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Lo hanno definito il padrino, oppure il supremo. O il boss. In ogni caso bastava Bernie e avevi già capito tutto. A 90 anni il buon Ecclestone è ancora lì nella sua casa di Londra (o in Brasile dalla ultima moglie) che tira le fila della F.1. In fondo, il padre della F.1 moderna è lui, senza dubbio. Non accadeva niente nel paddock che non lo sapesse. O provocasse. Aveva una visione di tutto, sapeva con chi parlare e chi, nel caso, emarginare. E aveva sempre pronta una soluzione ad ogni problema. Basti dire che nel suo ufficio di Londra erano meno di 10 a gestire tutta la F.1, con Liberty erano arrivati a 200 e forse ne mancava ancora qualcuno.
Il suo merito? Avere una visione. Sapere dove andare, come fare e come mettere tutti d'accordo. In 30 anni di conoscenza, non ho mai trovato Ecclestone impreparato. Anzi. Sono tanti gli episodi da raccontare o meno. In ogni caso pezzi di storia della F.1 dietro le quinte in cui ognuno dei frequentatori del paddock aveva qualcosa da dire, raccontare, scoprire. Di certo la sua intuizione, dopo quel GP del Giappone 1976, in cui Lauda e Hunt si giocavano il mondiale, fu quella giusta. Aveva venduto i diritti alle TV di tutto il mondo, aveva fatto incassare ai team più soldi in quella gara che nel resto della stagione. Aveva capito che la F.1 era un prodotto da vendere. Non c'era la pay TV, solo quella in chiaro. Ovvero milioni di spettatori pronti a godersi le gare, l'azione, la tensione. E qualche incidente di troppo. Aveva convinto tutti. Come? Arrivando con una valigetta piena di dollari mollata sul tavolo dei team manager. Di fronte a cose simili, difficile che qualcuno resista.
Anche Enzo Ferrari aveva un ottimo rapporto con Bernie, perché si capivano al volo. Anche se uno parlava modenese e l'altro inglese (ma Bernie capisce l'italiano, avendo avuto sponsor e attività da noi, ma non lo parlava mai di fronte ad altri). Ha fatto diventare ricchi manager che fino a quel momento erano solo meccanici passati di grado. La popolarità, gli sponsor, le attività commerciali. Tutto quanto poteva essere venduto e farci dei guadagni. Un tot alle squadre, il resto a Bernie Ecclestone. Ma non pensiate sia stato uno avaro. C'erano team che non avevano soldi per pagare gli alberghi e Bernie arrivava con la valigetta dal team manager e diceva: "Ecco, per le spese dei ragazzi" e se ne andava.
C'erano situazioni di mercato piloti decise da lui o avallate da lui. Come l'arrivo di Schumacher e dello staff Benetton alla Ferrari e questo perché le vittorie Ferrari erano oro colato per la FOM, la società che aveva costituito. Poteva vendere più cari i diritti TV, il merchandising, le ospitate. Una Ferrari forte faceva vendere di più. Ma Bernie era intransigente su altre cose. "La F.1 è come il sesso, non è quello che succede ma quello che pensi possa accadere" rispondeva a chi gli faceva notare gare noiose, senza colpi di scena. Ovvero, vendo la tensione, l'attesa per qualcosa che, poi, potrebbe non esserci affatto. E l'attesa vale più dell'atto in se stesso.
A un certo punto ce l'aveva con Todt, qualcosa si era rotto nel rapporto fra i due. Tanto che in Brasile, alla vigilia di una gara, mi avvicina nel paddock e mi chiede come va: "Bene, a parte che con Todt abbiamo appena discusso, rende la vita difficile a tutti là dentro". Rispose con calma, dando una pacca sulla spalla: "Non ti preoccupare, andrà via dalla Ferrari, farà il presidente della FIA così ce lo togliamo dai piedi visto che la F.1 la gestisco io". Feci un articolo con titolo: Todt lascia la Ferrari e pensa alla FIA. Todt non la prese bene: "Quando smette di scrivere cazzate Ciccarone?" e io, avendo una fonte certa (o almeno che mi avrebbe protetto dagli strali di Todt) risposi secco: "Quando lei smette di farle". Todt diventò presidente della FIA, il rapporto è ottimo e la stima nei confronti del suo impegno totale.
Il suo merito? Avere una visione. Sapere dove andare, come fare e come mettere tutti d'accordo. In 30 anni di conoscenza, non ho mai trovato Ecclestone impreparato
Nel 2007, anno della spy story, venni a sapere di una certa cosa che riguardava Nigel Stepney. Non so come, ma il fido Pasquale Lattuneddu, suo braccio operativo in pista, mi fece chiamare in ufficio a Kuala Lumpur: "Bernie vuole chiederti una cosa". Entro e Bernie mi guarda serio: "So che ti hanno informato di una cosa. Chi te lo ha detto? Pensi di scriverlo? Sarebbe meglio evitare polveroni inutili...". Il messaggio era forte e chiaro. La persona che aveva parlato era attendibile ma era meglio si occupasse di altro per la sua azienda. E la chicca venne annegata in un paio di righe in un giornale senza enfasi...
E che dire delle diatribe su Monza, Imola e il GP d'Italia? Sapeva tutto, chi erano i personaggi attendibili, chi gestiva cosa e dove. Quali i politici di riferimento e chi era un bluff. E tanto altro ancora. Quando ci si incontra è come trovare un vecchio zio e Bernie è sempre lucido, attento e ogni tanto lancia una frecciatina a quelli di Liberty Media su alcune cose. Ma questo è un altro discorso. Buon compleanno Bernie Ecclestone, un rivenditore di auto usate che è diventato il re della F.1. "Le consegno le chiavi della città" disse il sindaco di San Paolo in Brasile. E lui, in diretta TV, rispose: "Grazie, ma non so che farmene. Non avrebbe le chiavi della banca locale che è più utile?". Ecco, questo è Bernie Ecclestone.