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Nei mesi scorsi, erano circolate voci insistenti riguardo ad Aramco, compagnia petrolifera di stato saudita già sponsor della Formula 1. Si parlava di una potenziale title partnership con la Mercedes, che, in quest'ottica, avrebbe abbandonato la fida Petronas. Alla fine, però, Aramco si è accasata con una scuderia affiliata alla Stella a tre punte, l'Aston Martin. L'intesa tra Aston Martin e Aramco va ben al di là della semplice sponsorizzazione, visto che l'azienda collaborerà allo sviluppo dei motori endotermici per i veicoli stradali e dei biocarburanti ad alte prestazioni, oltre a lubrificanti avanzati.
Parte dell'accordo sono anche i diritti esclusivi di branding e endorsement dei carburanti e dei lubrificanti di Aramco. Non solo: il nome del team da oggi sarà Aston Martin Aramco Cognizant Formula One Team, con una doppia title sponsorship. Un'intesa di ampio respiro, quindi, che avrà risvolti non solo economici, ma anche tecnici, nel contesto di un piano a medio termine per puntare al mondiale in Formula 1. "Siamo in questa categoria per vincere - osserva Lawrence Stroll, presidente del team - quindi sono entusiasta di dare il benvenuto a un partner incredibile della caratura di Aramco, che, ho compreso grazie a questa trattativa, vanta un notevole bacino di proprietà intellettuali e capacità tecniche, che sono sicuro ci aiuteranno a raggiungere il nostro obiettivo di vincere dei mondiali in F1".
"Si tratta di un'alleanza che sfrutta il nostro impegno condiviso per l'eccellenza ingegneristica e l'innovazione, e ha il potenziale per cogliere risultati vincenti sia in pista che fuori", commenta Mohammed Al Qahtani, vicepresidente senior Downstream di Aramco. E, soprattutto, Aramco - e, di conseguenza, l'Arabia Saudita stessa - ampliano ulteriormente il proprio impegno in F1. Che la stessa categoria stia guardando sempre di più al Medio Oriente lo si evince dall'aumento delle gare in loco, dal Bahrain ad Abu Dhabi, passando per l'Arabia Saudita e il Qatar, che non ci sarà nel 2022 causa Mondiali di calcio, ma che ha siglato un accordo decennale per ospitare la F1.
Non è da escludere, peraltro, che l'ingerenza dei sauditi non rimanga confinata ai GP e alle sponsorizzazioni. Dopotutto, le cospicue finanze locali potrebbero far ancora più gola a una Formula 1 in evoluzione. E se l'attuale F1 è di matrice americana, così come la sua proprietà, in futuro potrebbe passare di mano. D'altronde, pecunia non olet. A maggior ragione per una categoria che nella sua storia ha sempre dimostrato di non disdegnare il valsente, qualsiasi sia la provenienza.