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Daniel Ricciardo ha chiuso un cerchio, tornando in Alpha Tauri a dieci anni esatti dalla sua ultima stagione in Toro Rosso. L’australiano, ormai è ufficiale, sostituirà Nyck De Vries, licenziato con effetto immediato dopo appena 10 gare in Formula 1. Che i destini dei piloti nella galassia della Red Bull possono avere cambiamenti repentini lo dimostra proprio il caso di De Vries, ingaggiato di pancia da Helmut Marko dopo l’ottima prestazione con la Williams a Monza lo scorso anno e appiedato con altrettanta velocità ancor prima della pausa estiva.
Ma l’ennesimo cambio pilota a stagione cominciata ha un peso maggiore non solo perché vede nella parte lesa un rookie atipico, con una grande esperienza, ma anche e soprattutto per il ritorno di Ricciardo nella scuderia in cui, da giovane di belle speranze, si è fatto conoscere al grande pubblico dopo il debutto nel 2011 con la modesta HRT. È una bella storia da raccontare, ma il cammino di Ricciardo potrebbe non essere semplice.
L’obiettivo - non dichiarato, ma facilmente intuibile - torna ad essere quello di un decennio fa, cioè guadagnarsi il sedile in Red Bull. Sergio Perez lo scorso anno ha siglato un contratto fino al termine della stagione 2024, ma gli accordi in F1 sono fatti per essere strappati. Ma anche se si giungesse alla naturale scadenza del contratto di Perez, Ricciardo potrebbe puntare sul 2025, per concludere la carriera al fianco dell’uomo che lo aveva fatto scappare dalla Red Bull.
Per riuscire nel suo intento, però, Ricciardo dovrà dimostrare di aver superato il suo più grande limite, la scarsa capacità di adattarsi a una nuova scuderia. Come ha sottolineato Franz Tost nella nota diffusa alla stampa per l’annuncio dell’arrivo di Ricciardo, Daniel conosce bene diverse persone all’interno del team e il modus operandi della scuderia di Faenza. Ma la verità è che Ricciardo approda in un team che ad oggi è fanalino di coda della classifica costruttori.
Afflitta da un sottosterzo congenito, l’Alpha Tauri AT04 è rimasta una monoposto deficitaria anche a seguito dei recenti aggiornamenti apportati per mitigarne i problemi. Ricciardo si troverà così ad avere per le mani un’auto tutt’altro che esaltante, arrivando per giunta in corsa, dopo sei mesi di stop. Non sono i presupposti migliori per un pilota che ha dimostrato nell’ultima parte della sua carriera una certa mancanza di flessibilità.
Dopo il divorzio anticipato – e unilaterale – dalla McLaren alla fine dello scorso anno, il destino di Daniel Ricciardo in Formula 1 è ritornato nelle sue mani. Sta a lui dimostrare che l’incubo vissuto a Woking è stata solo una parentesi infelice in una carriera in cui – parliamo soprattutto del 2016 – è riuscito a esprimersi a livelli da titolo mondiale. Quei tempi sono lontani, ma ora Daniel può trovare il modo di chiudere un altro cerchio. Quello che lo riporterebbe a Milton Keynes.