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Se qualcuno avesse spento la televisione subito dopo la fine del Gran Premio dell'Arabia Saudita 2023 di Formula 1, scegliendo di dedicarsi placidamente ad altro, difficilmente avrebbe potuto immaginare che di lì a poco Fernando Alonso sarebbe diventato il primo pilota a cogliere il centesimo podio in carriera per due volte. Le basi del canovaccio sono chiare, per quanto imbarazzanti: Alonso ha festeggiato sul podio, per poi vedersi togliere il terzo posto per via di una penalità di cinque secondi destinata ad essere annullata più tardi. Ma che cosa è successo davvero a Jeddah? Per scoprirlo, bisogna andare per gradi.
Il casus belli del pasticciaccio brutto della direzione gara è lo stesso Alonso, che in partenza si è posizionato in modo errato sulla sua piazzola. Infrazione, questa, che gli è costata cinque secondi di penalità. Li avrebbe scontati più avanti, in occasione della sua unica sosta nel corso della gara, per montare le hard. Poco prima che terminassero i cinque secondi in cui i meccanici non possono intervenire, però, il carrello posteriore sostenuto da uno degli uomini della squadra di Alonso ha sfiorato la macchina. A quel punto mancava più di metà della gara, ma la direzione della corsa è intervenuta solo dopo i festeggiamenti del podio, mettendo Alonso sotto investigazione per non aver scontato correttamente la sanzione.
Contrariamente a quanto ipotizzato in diretta televisiva, il problema della penalità di Alonso non era il fatto che fosse stata scontata in regime di Safety Car, bensì il tocco del meccanico. Un gesto, questo, che la direzione gara non aveva notato. I commissari lo hanno ammesso nel comunicato in cui si comminavano ad Alonso i dieci secondi che lo hanno temporaneamente estromesso dal podio a favore di George Russell. La cosa più grave è che, da qualche tempo, i commissari si avvalgono dell'aiuto di un "VAR" a Ginevra, con addetti preposti a vagliare le immagini. Nemmeno loro si sono accorti di quanto era successo. Così il tocco del meccanico è restato nell'ombra fino all'ultimo giro.
Dopo aver ricevuto una penalità da dieci secondi - la stessa inflitta ad Esteban Ocon in Bahrain per un motivo simile - l'Aston Martin, come prevede il regolamento, ha presentato richiesta di revisione, portando a sostegno del ricorso le immagini di sette pit stop con penalità annessa in cui un meccanico aveva sfiorato la vettura con il carrello senza che fossero comminate penalità. Trattandosi di materiale che i commissari non avevano a disposizione nel momento in cui avevano preso la prima decisione, sono tornati sui loro passi ore dopo il termine della corsa, quando in Italia era quasi mezzanotte. Ed è così che Alonso ha colto due volte il podio in una sola serata.
Come accade sempre quando succede un pasticcio, la FIA ha prontamente fatto sapere che sarà rivista la normativa in merito alle penalità durante le soste, che - guarda caso - è vaga. Ma il problema, a nostro avviso, sta alla base. Non è possibile che pure con l'aiuto del VAR, i commissari non riescano a intervenire tempestivamente su quanto succede in pista, arrivando a prendere una decisione quando la festa del podio è già conclusa. Sono proprio questi pasticci a disaffezionare i fedelissimi e a indurre gli occasionali a lasciar perdere. Fosse successo una volta sola, potremmo anche capire. Ma di casi come quello di Alonso ce ne sono stati parecchi, negli ultimi anni.
Questa volta, Alonso l'aveva presa con filosofia. Siamo all'inizio del mondiale e un quarto posto anziché un terzo non cambia molto, soprattutto se, come nel caso di Fernando, si ha a disposizione una vettura che può tranquillamente consentire di centrare il podio senza bisogno di colpi di scena. Dopo aver festeggiato sul podio, mostrando gli sponsor, Alonso si sarebbe anche fatto andare bene la retrocessione senza troppi patemi d'animo. Ma alla Federazione non può sempre andare di lusso. Arriverà il giorno in cui una penalità di questo genere farà una differenza sostanziale. Bisogna che sia preparata a decidere con tempestività. Questo, ovviamente, dando per scontato che ci si accorga delle infrazioni. E questo, lo abbiamo capito a Jeddah, ovvio non è.