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Settimana del GP del Canada e la mente torna a tanti episodi legati a questa gara che ha un sapore particolare. E' la corsa della gente, della grande festa di piazza, degli incontri per strada dove si balla, si mangia e si beve in allegria. Almeno, lo era fino all'anno scorso. Dire Montreal è riportare alla mente serate indimenticabili, con sfide a calcio fra giornalisti e piloti (e relativi calci negli stinchi di questi per vendicarsi). Anni fa si faceva la discesa del San Lorenzo in mezzo alle rapide, poi si è sospeso per sicurezza. Ma una tradizione era rimasta intatta: frequentare gli strip bar sulla Santa Caterina durante la sera. Non sono locali ad alto tasso di trasgressione, più che altro posti dove bere la classica birra e guardare lap dance. In questi locali Damon Hill organizzò l'addio al celibato di un noto fotografo inglese, coinvolgendo anche Herbert che preso dalla frenesia si mise a ballare su un cubo facendo concorrenza alle ragazze del 696 Santa Caterina.
Al Chez Pareez, invece, Flavio Briatore organizzò una serata allegra per la stampa italiana. Anzi, fu coinvolto dai giornalisti italiani insieme a Giancarlo Minardi che si guardava intorno stranito da tanta bellezza lui che di solito i box non li lasciava nemmeno di notte. Per ringraziare Flavio i giornalisti trovarono una ragazza che era la fotocopia di Naomi e la fecero spogliare in esclusiva per Briatore. Sempre qui Jean Alesi festeggiò un compleanno portandosi dietro anche una giornalista di Mediaset, che all'ingresso avevano scambiato per una stripper e volevano far esibire, con Jean che rideva come un matto. Sempre a Montreal la Ferrari organizzava una splendida cena da Latini, ristorante di frutti di mare alla moda. Dopo un conto particolarmente salato, l'anno seguente la Ferrari scelse un posto nel quartiere latino. Molto caratteristico, solo che con 40 invitati, al momento dell'arrivo di Jean Todt saltò la luce, si chiusero le porte automatiche e si bloccò in condizionamento, per cui niente cena, niente aria fresca e mugugni alle stelle.
E parlando di Todt vale la pena raccontare un ricordo nel cassetto. Nel 1996 la Ferrari era passata alla Shell e fino al 95 quello che poi era diventato il direttore di un settimanale specializzato, curava le relazioni per Agip. Nel passaggio di benzina l'intrepido giornalista-pr-comunicazione etc etc chiese a Todt di continuare ad occuparsi della promozione ma Todt fu irremovibile: "Lei fa il giornalista, dirige un giornale e vorrebbe sapere cosa facciamo noi qui? Se lo scordi". Posizione più che legittima che però fu presa molto male dall'interessato. Fatto sta che in quel 1996 l'arrivo di Schumacher con Irvine al fianco, sacrificando Larini, portò a una guerra fredda da parte del giornale contro la gestione Todt e il manager francese, incurante di tutto, metteva tutti sullo stesso piano: ovvero, anche chi in quel giornale scriveva bene, era visto come un nemico.
Ad aggravare gli inizi della accoppiata Schumacher Ferrari, si capiva e si intuiva che anche all'interno della Ferrari stessa qualcosa non andava. Molte rotture, cedimenti improvvisi, motori esplosi nei giri di ricognizione, sospensioni perse dopo due giri di gara... insomma qualcuno cominciò a supporre che ci fosse un sabotaggio in atto alla Ferrari. In fondo era plausibile: con Schumacher era arrivato anche tutto lo staff, inglese, della Benetton e gli italiani furono messi in secondo piano. A partire da Nicola Larini che doveva essere il secondo pilota e invece fu relegato al ruolo di collaudatore. Il toscanaccio, inoltre, non ci mise molto a far sapere che Schumacher, come collaudatore, non ne capiva molto ed era alle prese con un nuovo modo di intendere la professione. Mettete tutto insieme e la guerra di posizione fra Todt e certa stampa italiana era fatta di tanti piccoli particolari.
A Montreal la gara era partita male per la Ferrari, con Irvine subito fuori per una sospensione rotta (e subito si ipotizzò che fu montata male). Poi al 41 giro il fattaccio: Schumacher, era settimo, riparte a razzo e trita letteralmente un semiasse della posteriore destra. Il semiasse vola via nella corsia dei box e finisce nel garage della Forti Corse. Chi scrive era proprio lì per guardare la gara e definire un giochino per la corsa di Monza. Con Guido Forti e Paolo Guerci avevamo pensato a una goliardata. Siccome Guido Forti era amico di Alvaro Vitali, l'idea era quella di portarlo nei box di Monza e con la testata per la quale ero inviato, mettergli un bel cartello sulla divisa con la scritta: "Quello vero è il nostro" chiaro riferimento a Jean Todt che era considerato il sosia del noto attore comico romano.
Mentre siamo lì a guardare la corsa e pensare a come fare, arriva il semiasse che raccolgo con un pezzo di giornale perché scottava. Cerco il fotografo dell'agenzia che però è in pista e così mi avvio verso il box della Ferrari, percorrendo tutto il retro paddock, col semiasse in mano, entro nel box e cerco Jean Todt. Lui mi guarda con occhio cattivo con i cronometri in mano, io che con faccia allegra dico: "Qualcuno ha perso un semiasse? Se è roba vostra ditemi chi lo prende, altrimenti lo butto nel fiume". Silenzio dei meccanici che si guardano, Todt che li fulmina con lo sguardo perché non vuole che nessuno lo prenda. Poi si avvicina Valpreda, in carico alla Marelli, che con fare vergognoso viene da me e mi dice: "Grazie, dai a me ci penso io a farlo avere a chi di dovere..." prende il semiasse e se ne va seguito sempre da Todt che non sa se fulminare me, il fotografo o il povero Valpreda. Schumacher guarda la scena, è troppo arrabbiato per l'incidente (mai successo prima!) e se ne sale nella sua saletta. Qualche tempo dopo, durante i test liberi a Monza, mi avvicina e mi dice che dobbiamo parlare. Ma questa è un'altra storia che sarà oggetto di altri ricordi nel cassetto...