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E con questa fanno nove vittorie, di cui cinque di fila. Quella che doveva essere una stagione all’insegna dell’incertezza si sta rivelando come quella del dominio assoluto di Sebastian Vettel, vincitore anche in Giappone dopo una partenza disastrosa in cui era finito al terzo posto e si era pure toccato con Hamilton.
Vettel: un perfettino
Il tedesco vince sempre, annoia, non dà mai l’impressione di dominare con fatica ma lo fa sempre con facilità. Insomma, detto fuori dai denti: ha rotto le scatole. L’anamnesi del Vettel perfettino, di quello che stanca e sta pure sulle balle a tanta gente, non solo ai rivali in pista o ai tifosi della Ferrari, parte da lontano.
Vettel vince perché ha la macchina migliore. Vero, col camion del latte non ci fai i GP. Ma anche Webber ha la stessa macchina eppure fatica. E’ un brocco l’australiano? Assolutamente no, è uno dei più veloci in circolazione. E allora la differenza dove sta? Nel fatto che quando le condizioni diventano difficili, ovvero si consumano le gomme, Vettel è capace di andare più forte degli altri pur avendo meno sostegno tecnico.
In Giappone ha scelto di fare due soste e con le gomme più consumate di Webber, che ne ha fatte tre, gli ha rifilato la paga. Fare le cose eccezionali come se fossero normali è frutto dei grandi talenti e Vettel lo è. Mettevi l’anima in pace, ha i numeri e la bravura e come tutti quelli bravi non ha bisogno di fare numeri strani per imporsi. Vettel sta sulle balle ai tifosi. In Italia probabile, ai ferraristi di sicuro.
Ma perché sta antipatico ai tifosi?
Eppure se vai ad analizzare il personaggio, non ha nulla della spocchia o dell’arroganza di altri piloti. Prendete un Perez alla McLaren, per esempio, uno così pure la madre lo prenderebbe a sberle di prima mattina. Vettel è uno tranquillo. A 19 anni viveva da solo a Faenza, quando correva con la Toro Rosso. Il massimo delle sue serate era invitare a cena a casa sua i meccanici. Cucinava lui. Piatti in ordine, tavola imbandita.
E scarpe fuori dalla porta. I meccanici entravano e usavano le pattine per non sporcare il pavimento. E se qualcuno fumava, lo sbatteva fuori sul balcone. Insomma, era già un precisino ma a 19 anni si sapeva gestire da solo. Questo è carattere ed educazione. Altri esempi? Il sabato sera, dopo le qualifiche, molti piloti lasciano la pista. Lui sta nel motor home, mangia quello che mangiano i meccanici e si guarda le partite di calcio alla TV insieme al padre e la madre se viene in pista. Niente donne, eppure è fidanzato, niente discoteche, niente di tutto ciò.
“I perfettini stanno sulle scatole a tutti, tranne alle mamme che li vogliono piazzare alle figlie”
Casa e lavoro, lavoro e casa, una noia mortale. Eppure uno così non lo sopportano. Perché? Perché vince e tanto. Se pensiamo a Senna, Prost, Schumacher, tanto per citarne alcuni delle ultime generazioni, piuttosto che uscirci a bere un caffè diventavi monaco tibetano per stargli alla larga.
Il quarto titolo mondiale? Strameritato
E Vettel fa parte di questa combriccola. Sempre concentrato, mai una sbavatura, sempre precisino, anche se ormai i meccanici a casa sua non ci vanno, sempre semplice e attaccato alla famiglia. Eppure sta sulle balle. Perché vince facile, o almeno sembra, perché non dà l’impressione di sudare mai una volta più del necessario. E’ perché i perfettini stanno sulle scatole a tutti, tranne alle mamme che li vogliono piazzare alle figlie. E in F.1 l’unica mamma di Vettel si chiama, purtroppo per gli altri, Red Bull. Che quest’anno gli darà il quarto sigillo. Strameritato.