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SAKHIR - Per ricordare l'ultima vittoria della Ferrari bisognava fare un salto nel passato. A quel GP di Singapore del 2019, 22 settembre, vinto da Vettel. Poi 910 giorni di buio, sofferenze, delusioni, amarezze. Tutto cancellato in un giorno trionfale: primo Leclerc secondo Sainz, non solo la Ferrari ha vinto, ma ha dominato. Dalle qualifiche con una pole senza appello del monegasco, alla gara, in cui Charles è scattato in testa e ha duellato col coltello fra i denti contro un Verstappen coriaceo e mai domo. E poi l'epilogo: il ritiro del campione del mondo a 3 giri dalla fine e la doppietta con Carlos Sainz che completa un successo unico, senza appello e senza ombre.
Una Ferrari così nemmeno nei sogni più reconditi dei tifosi era immaginabile. I dubbi della vigilia, il nuovo regolamento con la Ferrari che col cambio di regole non ci aveva mai preso. Invece stavolta tutto è filato liscio. Merito di una macchina pensata per tempo, la F1-75, merito di un supermotore che ha permesso pure ai team clienti di tornare a sorridere (Magnussen con la Haas quinto e Bottas con la Alfa Sauber sesto!) e frutto del gran lavoro a casa, in quel di Maranello dove i dubbi erano tanti e la paura di un'altra lunghissima attesa era negli incubi di tutti. Invece no. Telaio perfetto, aerodinamica curata persino nei dettagli minimi così come la costruzione, e il superfast. Il motore che ha saputo supplire alle carenze dovute al nuovo carburante ecologico, che ha fatto perdere il 10 per cento di potenza, ma anche un gran lavoro sulla parte meccanica, con un motore più leggero di 8 kg rispetto al precedente. Il peso, in quella zona della vettura, è fondamentale: avere 8 kg in meno (nonostante l'aumento di peso concesso su tutta la monoposto) ha permesso di spostare i pesi dove servivano e avere un buon bilanciamento.
E poi il box: i pit stop perfetti, nessuna sbavatura, come ai vecchi tempi. Con due piloti di sostanza e con un Leclerc che ha reagito ai sorpassi di Verstappen usando il cervello e la visione di gara. Doveva stare davanti e ci è rimasto. Punto. Una vittoria di squadra, una sorta di festa nazionale come ha detto Toto Wolff sotto al podio facendo le congratulazioni alla Ferrari e poi gli sconfitti. Red Bull inferiore sul passo gara e anche in qualifica, ma sopratutto fuori gara per l'affidabilità. Perdere Verstappen a tre giri dalla fine e Perez all'ultimo passaggio quando era terzo. Il messicano è finito in testacoda, ma l'avaria meccanica (o elettrica) è stata all'origine del problema.
E poi Hamilton. Sale sul podio dietro le Ferrari perché è un mastino e non molla mai, ma la sua è una Mercedes dalle mani nei capelli. Forse non basterà nemmeno il lavoro di sviluppo del telaio. C'è molto da sistemare. Loro dicono di avere capito, a Maranello sperano di no e di continuare con questa strisciata vincente in apertura di mondiale che non si vedeva da 15 anni. In Red Bull (ma anche Alpha Tauri) l'allarme affidabilità è evidente e su quattro motori Honda, solo Tsunoda è giunto al traguardo. Poi il resto della truppa, con un Magnussen quinto al rientro con una Haas made in Varano De Melegari col disegno di Simone Resta e poi Bottas, che va a punti con l'Alfa Sauber come non si vedeva da tempo in questa squadra. Anche questo è un trionfo Ferrari. Una giornata così, 20 marzo 2022, va incorniciato e messo da parte...