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Sveglia all'alba in hotel, ma non per l'orario quanto per il fuso. Le 6 ore in avanti si fanno sentire per cui notte insonne e alba disastrosa. A colazione sembra di essere già nel paddock, c'è mezza F.1. L'altra metà è già in pista... Si parte con le navette dell'hotel e gli autisti sono inflessibili: o si riempie tutto o non si parte, col risultato che fanno spostare gente da un lato all'altro e viceversa. In qualche modo si parte e si attraversa una zona industriale. Quale e di che tipo non si sa. Ci sono villaggi deserti, appena costruiti, sembrano città fantasma. Anzi, lo sono. I vialoni tre corsie ricordano le autostrade, con in più una corsia riservata e protetta per moto e biciclette. Lo spettacolo è desolante, da anni a questa parte l'autodromo sorge in zona disagiata. Basti dire che la palude è stata bonificata e che sono stati piantati migliaia di pali di cemento armato per tenere la struttura in ordine, anche se ogni tanto e qualche pezzo cede, iniezioni successive riportano a livello il tutto.
Si arriva in autodromo, si aggira la fermata del metro che in un'ora e mezza (e cambio di due linee) porta in centro. Il parcheggio designato è il P3, ma da lì si deve aspettare un'altra navetta che facendo un giro intorno alla struttura porta al paddock. Sarebbe stato più semplice arrivare direttamente, ma si vede che fare le cose facili non è nelle corde dell'organizzazione. Si prende il posto in sala stampa e ci viene dato uno zaino ricordo della gara. Anzi no è un borsone. Che però sembra uno zaino. Utilità prossima allo zero, però fa tendenza... Si prende la connessione internet e si scopre che i sistemi legati a Google non funzionano. Niente gmail, niente Facebook, niente di nulla che siamo soliti usare da noi e nelle altre parti del mondo. E allora come si aggira l'ostacolo? Acquistando una VPN nuova di pacca, tutti che si passano le dritte e in qualche modo si resta connessi con le redazioni, anche se a spizzichi e bocconi.
La FOM ha organizzato alcune manifestazioni per i 1000 GP, una riguarda l'esposizione di auto del passato e moderne, come la Williams di Prost, la Stewart e la Lotus. Ci sono i caschi di Schumacher e Senna, le tute mondiali di Raikkonen e Prost. E poi la premiazione per i giornalisti che hanno fatto più GP. L'italiano Giorgio Piola e lo svizzero Roger Benoit vengono insigniti di una grossa medaglia d'argento da parte di Chase Carey a ricordo dell'evento. Sono 813 i GP di Piola e oltre 780 quelli di Benoit. Noi, coi nostri 441, siamo dei dilettanti al confronto e per raggiungerli dovremmo essere in pista per altri 20 anni circa. Escluso. Anche perché i due hanno intenzione di restare a lungo e quindi la partita è persa in partenza.
Altro momento importante è la presentazione del poster ufficiale del 1000 GP coi nomi di tutti i vincitori di una gara. Sono 107 ed è un peccato che domenica in Bahrain Leclerc non abbia potuto essere il numero 108 di questa lista unica. Si sente un rombo e dopo un giro di pista fa capolino nel box la Lotus 49 di Graham Hill guidata dal figlio Damon che fa da testimonial ufficiale al lancio del poster. Momento di commozione, specie nel vedere come guidavano una volta: telaio che fasciava il pilota, spazio per appoggiare i gomiti, benzina tutto intorno e se andavi a sbattere, la carrozzeria era il pilota. Che però prendeva fuoco nel frattempo. Da brividi al pensiero che si correva in quelle condizioni.
Dopo una breve pausa pranzo, in sala stampa hanno allestito un catering, le prove dicono che Bottas è il più veloce della giornata, ma la Ferrari e Vettel sono lì a un passo. Sarà battaglia e per la gara numero 1000 è una bella cosa. Intanto è partita la caccia alla spilletta celebrativa dei 1000 GP. I team le hanno tutte a disposizione, qualche giornalista l'ha ricevuta in omaggio. Scatta la caccia alla spilletta, al momento nessuna novità, ma entro domenica si spera di portarla a casa. Nel frattempo qualcuno lascia la sala stampa e prende il metrò per tornare in centro. Impiegherà un'ora e mezza, se non sbaglia la linea, infatti ci sono due treni da prendere e una porta a una diramazione. Il problema è che la scritta sul treno è in cinese e quindi il rischio di sbagliare è grosso. La sera di giovedì un paio di giornalisti italiani, decisi a cenare al Bund, hanno scoperto che la metro chiude alle 11 e i taxi non si fermano per strada. Quel paio che si erano fermati non sapevano dove andare, non conoscevano l'albergo. Momenti di panico risolti all'italiana. Raggiunto il primo hotel di livello, hanno chiesto alla reception un taxi dando indicazioni precise su dove farsi portare. Obiettivo raggiunto, ma il panico scorre sottile nelle schiene di chi deve muoversi dal circuito: infatti da qua non ci sono taxi... Alla prossima puntata!