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Le difficoltà riscontrate da Carlos Sainz al debutto in Williams dimostrano l’ottimo lavoro svolto da Lewis Hamilton nel suo adattamento in Ferrari. Vista la buona forma mostrata dalla FW47 nei test in Bahrain, le aspettative riguardo al contributo di Sainz alla causa di Grove erano alte. Le prime due gare della stagione 2025 di Formula 1, però, sono state piuttosto difficili per lui. Dopo l’errore che in Australia lo ha estromesso dalla gara, in Cina Sainz è riuscito a entrare in zona punti solo grazie alla squalifica dei due piloti della Ferrari.
A ben vedere, le situazioni di Hamilton e Sainz sono speculari. Lewis è passato dalla power unit Mercedes a quella Ferrari, mentre Carlos ha perfezionato il percorso contrario. Ad accomunarli pensa il fatto che nessuno dei due aveva mai avuto a disposizione il propulsore che sfruttano oggi. In carriera Hamilton prima di arrivare in Ferrari aveva solo usato power unit Mercedes, mentre Sainz nei vari cambi di casacca si è cimentato con motori Renault e Ferrari. Proprio questo aspetto è centrale, come sottolineava Sainz ai tempi dei test.
“I rumori, le vibrazioni, il sound: tutto cambia completamente – osservava Carlos -. Anche se fossi andato in pista per cercare di capire l’aerodinamica, le gomme e le sensazioni dal punto di vista della meccanica, l’unica cosa a cui mi sarei dovuto adattare nei primi giri è la differenza a livello di motore. Anche per quanto riguarda il modo in cui la power unit viene controllata attraverso le regolazioni sul volante. Nella F1 di oggi ce ne sono moltissime – per l’erogazione, la batteria, le procedure di salvaguardia del motore – è questo il cambio più grande a cui mi sono dovuto adattare in Williams”.
Le differenze a livello di power unit, oltretutto, si ripercuotono sul comportamento della monoposto nelle fasi di accelerazione e di frenata, rendendo ancora più complesso l’adattamento da parte del pilota. Naturalmente il propulsore è solo una parte di un processo di acclimatamento che comincia dalle operazioni in pista e dalle regolazioni del volante per arrivare all’affinamento delle comunicazioni con gli ingegneri e del lavoro sul set-up. E la cosa più difficile, come sottolinea Sainz, è colmare gli ultimi decimi di distacco.
“Resta sempre quel paio di decimi che si riesce a limare con il passare del tempo, quando cominci a lavorare in modo più efficace con gli ingegneri, estraendo il massimo della performance non solo da te stesso, ma da ogni punto di vista”. A ben vedere, è proprio questo ciò che è mancato a Sainz in Cina, soprattutto in qualifica. Se non fosse stato per un errore nel terzo settore in Q3, Carlos sarebbe riuscito a estromettere proprio Albon dai primi dieci. L’eccessiva foga all’ingresso dell’ultima curva gli ha impedito di capitalizzare quanto di buono espresso nel resto del giro. E avere ragione della macchina e delle gomme in modo tale da limare quell’ultimo decimo è proprio l’aspetto più complesso.
“C’è qualcosa di sbagliato che dobbiamo analizzare”, ha spiegato Sainz dopo il GP della Cina a Racingnews365. Dichiarazioni, queste, che hanno indotto parte della stampa spagnola a individuare nel telaio risalente allo scorso anno l’inconveniente. In realtà, anche la FW47 di Albon ne monta uno del 2024, come ha spiegato in un video per i social il team principal, James Vowles. La suggestione che Sainz sia stato limitato da un telaio riparato dopo un incidente occorso a Logan Sargeant lo scorso anno, quindi, non regge.
“Posso essere molto veloce in certe curve e determinate circostanze. È solo che quando arrivo a spingere di più per trovare il tempo, a mano a mano che la pista migliora, quello che faccio non paga, e mi rende più lento e non più veloce. È contro logica”, ha aggiunto Sainz sulle sue difficoltà. E anche Hamilton, a ben vedere, in Cina dopo la splendida vittoria nella Sprint ha faticato con l’evoluzione della pista, lamentandosi ex post di aver adottato una soluzione in termini di bilanciamento deliberata da Charles Leclerc durante i test in Bahrain che non ha sortito i frutti sperati.
Ma quanto tempo serve davvero a un pilota per acclimatarsi davvero in una nuova scuderia? “Per la mia esperienza pregressa – ha spiegato Sainz - il processo di adattamento dura più o meno metà stagione. Solo a quel punto si comprendono appieno tutti i piccoli dettagli della monoposto. Se si potessero condurre più test, il processo sarebbe decisamente più breve. Ci sono tante cose che bisogna imparare weekend dopo weekend, accumulando esperienza. Questo non vuol dire che non si può essere competitivi. Lo si può essere subito, lavorando con il proprio team”.
Si tratta, in ogni caso, di un lavoro di fino, come ha spiegato il capo degli ingegneri della Williams, Dave Robson, a Racingnews365. “Potrebbe volerci un po’ più di lavoro sul volante nell’out-lap, la comunicazione del pilota, l’ingegnere di pista che spinge verso il limite quando ci sono altri 19 piloti che lottano per avere un piccolo spazio in pista. Dobbiamo capire come fornirgli in modo più efficace le informazioni di cui necessita per trovare il tempo”. Sainz ha ampi margini di miglioramento, naturalmente. Ma le sue difficoltà fanno capire quanto Lewis Hamilton abbia lavorato di fino per non annaspare al debutto con la Ferrari.