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È finita nel modo più prevedibile nel GP di Abu Dhabi 2018, con Hamilton ancora una volta primo sotto la bandiera a scacchi, ma con entrambi i titoli già assegnati francamente il risultato passava un po’ in secondo piano - per una volta - rispetto ad altri temi della gara. Voto 10 comunque a Hamilton, perfetto in qualifica così come per tutta la gara, assistito dalla migliore monoposto in pista, che però è vincente solo con il pilota inglese... Campione.
Alle sue spalle Vettel, autore di una gara buona e immune da errori, ma senza acuti: la Ferrari su questa pista era inferiore alla Mercedes, però questo secondo posto “a distanza di sicurezza” è poca cosa rispetto alle ambizioni. Pessime, in compenso, le dichiarazioni in cui il tedesco ha sottolineato di non aver avuto a disposizione una macchina “dominante”, cosa verissima per altro, se non fosse che da un campione ci si aspetta ben altro: Schumacher al suo arrivo in Ferrari chiese solo una macchina discreta, perché al resto avrebbe pensato lui. Ecco, una squadra da un campione si attende un atteggiamento di questo tipo. Altrimenti, con una macchina dominante, per vincere basta un Barrichello o un Bottas qualsiasi, no? Parole che incrinano i rapporti peggio di tanti testacoda. Voto 7, disorientato.
Sa benissimo dove andare invece Verstappen, autore di due ingressi decisi - per usare un eufemismo - su Ocon e soprattutto di un sorpasso su Bottas che è uno dei più belli visti in tutto il campionato per inventiva, decisione e preparazione. Perché un conto è incrociare le traiettorie, magari dopo essere arrivati un po’ lunghi, un altro rinunciare deliberatamente all’affondo in staccata per tenersi larghissimi e quindi presentarsi all’interno della controcurva successiva ad una velocità almeno doppia rispetto all’avversario. Voto 10, un guerriero.
Voto 8 per Ricciardo, ancora una volta dietro a Verstappen, ancora una volta vittima della squadra, stavolta per una strategia non proprio furba, anche se non crediamo che ci sia stata premeditazione da parte della Red Bull. Però l’australiano avrebbe meritato di festeggiare sul podio l’ultima gara della sua vita con il team a cui ha dato tantissimo, ma al quale deve anche tutto.
Solo 5° Bottas, azzoppato da noie tecniche, ma mai davvero irresistibile anche quando la monoposto andava. Una gara che riassume una stagione, con la retrocessione addirittura al 5° posto nella classifica finale di campionato pur avendo guidato la monoposto campione del mondo. Certo, in più di un’occasione si è sacrificato per Hamilton, ma non deve essere una grande consolazione… voto 5, demotivato.
Decisamente più brillante, in proporzione alla monoposto a disposizione, il 6° posto di Sainz, determinato a far bene anche nell’ultima gara con il team che l’ha scaricato. E allora voto 8, generoso.
Solo 7° Leclerc, e già il fatto che esordiamo sottolineando come il risultato gli vada un po’ stretto fa capire la crescita di questo ragazzo e della Sauber durante la stagione: a inizio gara è addirittura 4°, poi il team svizzero decide di suicidarsi anticipando inutilmente la sosta ai box, però la prova del francese resta di buon auspicio per la sfida immensamente più difficile che lo attende il prossimo anno. Voto 8, osservato speciale.
Alle sue spalle, Perez porta a casa altri punticini, ormai confermatissimo nel suo nuovo ruolo di ragioniere capace di assicurare al team sempre e comunque il risultato, anche quando la monoposto non permette come in passato grandi exploit. Voto 7.
Chiudono la zona punti Grosjean (voto 6,5) e Magnussen (voto 6) autori di una gara tutto sommato anonima visto il potenziale della Haas, con l’unico momento di gloria - si fa per dire - del francese quando si tocca con Hulkenberg regalando al tedesco una prospettiva alternativa. In realtà si è trattato un normale – per quanto spettacolare - incidente di gara senza vere colpe per nessuno, però restiamo convinti che più di un pilota con la monoposto americana avrebbe potuto fare meglio, e soprattutto essere più costante nell’arco della stagione.
Per il resto, voto 6,5 a Vandoorne che con una McLaren che di fatto gli ha rovinato la carriera ha dimostrato di avere ancora voglia di combattere anche se non c’era in realtà niente per cui lottare, e voto 6,5 anche a Raikkonen, autore fino al momento del ritiro di un fine settimana senza lampi, a conferma che forse a questo punto era giusto cambiare: per lui, per il team, perfino per il compagno di squadra.
Voto 10, infine, ad Alonso, autore di un ultimo team radio leggendario nel quale c’è tutto il senso di un ritiro quando avrebbe ancora molto da dare alla F1, un ritiro che è stato al tempo stesso una sua decisione e una scelta obbligata, parole di resa dette da un campione che ha passato tutta la vita a lottare per ogni decimo di secondo e per ogni piazzamento. Perché ormai non c’erano più obiettivi per i quali valesse la pena di continuare a combattere. Ora ci sono altri scopi da ricercare, una vita da reinventarsi dentro e fuori le piste, perché certo Alonso non si ritira dalle corse, ma il WEC con una Toyota che corre contro se stessa è un po’ poco per uno come lui. Bellissima la parata finale con Hamilton e Vettel che lo hanno scortato fino al traguardo nell’ultimo giro in F1 della sua vita, fin sotto le tribune del traguardo, come a ricordare che anche se da troppi anni manca dalla lotta di vertice, lo spagnolo è e sarà sempre di quella pasta lì, un talento purissimo come se ne sono visti pochi quando si tratta di maneggiare un volante e affrontare una curva il più velocemente possibile. Ciao Fernando, ci mancherai e grazie di tutto.