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Il medico scosse la testa e guardò serio negli occhi mamma Ruth e papà Les: "Il bambino ha una grave malattia, la sindrome di Legg-Calvè-Perthes, difficile che possa tornare a camminare, ma facciamo un tentativo con una cura sperimentale. Dovremo tenerlo in trazione per un paio d'anni sperando si risolva qualcosa". Il gelo era caduto in casa McLaren in quell'inverno del 1946. Bruce è un ragazzo vivace, ama i motori e bazzica l'officina del padre, conosce a memoria i modelli, sa dove mettere le mani. Ma quella tegola sul collo proprio non ci voleva. Un figlio disabile, paralizzato in un letto chissà per quanto tempo... Invece, mese dopo mese, anno dopo anno, 24 mesi dopo quella diagnosi il piccolo Bruce riesce a lasciare il letto, ricomincia a camminare, fa sforzi immani pur di riprendere una sorta di normalità. Ci riesce, anche se la gamba sinistra è più corta della destra e quando cammina si vede che zoppica.
Le ragazze del posto storcono il naso, ma Bruce non ha tempo per le cose dei ragazzi della sua età. Lui ama le auto, i motori. Al punto che presto comincia a guidare. Al punto che a 15 anni debutta nella sua prima corsa in salita. A 17 si affaccia in circuito in un crescendo continuo in cui ha abbinato gli studi in ingegneria meccanica. Pilota e costruttore, un sogno se si pensa a quei due anni in un letto con le gambe in trazione e le sofferenze delle lunghe notti di dolore in cui l'unica via di fuga era sognare. Di correre in auto, di essere libero, di farlo con un mezzo progettato e costruito con le proprie mani...
Siamo nel 1957 e la salita di Bruce McLaren è inarrestabile, la F.2 nel biennio fino al 1958, Jack Brabham che lo nota e lo vuole con sè in squadra. La federazione neozelandese che lo appoggia nel programma Driver For Europe e l'arrivo nel circo iridato della F.1. Sembra una favola, come la prima vittoria nel GP USA del 1958, a 22 anni, il più giovane vincitore di una gara (battuto 43 anni dopo da un altro neozelandese, Scott Dixon nella Indy Car a 20 anni e poi da Max Verstappen, neo diciottenne). L'apoteosi a Montecarlo nel 1962, con la vittoria nel mitico Gran Premio e poi, nel 1963, la nascita della McLaren Motor Racing che vinse il primo GP a Spa nel 1968 e assunse un altro neozelandese, Dennis Hulme, che con McLaren vinse altri due GP.
Un crescendo unico, che si concretizzò nelle corse USA e nella serie Can Am, dove la fantasia e l'ingegno di Bruce erano liberi di esprimersi mentre in F.1 i regolamenti, per quanto più liberi di quelli attuali, non davano molto spazio visto che quasi tutti usavano lo stesso motore Cosworth cambio Hewland e freni Girling. Insomma, il genio unito alla passione. Costruire, forgiare un pezzo di metallo, metterlo in moto e poi correrci vincendo. Per il ragazzino disabile di tanti anni prima, la vendetta di una diagnosi infausta che aveva sconfitto con testardaggine, volontà e applicazione. Un misto di tecnica e coraggio che si riassume in una frase che disse parlando di Chris Amon, un pilota velocissimo ma mai vincitore in F.1: "Chris non voleva correre a Indy, aveva paura dei muretti e delle velocità del catino. Invece aveva il record a Spa. Forse se avessi dipinto sui muretti alberi, pini e burroni, ci sarebbe andato a correre, invece no".
Celebre un suo motto, adottato dalla McLaren nel 2017 per il lancio della 720 S: "La vita si misura in ciò che raggiungi, non solamente in anni". Una filosofia che lo portava sempre a eccellere in tutto, a mettere a dura prova quanto da lui stesso creato. Come fece quel giorno a Goodwood nel collaudo della sua McLaren Can Am 8 D. Ecco cosa scrissero i giornali dell'epoca: "A soli 33 anni il corridore automobilista neozelandese Bruce McLaren è morto oggi durante una prova sul circuito di Goodwood, presso Londra. McLaren procedeva a forte velocità (intorno ai 250 chilometri orari) quando la vettura che stava provando ha urtato contro un parapetto ed è esplosa. McLaren è stato trasportato d'urgenza in un vicino ospedale, ma quando è giunto era già spirato.
Otto mesi fa McLaren aveva annuncialo che intendeva parzialmente ritirarsi dalle corse. Dopo aver vinto la serie panamericana con la vittoria nella 210 miglia di Bryan nel Texas, nello scorso novembre, il corridore aveva affermato che intendeva dedicare più tempo ai suoi interessi commerciali. Il mese prima, in ottobre, durante una corsa a Riverside, in California, aveva avuto un incidente ma era rimasto illeso.
Il pilota neozelandese Bruce McLaren, che è morto durante le prove della sua nuova vettura, una McLaren 8D, era nato il 30 agosto 1937.
Di taglia leggermente inferiore alla media il pilota neozelandese aveva due larghe spalle ed una notevole potenza fisica. Era destinato infatti a diventare un buon giocatore di rugby, suo sport preferito che aveva praticato negli anni della gioventù. Un serio incidente occorsogli durante un incontro, non gli permise però di continuare l'attività in questa disciplina sportiva. McLaren, che aveva imparato a guidare l'automobile a 15 anni, si fece una ragione di ciò e decise di abbandonare il rugby per dedicarsi all'automobilismo". Sono passati 50 anni da quel 2 giugno 1970, il suo nome è rimasto nell'albo d'oro della F.1 con 8 titoli mondiali costruttori, 12 mondiali piloti, 863 GP e 182 vittorie.