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È la Red Bull il team al centro del mirino per un sistema che consentirebbe di intervenire sull'altezza da terra della propria monoposto in regime di parco chiuso: è stata la stessa scuderia a ammettere l'esistenza di un dispositivo capace di intervenire sul cosiddetto tea-tray, il vassoio alla fine dell'abitacolo che di fatto costituisce l'inizio del fondo della vettura. "Il sistema esiste - ha spiegato un portavoce del team di Milton Keynes alla BBC - ma non è accessibile nel caso in cui la vettura sia totalmente assemblata". La scuderia di Milton Keynes, inoltre, ha rivelato di aver intrattenuto diversi scambi di mail con la FIA riguardo al dispositivo, e che è stato concordato come procedere.
Insomma, secondo quanto sostiene la Red Bull, anche se il dispositivo esiste, non può essere utilizzato in una maniera illegale. Il sospetto di diversi team, riportato in mattinata da Autosport, è che i meccanici potessero intervenire sul vassoio operando all'interno dell'abitacolo, con la vettura assemblata nella sua interezza. La possibilità di intervenire sull'altezza da terra della monoposto in regime di parco chiuso permetterebbe di abbassare la macchina per la qualifica e rialzarla per la gara, in modo di estrarre il massimo potenziale sul giro secco e non dover rinunciare a sfruttare i cordoli durante la corsa per evitare un consumo eccessivo del pattino.
Secondo quanto riporta il sempre affidabile Mark Hughes su The Race, la Federazione, dopo una soffiata, avrebbe ricordato alla Red Bull dopo le qualifiche del GP di Singapore che delle modifiche al tea-tray non sono concesse in regime di parco chiuso e per la corsa la scuderia di Milton Keynes avrebbe mantenuto la stessa regolazione impiegata nella lotta per il giro secco. Per il Gran Premio degli Stati Uniti ad Austin, la Federazione ha deciso di apporre dei sigilli alla parte incriminata, in modo tale da stroncare alla nascita tentativi di questo genere. "Una cosa è avere un dispositivo del genere, un'altra come lo si usa e lo si sfrutta", ha commentato il rivale di Max Verstappen per il titolo, Lando Norris. Certo è che, in una F1 in cui anche il minimo dettaglio può fare la differenza, una soluzione del genere non può che far discutere.