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"L'avvocato, arriva l'avvocato!". Il grido di guerra si spargeva in un lampo nel paddock affollato della F.1 e tutti tiravano fuori taccuini o registratori perché un incontro con l'avvocato Gianni Agnelli era sempre un evento. Il problema è che se era certo arrivasse, non lo era l'ora di arrivo. Per cui si cominciava il pattugliamento, il passaparola. Poi, al solito. Arrivava l'indiscrezione: domani mattina prima delle prove. Che significava stare in pista dalle 7,30 del mattino perché era quella l'ora di arrivo. A Montecarlo le avvisaglie le vedevi dalla sua barca ormeggiata poco fuori, quasi schiva di fronte alla flotta di tifosi. Un segno di stile anche questo. In Ungheria sentivi l'elicottero girare attorno al paddock prima di atterrare davanti all'ingresso e vedere una folla correre attorno.
Ogni presenza di Gianni Agnelli in F.1 era manna per la stampa. Ci fossero stati i social di oggi, qualche sito web ci avrebbe tirato fuori sei o sette titoli: dallo sport, F.1 e calcio ma anche tennis, alla politica all'economia. Una chiacchierata di pochi minuti, valevano paginate. Dava sempre il titolo, come si dice in gergo. E lo faceva con nonchalance, con quella flemma tutta sua. Mitico un episodio in cui il capo ufficio stampa della Ferrari dell'epoca, Giancarlo Baccini, ex firma del Messaggero, riempì di fax le redazioni dei giornali dopo l'anticipazione di Pino Allievi: "Michael Schumacher alla Ferrari" scrisse sulla Gazzetta dello Sport. Baccini, piccato e seccato, mandò un fax in cui si diceva: "La Ferrari smentisce qualsiasi interesse nel pilota tedesco Michael Schumacher e conferma che la formazione sarà Jean Alesi e Gerhard Berger".
Il giorno dopo tutti i giornali riportarono la smentita. Lui, l'avvocato, poco tempo dopo uscendo dallo stadio a Torino, alla domanda sulla Ferrari rispose sereno: "Abbiamo preso Michael Schumacher, certo non è venuto per un tozzo di pane. Credo che adesso ci siano tutti gli elementi per fare bene". Due a zero e palla al centro. Perché le notizie le dava lui, non l'ufficio stampa. Imbarazzato ovviamente. E poi la sua passione per la Juve. Di solito quando arrivava in circuito era circondato da tanta gente, ma lui prendeva da parte Gastone Giarolo, autista factotum della Fiam e presenzialista ad oltranza, e cominciava a parlare di calcio: "Avvocato, se vuole un consiglio, dobbiamo prendere Platini, me ne parlano bene gli amici in Francia". "Grazie Gastone, ci penserò". Qualche tempo dopo, altro GP, l'avvocato allontana la folla, prende Gastone sotto braccio e ad alta voce gli dice: "Ma lo sa che mi ha consigliato proprio bene, quel Platini vale davvero i soldi che lo abbiamo pagato".
E ancora: Montecarlo, scende dal gozzo che lo ha portato al paddock, si avvicina un collega bolognese: "Avvocato, sono preoccupato, ho comprato azioni della Fiat ma mi pare che non vadano molto bene". Replica: "Guardi, non me lo dica perché credo di averne qualcuna in più di lei e la cosa preoccupa molto anche me". E giù risate, battute e sempre quello stile per cui dovevi riempire di appunti i fogli e poi discernere quelli più utili al tuo giornale. Poi che ci fossero le prove, le pole position o altro, passava in secondo piano. Per cui non deve sorprendere se in quell'inverno del 2003, un Luca di Montezemolo commosso, presentò l'ultima F.1 Ferrari: "Avevamo deciso di chiamarla F2003 seguendo il filone di quelle precedenti, ma ho deciso che questa avrà due lettere in più: GA, dedicata a Gianni Agnelli". Applausi, foto di rito e titolo mondiale a fine stagione. Ci fossero stati i social a quel tempo, milioni di selfie, reels e battute in circolazione. Invece resta solo il ricordo di uno stile fatto di battute e quel senso di superiorità che non si dava personalmente: lo avvertivi e ti soggiogava. Una presidenza vera, con la Ferrari nel cuore da decenni. Un bene da proteggere.