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Era nato in Irlanda, ma era più italiano degli italiani, anche se non aveva perso quel suo accento british che lo riconoscevi a distanza.
Henry Morrogh non c’è più, ci ha lasciato alla soglia dei 92 anni dopo una vita vissuta fra motori, gomme e circuiti. La sua non era una passione per il motorsport, era una vera e propria missione che ha realizzato i sogni di tanti ragazzi che volevano mettersi al volante di una monoposto da corsa e poter dire: ho corso, ho fatto il pilota. Seppure per un giorno.
Era l’uomo dei sogni, quelli della gavetta, quelli di una avventura che partita fra categorie minori ha portato alcuni alle vette del mondiale F.1. Difficile descrivere in poche parole Henry Morrogh e cosa ha rappresentato la sua scuola piloti in Italia. A dire il vero gli inizi sono nella campagna francese, prima di trasferirsi a Vallelunga prima e Magione poi fino a quando, nel 2011, alla soglia degli 80 anni, ha ceduto il nome all’attuale scuola che sorge sul circuito del Sele in Campania.
Era una figura unica, accompagnato per anni dalla fedele Margareth in quello che in ogni paddock era un siparietto unico: “Henry, dove hai messo le schede tecniche?” chiedeva lei con accento british molto accentuato e lui, di rimando: “Che caz... ne so, le metti sempre via tu” altrettanto british nell’accento, romano nei modi. La sua scuola piloti Henry Morrogh è stata la vera fucina dedicata a chi aveva passione e voleva cimentarsi al volante, o cementarsi, come il vostro cronista nelle discussioni con Henry nelle prove e nelle gare: “Staccata schifosa del giornalista, ma chi me l’ha mandato questo…”diceva accompagnando le riprese video a Magione durante i corsi di guida.
Poi ti prendeva per mano, ti faceva salire sulla sua Ford Mondeo station wagon che aveva forse più anni di lui, e ti faceva vedere come si guidava. E ci dava dentro ancora: “Al massimo usciamo di strada e si muore, ma tanto si deve morire lo stesso, facciamolo divertendoci” diceva e insegnava frenata, traiettoria, staccata, punti di corda, cordoli da prendere e evitare, in una giostra che da un circuito all’altro, col suo Challenge, ha permesso a tanti squattrinati senza futuro di scendere in pista, capire cosa fosse partecipare a una gara e portare a casa una foto ricordo o addirittura una coppa.
Realizzando quel sogno nel cassetto che oggi appare irrealizzabile per tanti ragazzi. Se pensi ai soldi che servono per il kart e quanto costava correre con le F.Ford Van Diemen 89 “quella che usava Senna perché è una vera macchina scuola, se guidi questa, guidi tutto” diceva. E infatti, dopo le esperienze con quelle macchine svirgolate, che in frenata andavano da una parte all’altra della pista, col cambio che ti piagava le mani, le ginocchia piene di lividi e i crampi alla schiena, dopo essere sceso da quelle macchine, il mondo ti sembrava facile e tutto era possibile.
Anche se in gara arrivavi ultimo e staccato, anche se andavi a sbattere e ti diceva ridendo: “Lo vedi che hai imparato qualcosa anche oggi?” senza farti pagare i danni perché era un signore: “Sei mio ospite e a casa mia offro io” diceva sempre. E una volta ci corse dietro nel paddock con un fascio di banconote in mano: “Devo darti indietro i soldi dell’iscrizione della gara, sei mio ospite non devi pagare”.
Inutili le proteste, visto che era una tassa federale da pagare. “A casa mia comando io, non rompere i cog… Sali in macchina e non fare danni” e con Margaret che gli urlava dietro: “Henry, dove hai messo panini per prosciutto? “ la solita risposta: “Che caz... ne so, lo metti via sempre tu,” continuava lo show fra le risate di tutti.
Due adorabili e indimenticabili personaggi del motor sport in cui i suoi insegnamenti ai giovani pivelli, furono la base per carriere illustri. Lo scoprirono tanti ragazzi diventati poi famosi: Pirro, De Cesaris, De Angelis, Larini, Jacques Villeneuve, tanto per citarne alcuni che hanno fatto strada nel motorsport senza dimenticare gli altri illustri che hanno mosso lì i primi passi.
Henry Morrogh non c’è più, ma rimane la sua storia, la sua passione, la sua visione che una politica cieca federale ha impedito di seguire. Ciao Henry, la bandiera a scacchi stavolta è per te, dire grazie per aver realizzato i sogni di tanti è ancora poco, ma in fondo tu godevi quando potevi realizzarli e ne avevi fatto una missione.