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Non possiamo girarci intorno: nel Gran Premio dell’Arabia Saudita 2023 di Formula 1 la Ferrari SF-23 è stata la quarta forza in pista. È uno schiaffo in pieno volto per la scuderia di Maranello, perché il tracciato saudita, liscio e gentile con le gomme e premiante per chi riesce ad esprimere tanta velocità di punta, avrebbe dovuto sorridere alla monoposto della Rossa. E invece le cose sono andate diversamente. Il degrado delle gomme – non significativo, a Jeddah – qui non c’entra nulla. La SF-23, soprattutto nel secondo stint con le hard, è stata semplicemente lenta. Charles Leclerc, a nostro avviso il miglior interprete del giro secco della F1 attuale, una pezza in qualifica riesce a metterla sempre. Ma quando si imbarca carburante a bordo e si calzano le gomme più dure, vengono inevitabilmente fuori le magagne.
La fotografia della SF-23 a Jeddah restituisce l’immagine di una vettura inferiore a un’altra monoposto problematica, quella Mercedes W14 che le figure apicali del team di Brackley hanno sostanzialmente definito una causa persa allo stato attuale delle cose. Toto Wolff e compagine, però, hanno capito dove intervenire. Il vero problema della Ferrari è che non si comprende nemmeno esattamente dove stia, il problema. E così assistiamo al ritorno del “dobbiamo capire”, non più per bocca di Mattia Binotto – sotto la cui supervisione è nata la SF-23 – ma di Frédéric Vasseur, che oggi deve rispondere di un progetto che non ha coordinato.
Il confronto con l’efficientissima Red Bull RB19 è impietoso. La SF-23, monoposto che durante la lunga pausa invernale aveva fatto parlare di sé tra incoraggianti riscontri al banco e tempi di un secondo più veloci non meglio identificati, non solo non sta incalzando la Red Bull, ma ha perso terreno. Nello stint con le hard, Leclerc e Sainz erano in media più lenti di un secondo rispetto a Verstappen e Perez, e mezzo secondo più lenti di quell’Aston Martin AMR23 che è ben lontana dall’essere uno specchietto per le allodole. La W14, invece, risultava circa tre decimi più veloce.
Ma il confronto più impietoso, a ben vedere, è quello con la F1-75 dello scorso anno. La SF-23 è stata l’unica delle quattro monoposto di vertice a risultare meno veloce rispetto al 2022. Il deficit prestazionale, di circa sette decimi in media durante la gara, è parzialmente mitigato dal fatto che le modifiche apportate alla pista di Jeddah l’hanno resa leggermente più lenta. Ma resta comunque preoccupante, soprattutto alla luce dell’andamento delle rivali.
Le ipotesi che si possono avanzare sono molte, a cominciare dalla mancata correlazione dei dati del simulatore con quelli della pista, che giustificherebbe il forte divario tra le aspettative della vigilia e quello che vediamo oggi. Ma la stessa Ferrari rigetta questa eventualità. L’altra sensazione è che la filosofia della F1-75 avesse dei limiti in termine di sviluppo di cui le attuali difficoltà potrebbero essere una conseguenza. La risposta a questi interrogativi al momento non c’è. E mentre la Ferrari cerca di capire come procedere, la Red Bull ci dà la sensazione di poter essere la nuova Mercedes dell’epoca 2014-2016. Ci vorrebbe tempo per capire che direzione prendere, come cambiare. Ma non c’è mai modo di tirare il fiato, in F1.