F1, Frank Williams: L'ultimo manager di una stagione irripetibile

F1, Frank Williams: L'ultimo manager di una stagione irripetibile
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Il ricordo di Frank Williams del nostro Paolo Ciccarone
28 novembre 2021

Magny Cours, GP di Francia 1992. Seduto in sala stampa a scrivere un articolo, si avvicina Giancarlo Falletti, inviato del Corriere della Sera: "Ciao, Frank ti vuole vedere". Chi? "Frank, ti aspetta sul motorhome". Scusa ma chi, Panariti? A quel tempo Franco Panariti, detto Frank, era il mio collega a Rombo inviato in F.1. "No, ti vuole vedere Frank Williams adesso". Oibò, cosa ci sarà di tanto importante da volermi vedere dato che appena metto il naso nel loro box partono col fucile ad allontanare i giornalisti?

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Mi incammino dalla sala stampa al paddock e mi avvicino a quel recinto stile Fort Apache che è il paddock francese, con tutti i motorhome schierati a quadrato all'esterno, con ospitalità all'interno in una sorta di circolo vizioso che fa molto criceto nella gabbia. Entro e l'addetta stampa, Anne Bradshow, mi fa segno di salire. Salgo le scalette, vedo Frank Williams seduto alla scrivania con Rombo aperto e il titolo cubitale: "Williams, dieci anni di autolesionismo". Inchiesta riferita ai mondiali persi dal 1981 con Reutemann, alle lotte Piquet Mansell e successo di Prost per arrivare al mondiale 92, nettamente dominato, in cui Riccardo Patrese deve farsi da parte a favore di Nigel Mansell.

"Perché hai scritto questo articolo così pesante contro la mia squadra?". Lo dice con calma, in italiano usando anche termini pronunciati perfettamente. Mi siedo, mi portano una tazza di the e comincio a dire il perché e il percome, quale era il mio punto di vista e perché nel 92 con Patrese sacrificato, ho voluto scrivere quella inchiesta. Frank mi guarda: "Almeno stavolta voi di Rombo non mi avete accusato di frodare (riferimento a un articolo del collega Pino Casamassima che fu a sua volta richiamato da Williams a un GP, ndr)". e da lì cominciammo a parlare, a discutere, a scambiarci punti di vista.

Qualche tempo dopo arriva nel paddock il collega Panariti, che mi vede parlare con Frank Williams: "A Ciccabum, che stai a fà, casini con Frank?". Ecco, da quel momento per Sir Frank Williams non ero più Paolo Ciccarone, ma Ciccabum. E lo ha ripetuto per anni, in ogni occasione quando ci incontravamo e si parlava. era schietto, diretto, senza fronzoli e spesso ti dava la notizia ma voleva essere certo che l'avessi capita: "Hai capito Ciccabum cosa ti ho detto?" e ti guardava negli occhi. Lui non diceva apertamente qualcosa, te la faceva intuire e dovevi capirla. E spesso erano notizie di mercato, della Ferrari e dei suoi problemi interni che, chissà come, lui conosceva bene.

Arriviamo a fine 92, vigilia del Motorshow di Bologna, col presidente che è editore di Rombo. Mi arriva la notizia che la FIA non ha accettato l'iscrizione del team per via delle regole (la FIA voleva vietare le sospensioni attive, la Williams e altri inglesi erano contrari). Risultato, al momento dell'iscrizione, qualcuno nel team "stranamente" non mandò l'iscrizione in tempo utile e la Williams, campione del mondo 1992, non era iscritta al mondiale 1993. La notizia era troppo grossa, tanto che venerdì sera il mio direttore dell'epoca, Alberto Sabbatini, nicchiava. Possibile che abbiano toppato così? Domenica pomeriggio, si discute in redazione, io insisto che la fonte è autorevole e precisa. Lui è dubbioso: "Allora, se la notizia è certa, chiama Frank e senti che ti dice".

A quel tempo potevi telefonare in sede al team e chiedere di parlare col capo. Te lo passavano di sicuro. E domenica sera, inverno e senza GP in vista, Frank Williams era nel suo ufficio: "Buona sera Frank, sono Ciccabum, mi dicono che non siete iscritti al mondiale 1993, come è possibile?". Silenzio dall'altro capo del telefono. Mi dico adesso mi manda a quel paese..."Ciccabum, dovevo immaginarlo che potevi essere solo tu la domenica sera a chiamare per sapere come abbiamo fatto a sbagliare una cosa simile. Purtroppo succede, sto cercando di capire come sia accaduto...". Scoop in copertina, presentazione di Rombo al martedì con l'editore, Alfredo Cazzola, che gongola per aver dato il buco ad Autosprint. Io però ero in "castigo" perché non andavo d'accordo col direttore editoriale dell'epoca, che per qualche motivo doveva farmela pagare perché lui non volle assumermi ad Autosprint e a Rombo invece avevo trovato nuova vita.

E quando arrivò in sede la prima cosa che fece fu proprio cercare di emarginarmi. Gli andò male. Da quel momento in poi con Frank Williams è stato un continuo di rapporti sereni, quasi da amici: salutava sempre, la sera uscendo dal paddock con la sua sedia a rotelle e le ruote lenticolari andava di corsa spinto dal suo assistente: "Ho le ruote da qualifica, devo prendere un aereo!" diceva ridendo. E via di questo passo, gara dopo gara, anno dopo anno. Poi la salute che è peggiorata, i ricoveri, la figlia che diceva tutto ok, sta recuperando. E lui che lottava, spinto sempre da quella passione che da quella primavera del 1986, al Paul Ricard, in un incidente stradale (guidava l'allora DS Peter Windsor, attualmente giornalista per la TV americana) e le fratture alle vertebre che lo costrinsero su una sedia a rotelle.

Lui che tutte le mattine faceva jogging e correva a perdifiato, sfiancando gli occasionali compagni di allenamento. Lui che un giorno a Vallelunga, povero in canna, vendette il suo Rolex d'oro per pagarsi il ritorno a casa. Francesco Guglielmi, come ormai lo chiamavano, con l'Italia aveva un rapporto unico. Con Falletti, che lo aveva aiutato nei tempi tristi, in cui si dormiva in macchina e si mangiava una volta al giorno, fece una promessa: gli diede l'uno per cento della sua scuderia e i ricavi. A quel tempo sembrava una fesseria, visto che manco i soldi del treno poteva permettersi. Poi invece sappiamo cosa è diventata la Williams. Ma prima era la Iso Rivolta a Varedo, con Arturo Merzario che provava la macchina sulla superstrada Milano Meda e faceva inversione fra le aiuole spartitraffico, l'arrivo degli sponsor arabi: la Saudi Airlines e la famiglia Bin Laden, tanto per dire. La prima vittoria nel 79 con Clay Regazzoni a Silverstone e il ritrovarsi poi entrambi su una sedia a rotelle a discutere da vecchi amici. I mondiali, l'ascesa e la caduta del team dopo aver perso i supporti ufficiali delle Case. Ma sempre e solo Williams Racing Team, come aveva sognato.

Adesso Frank ha smesso di lottare e dispiace che sia uscito di scena in un momento in cui la sua squadra ha sfornato un altro talento, George Russell, uno che gli piaceva e col quale avrebbe fatto un altro pezzo di storia. Con lui scompare l'ultimo team manager di una stagione irripetibile e unica della F.1. Caro Frank, un saluto grande e grazie davvero, hai contribuito alla mia crescita professionale e umana. Il tuo Ciccabum.

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