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C'è chi macina record, e chi macina sconfitte. E parlando dei primi, la Mercedes ha dimostrato ancora una volta di essere su un altro pianeta e di avere il numero uno assoluto, Lewis Hamilton, giunto alla vittoria numero 89, a due lunghezze dal record assoluto di Schumacher. E che questo record possa essere uguagliato nel prossimo GP del Mugello, intitolato alla Ferrari SF1000, appare più una beffa oltre che un passaggio di testimone fra epoche vincenti diverse, capaci di segnare la storia della F.1. Quella di oggi, per la Ferrari, è una storia fatta di delusioni, sconfitte e amarezze. A guardare il GP del Belgio, coi due piloti in 13 e 14 posizione, Vettel davanti a Leclerc a ruolo invertito rispetto al sabato, fa vedere il buio totale.
Nell'anno delle celebrazioni per un marchio che milioni di tifosi adorano, vedere queste prestazioni lascia senza parole. Cosa è successo non lo sanno nemmeno i tecnici in pista, basti dire che alla vigilia il DS Mekies diceva che avevano lavorato per la gara e Binotto, responsabile della GES Sportiva, diceva che dovevano capire cosa fosse successo. Ecco, cosa è successo è la domanda che si pongono tutti, la pista belga ha mostrato una crisi profonda senza soluzioni. Vedere Leclerc in scia a Grosjean, con la piccola Haas ma con lo stesso motore Ferrari (anzi, essendo cliente con qualcosa in meno in quanto a potenza) e non riuscire a superarlo anche con l'alettone aperto dal DRS e con gomme più tenere, ha fatto capire che il problema non è solo di motore. A inizio stagione è stato l'alibi per le prestazioni scadenti, nonostante un paio di arrivi a podio. L'intervento della federazione, che ha fatto fare un passo indietro, era stato indicato come il male della stagione. Quindi meno potenza rispetto a un anno fa e prestazioni in calo.
Vero, però i numeri sono lì e se si vede che in un anno la Mercedes ha guadagnato 2 secondi al giro su questa pista e la Ferrari invece ha perso mezzo secondo rispetto a 12 mesi prima, si capisce che il male è altro. Un insieme di fattori, dalla gestione stile Marchionne senza Marchionne (con quel che ne segue), uno staff tecnico diviso sulle scelte, con conseguenti lotte intestine. Una gestione piloti sbagliata (non rinnovare Vettel a inizio campionato ha portato polemiche e incidenti fra compagni di team), una mancanza di decisioni sul futuro e battaglie politiche che hanno visto la Ferrari isolata dal resto della F.1. E poi la scelta di giocarsi tutto su Leclerc, affiancandogli Sainz, il prossimo anno. Sappiamo che Hamilton e Verstappen sanno gestire un team, sanno indirizzarlo, sui ferraristi invece ci sono ancora dubbi e mancano le risposte. Che fare? Servirebbe una scossa, ma la F.1 non è il calcio che, cambiato allenatore, cambi il modulo di gioco.
Per progettare un pezzo servono almeno due o tre settimane, poi va costruito, collaudato e omologato e poi messo in pista per i test. Nel frattempo si corrono tre o quattro gare e le prestazioni non cambiano in attesa delle modifiche. Ammesso poi si sappia dove mettere le mani. Il cambiamento di uomini in alcune posizioni può servire per dare la scossa, ma non risolve i problemi attuali (e futuri). E ci vorrebbe una dirigenza più presente, attiva, di polso. Un Montezemolo ad esempio o un Marchionne, per fare due nomi. Ma in giro non ce ne sono, per cui i tifosi devono solo fare un atto di fede. Stringere i denti, non abbattersi e sperare che a Maranello qualcuno abbia l'idea giusta e qualcun altro gliela faccia sviluppare. Altrimenti l'elenco delle sconfitte e delle delusioni diventerà ancora più lungo. Come purtroppo è destinato ad essere per le prossime gare.