F1. Appunti di viaggio del GP d'Olanda 2023 a tutta velocità... con il Max Express

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Paolo Ciccarone ci racconta l'atmosfera del GP di GF1 d'Olanda 2023, a tinte rigorosamente Orange
26 agosto 2023

Una volta si diceva che la vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale. Tutto sbagliato. E’ il GP d’Olanda che è fatto a scale, tante e tutte di fila in quella che è una trasferta a prova di polmoni e calli ai piedi. Basta dire che per trovare un hotel, in zona stazione ad Amsterdam, si è faticato parecchio.

La marea Orange di supporto a Verstappen ha monopolizzato le strutture locali, tanto che una misera stanza di metri quadrati 8, ovvero letto contro parete, valigia per terra e bagno da contorsionisti, costava almeno 210 euro a notte, per non dire dei bed and breakfast che per il week end hanno sfiorato i mille euro. Succede quando la domanda supera l’offerta e col tifo per Verstappen è andata già bene che da marzo si sia trovato qualche struttura.

Ma che c’entrano le scale? Semplice. Perché l’hotel in centro, zona stazione, aveva una stanzetta al quinto piano e per accedervi, c’era solo una scala stretta e curvilinea ricoperta di moquette risalente al tempo dei Boeri alla conquista del Sudafrica. Arrampicarsi con le valigie per gli 80 gradini, metteva a dura prova il fiato e le gambe del vostro cronista, per scoprire poi che altri colleghi erano nella stessa situazione, seppure con meno scale da affrontare. Mettete 80 a salire e 80 a scendere e si hanno i primi 160 gradini della giornata, cui segue scarpinata fino alla stazione per altri 800 metri, poi, dopo aver fatto il biglietto per Zandvoort andata e ritorno a 14 euro, si va verso i binari 1 e 2 con il… Max Express. Anche qui qualche gradino per andare alla piattaforma ma le scale mobili aiutano, e molto, a recuperare il fiato.

Usciti dalla stazione di Zandvoort altri gradini, una ventina, per uscire e incolonnarsi negli stretti budelli che regolano il traffico pedonale nelle stazioni locali. Lungo la spiaggia, una distesa di km di sabbia e mare senza un solo ombrellone come siamo abituati dalle nostre parti, un parcheggio con migliaia di biciclette di tifosi giunti dai paesi vicini. Come fare a rintracciare la propria in quella bolgia unica, resta un mistero.

Camminata di un altro km fino a passerella con 32 gradini a salire e 28 a scendere, bagnati per giunta e scivolosi. Altra camminata fino all’ingresso 2, accesso riservato Crew e salto della fila, enorme, di tifosi con il biglietto, e ingresso zona circuito con strada obbligatoria in mezzo al pubblico di cui prima in attesa di tagliare per la stradina, vietata ai pedoni, ma riservata ai portatori di pass. Che mostriamo senza successo prima di arrivare al distributore Shell dove, bontà loro, hanno organizzato dei kart elettrici da country golf per portare i media in zona stampa.

Almeno si è risparmiato un’altra scarpinata, per scoprire che per accedere al tendone della sala stampa ci sono ancora 22 gradini a salire, cui seguono, ovviamente, i 22 a scendere tutte le volte che si va nel paddock, che è dall’altra parte della sala stampa, mentre i garage sono sotto da un’altra parte. Quella che si dice una logistica “diffusa” per non dire un guazzabuglio.

In tutto questo i locali scoprono le vocazioni commerciali, con un gruppetto che da una sacca sforna magliette arancioni col classico numero 1 di Verstappen, poi dalle case lungo la strada che porta al circuito cibi e bevande casalinghe, con gli abitanti che hanno trasformato le loro cucine in ristoranti con panini e birra a profusione. In un altro angolo, invece, fa capolino un mezzo tutto rosa con due modelle e un modello (vestiti di rosa anche essi) in cui non si pubblicizza il film Barbie ma sex toys per adulti e alle famiglie vengono distribuiti profilattici (in scatola rosa ovviamente) per pubblicizzare il tutto.

Alla fine della giornata abbiamo contato 19 mila passi per oltre 14,5 km a piedi, per un totale di 612 gradini equivalenti a una salita di 183 metri. Dopo aver mangiato un petto di pollo in un ristorante locale, dal sapore misto curry, senape e griglia bruciata, si scopre che il fantomatico ristorante italiano in realtà è gestito da un iraniano in collaborazione con in iraqeno e il nome Saint Abrabham avrebbe dovuto insospettirci, ma la fame era tanta per cui poca voglia di discutere, salvo scoprire che nel ristorante a fianco, tipico olandese, lavorano un cuoco e un cameriere italiano che se la cavano molto meglio del duo mediorientale.

Il centro di Amsterdam è una bolgia di turisti, ma fra tutti spicca una famiglia italiana, padre, madre e due ragazzini di 8 anni al massimo, che portano i virgulti a fare il giro dei canali e delle vetrine col piccolo che guarda le ragazze in vetrina e commenta ammaliato: “Mamma guarda quella che sedere grande! E quella che ha le stelline sulle tette, tu non le metti mai?” col papà che tira il figlio e prosegue nella bolgia dei sensi unici alternati lungo facendo finta di niente. Poi all’improvviso spuntano pattuglie di polizia a fermare spacciatori (è vietato vendere droga per strada) e pistole puntate li fanno stendere per terra mentre dai ristoranti attorno, la gente guarda divertita la scena, perché convinti che sia parte del fascino cittadino.

Ah, dimenticavamo: al mattino, in pieno centro, ci eravamo fermati a un bar e abbiamo chiesto una Coca con la cannuccia. La cannuccia era rigorosamente riciclabile, mentre la Coca era in bustina…Abbiamo spiegato che volevamo quella in lattina, si sono scusati e portato la bevanda. A 4,5 euro. Nemmeno cara.

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