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In pochi dopo le prime gare della stagione 2024 di Formula 1 avrebbero potuto immaginare che la Red Bull avrebbe accusato pesanti difficoltà, eppure eccoci qui. A sei gare dal termine di un campionato vivace, la scuderia di Milton Keynes si è vista sfuggire la testa del mondiale costruttori, ed è chiamata a una rimonta approfittando della lunga pausa autunnale per lavorare agli aggiornamenti che saranno apportati alla RB20 in occasione della prossima gara, in programma ad Austin il 20 ottobre.
Delle mancanze della Red Bull conosciamo la manifestazione concreta, la difficoltà nel trovare il giusto bilanciamento per via di una coperta troppo corta, che si manifesta soprattutto su piste con tipologie diverse di curve. Ma anche l’origine, un aggiornamento risalente allo scorso anno di cui Sergio Perez, inascoltata Cassandra, aveva fin da subito avvertito le conseguenze nefaste. Ma finché la RB19 prima e la RB20 poi sono rimaste un’arma potente nelle mani di Verstappen, il problema non si è posto. Ora, a più di un anno da quel sentore di Perez, si cercano soluzioni.
Trovarle, però, non è semplice, come aveva spiegato il team principal della Red Bull, Christian Horner, a margine del weekend di gara a Monza. “Quando qualcosa non funziona, non è inusuale che ci siano diverse letture della situazione a seconda dello strumento utilizzato. Le informazioni arrivano da tre fonti, l’analisi CFD, la galleria del vento, e, naturalmente, la pista. Quest’ultima conta di più, ovviamente, ma per lo sviluppo è come se ci trovassimo a stabilire l’ora esatta servendoci di tre orologi diversi. Bisogna però focalizzarsi sull’input di maggior valore, i dati raccolti in pista”.
Con l’attuale generazione di monoposto a effetto suolo, molto sensibili alle asperità e alle caratteristiche dell’asfalto, ai cordoli e anche a cambiamento atmosferici apparentemente trascurabili o al più piccolo rivolo d’aria sporca, la simulazione diventa giocoforza uno strumento meno efficace. Non è tanto questione di correlazione – anche se per alcuni team può essere ancora un tasto dolente – quanto di parametri che, semplicemente, non possono essere replicati facilmente dalle simulazioni odierne. Fare i compiti a casa e portare aggiornamenti efficaci, così, diventa molto più complicato.
Ma la Red Bull ha anche un’altra debolezza. “Sappiamo che la nostra galleria del vento ha delle limitazioni, e per questo abbiamo investito in una nuova – concede Horner -. Per ora, però, dobbiamo sfruttare ciò che abbiamo a disposizione. Penso che la galleria del vento contribuisca, ma non sia la ragione principale per cui ci troviamo nella situazione attuale”. Certo è che la McLaren, la rivale più ostica della scuderia di Milton Keynes, può contare su una galleria del vento nuova di zecca, più sofisticata e moderna rispetto a quella di Toyota a Colonia che sfruttava fino a qualche tempo fa.
Cercare di risalire la china non è un compito banale per una scuderia che, da corazzata qual era, ora sembra scricchiolare. Ma Horner sembra essere speranzoso: “Non avevamo mai sperimentato prima un cambiamento così repentino della nostra competitività. Ma il fatto che sia avvenuto con questa velocità vuol dire che potrebbe succedere anche nel senso contrario. E stiamo lavorando proprio per raggiungere questo obiettivo”. I valori in campo in F1 dopotutto, sono talmente ravvicinati da rendere potenzialmente assai rilevante anche un piccolo accorgimento. Ma le rivali della Red Bull non staranno certo a guardare. E non è detto che gli upgrade porteranno gli effetti sperati.