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Gli pare strano definirsi “coach” ovvero allenatore, lui che di fatto è ancora un… giocatore titolare, ma Gianni Morbidelli accetta con calma questo nuovo ruolo in cui da pilota praticante ed ex F.1, aiuta i giovani a crescere nel mondo delle corse: “Per ora seguo i ragazzi che corrono nel trofeo Mini e poi in Porsche Cup. Mi fa strano dover dare consigli perché questi vanno forte davvero, non hanno bisogno che gli spieghi niente per andare veloce”.
E quindi in cosa consiste questo ruolo? “Vedi – dice con il suo accento romagnolo anche se di Pesaro – questi ragazzi hanno degli sbalzi enormi a livello psicologico. Mi spiego: passano dall’euforia alla depressione più forte a seconda di come va la giornata. E’ su questo che lavoro e cerco di dare una indicazione per tenerli mediamente non troppo euforici e nemmeno abbattersi troppo se le cose vanno male. E’ l’unica differenza che vedo fra i miei tempi e questi di adesso, sulla velocità questi mi darebbero la paga quando vogliono…”.
Umile, tranquillo, esattamente il contrario di un pilota di F.1 aggressivo e sempre sul pezzo…”Beh, dai: sono cambiati i tempi. Io sono entrato presto in F.1 per quel periodo, oggi sarei stato già vecchio. E poi è successo perché Cesare Fiorio aveva deciso di dare spazio ai giovani, infatti se vedi i piloti presi in quel periodo alla Ferrari o alla sua scuola alla Lancia, i piloti italiani erano valorizzati. Io, Badoer, Montermini, Larini collaudatori Ferrari e io ho pure fatto dei gran premi con la rossa o i vari Patrese, Gabbiani, Ghinzani, Alboreto, i Fabi tanto per citare i primi che mi vengono in mente adesso: tutti cresciuti grazie a Fiorio che aveva dato spazio ai giovani italiani”.
Salvo poi trovarti dalla sera alla mattina al volante della Ferrari a sostituire un campione del mondo come Prost nel 91. Altro che impatto psicologico…”Ma sai, ero preparato perché a quel tempo facevo molti collaudi, provavo in pista con Alain e Nigel Mansell, quindi salire in macchina per un GP non fu proprio una novità. Era una possibilità che poteva realizzarsi e poi avevo già idee di cosa accadeva in gara”.
Ricordi di quel periodo? “Tanti, soprattutto Mansell che mi faceva gli scherzi. Io mi mettevo a bordo pista a vederlo girare e lui passando davanti a me, mi faceva il dito medio in piena curva per dirmi che mi aveva visto. Ho pensato che avendo il giubbotto giallo, coi colori della Ferrari di quel tempo, mi riconoscesse per quello. Allora cambiavo curva, mi ero tolto il giaccone e lui sempre col dito medio a salutarmi. Oh, una cosa pazzesca: era lui che mi diceva cosa facevo invece di essere io a raccontarlo ai box. E poi era uno che al contrario di Prost, non aveva voglia di fare un c…, se posso dirlo. Alain era sempre indeciso a controllare tutto, telemetrie, sospensioni, assetti. Nigel arrivava sul motor home, mi guardava e diceva: ho mal di testa mi fa male la schiena, ho mal di pancia, non è che vuoi girare tu al posto mio? E io accettavo al volo. Si era creato un bell’ambiente davvero in quel periodo storico”.
Da…storico della Ferrari al momento attuale, che impressioni ne hai adesso? “Vedo una squadra senza un timone e un timoniere che la porti fuori dalle secche. Non è facile perché la Ferrari è una entità difficile da capire per chi sta fuori. Non è così semplice dire prendi questo, sposta quello, fai quell’altro. Hai gli occhi di tutti puntati addosso e questo è un male. Poi sui piloti poco da dire. Sono due bravi ragazzi, veloci, fra i più veloci direi. Leclerc ha quel qualcosa in più in qualifica che fa la differenza. Ma posso dirlo?”
Siamo qui apposta, dicci pure…”Per me al di là della bravura, che non contesto e anzi devo dire mi piacciono entrambi, Leclerc manca di personalità, di spunto. Deve essere un leader ma dopo cinque stagioni è ancora lì che discute con gli ingegneri, non sa se stare fuori o cambiare gomme, si lamenta via radio del compagno se lo supera, se fa strategie diverse. Un leader ste cose le supera, se ne sbatte. Sainz ti passa? E chi se ne frega, pensa alla tua, di gara. Sei tu in macchina, devi essere tu a dire al box le condizioni della pista, se te la senti di stare fuori o devi rientrare. E poi devi fare squadra. Ecco, tutte cose che Schumacher aveva, le aveva anche Prost ma si era in rotta di collisione con Fiorio. Quindi, promuovo Leclerc sulla guida e velocità con un gran talento, sul resto c’è ancora molto da fare per arrivare al top”. E cambiare squadra? “Ma dove vuoi che vada? Qui i contratti sono annuali, di squadre che vincono sempre meno e per giunta piene per il futuro, può solo restare lì e vincere con la Ferrari”.
A Pesaro di recente sei riuscito a riaprire uno spazio Morbidelli, raccogliendo le moto e le realizzazioni di papà Giancarlo, davvero ben riuscito…”Grazie, papà meritava una cosa del genere, era un peccato chiudere tutto. Non vi dico le difficoltà burocratiche passate e i problemi, ma adesso abbiamo uno spazio dedicato alla sua opera. Invito tutti a venire a vederlo, lo merita davvero perché, non perché era mio babbo, ma è qualcosa di speciale per un uomo davvero speciale”.