate, accorgendo di quanto fossero leggeri rispetto a quelli ottenuti dalla farina di grano.
Gli gnocchi, però, hanno origini molto antiche, che risalgono al XVI secolo, periodo in cui ebbe inizio l’importazione delle patate dall’America. Con ogni probabilità questa preparazione può essere definita come primo esperimento di pasta realizzata dall’uomo a forma di piccolo boccone strappato, composti da un impasto di acqua e farina differenti: di frumento, di riso, di semola, ma anche con pane secco, tuberi o verdure varie.
La prova della loro antichità è la scoperta, nella Val di Ledro, di tracce di un villaggio palafitticolo dell’età del bronzo, dove sono stati rinvenuti una decina di piccoli bocconcini di un impasto di farina di cereali macinati in modo grossolano con macine di pietra. Ancora oggi in alcune zone, infatti, la parola gnocco è sinonimo di maccherone.
Gli gnocchi di patate sono da molti secoli il piatto tipico per eccellenza del carnevale veronese, la cui origine risale al lontano 1531. In quell’anno una grave carestia portò la città sull'orlo di una rivolta popolare, in particolare nel quartiere di San Zeno, che all’epoca era il più popolato e povero della città. Per riportare la calma il Consiglio Cittadino guidato dal nobile Tommaso Da Vico, fece distribuire al popolo, l'ultimo venerdì prima della quaresima, pane, vino, burro, farina e formaggio. Nel suo testamento il Da Vico lasciò un legato affinché ogni anno in quel giorno fossero gratuitamente distribuiti alimenti agli abitanti di San Zeno. Da questo episodio ebbe origine la tradizione del Venerdì Gnocolar.
Si pensa che la ricetta originale abbia avuto origine in Medio Oriente e anche se non sappiamo a quando risalgano le origini degli gnocchi italiani, le prime menzioni compaiono in alcuni manoscritti di cucina italiana del XIV secolo. Lo Gnocco è diventato un piatto di base in Italia ed è stato gradualmente stato introdotto, nel tempo, dai Romani in altri paesi d'Europa durante le loro conquiste.
Lo gnocco è stato poi introdotto in Sud America da immigrati italiani durante il XX secolo, e fu rapidamente integrato anche in Brasile, Colombia, Uruguay, Venezuela e, in particolar modo, in Argentina. Il 29 del mese, era stato scelto, perché di solito era il giorno prima del giorno di paga; così tante persone erano a corto di soldi. Gli gnocchi erano il pasto perfetto in quanto, non solo era economico, ma era anche molto riempitivo. Era inoltre consuetudine mettere una moneta sotto il piatto mentre mangiano gli gnocchi: per favorire la prosperità.
Allo stesso modo, la migrazione italiana verso il Nord America ha visto un aumento di ristoranti italiani, molti dei quali inserirono gli gnocchi tra le pietanze del menu.
Ingredienti:
- 1 rosso d'uovo
- 1 kg di patate
- 100 g di farina
- 1/2 cipolla
- 300 g di zucca
- 1 bicchiere di latte
- 4 biscotti amaretti
Lessare le patate con la buccia, sbucciarle e passarle allo schiacciapatate, con la farina ed il rosso d'uovo fare un impasto morbido. Formare un lungo cilindretto della grossezza di un dito pollice e tagliare a pezzetti. Lessare gli gnocchi in acqua salata finché non vengono a galla. Soffriggere la cipolla in poco olio, unire i pezzi di zucca, il latte, cuocere per 10 minuti e frullare. Spadellare gli gnocchi in questa salsa, spolverizzare sul piatto con gli amaretti finemente tritati e servire.
Gianfelice Guerini