Elio De Angelis, 34 anni dopo: il racconto del fratello Roberto. Prima puntata

Elio De Angelis, 34 anni dopo: il racconto del fratello Roberto. Prima puntata
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Il 15 maggio del 1986 moriva Elio De Angelis, grande promessa dell'automobilismo italiano. Il ricordo del fratello Roberto in questa intervista esclusiva
14 maggio 2020

Elio De Angelis. Io non credo che fosse uno di noi. Una persona normale, intendo. Elio De Angelis ha rappresentato, e rappresenta ancor più oggi, una eccezione. Una meravigliosa eccezione in un mondo in cui lui non c’entrava assolutamente nulla. Già allora troppo sinistramente lugubre, malvagio, dominato dagli egoismi e dalle arroganze. Dalle prevaricazioni e dalla cupidigia. Oggi il disagio di farne parte è, se possibile, ancora più sentito, ancora più acuto. Mi sento davvero più vicino a Elio De Angelis. Anche se avverto nitida la consapevolezza di non poterlo nemmeno avvicinare in termini di rettitudine morale, di trasparenza dell’anima, di integrità. 

Le ho avvertite distintamente e inequivocabilmente, le qualità umane di Elio De Angelis proprio nei giorni scorsi, in cui ho avuto il privilegio di chiacchierare con il fratello, Roberto De Angelis. Stessa parlata, uguali nei principi, limpidi nei valori. Abbiamo parlato di Elio e del tempo che fu. Non senza commozione, da parte mia. Perché Elio mi manca, ci manca. Soprattutto mancano, a questo mondo, quelli come lui.

Partiamo dall'inizio. Elio De Angelis nasce nel '58. Com’era Elio da bambino?

Roberto De Angelis: «Elio è sempre stato appassionato di macchine da quando era piccolo, una passione un po' trasmessa da nostro padre, che fu un campione di motonautica. Campione Motonautica perché mio nonno non gli permetteva di correre in macchina, per questioni di pericolosità. Anche se, in realtà, ha dimostrato di essere più forte e sull’acqua, ha vinto diversi campionati del mondo e diversi campionati d’Europa sulle barche da circuito, sui famosi tre punti. Questa passione dei motori mio padre l'ha trasmessa in famiglia, soprattutto a mio fratello Elio, prima ancora che agli altri fratelli. Perché poi anche noi abbiamo corso, sia io che mio fratello più piccolo Andrea, correvamo tutti e tre in go kart, all'epoca della pattuglia Azzurra, dove c’erano Patrese, Eddie Cheever, Beppe Gabbiani, Piero Necchi, De Cesaris, i due fratelli Fabi. Era il periodo premonitore dei famosi 14 piloti italiani allo stesso momento in Formula 1. Fatto che non si è mai piu’ ripetuto».

«Il go-kart in quegli anni è stata una fucina di piloti non indifferente. Quando Elio ha smesso di correre in Kart, mio padre gli fornì una macchina di Formula 3 e lui cominciò a corrervi con la Chevron B38, vincendo il campionato italiano,  pur partecipando anche a gare del campionato europeo, che fu vinto da Jan Lammers quell’anno, mentre l’anno precedente fu vinto da Patrese. Elio vinse il campionato italiano in un modo rocambolesco, fu incredibile, io non ho mai visto una corsa del genere! A Magione, lui parti nell'ultima gara del campionato italiano e se la giocava con Ghinzani. Elio, per vincere il campionato, doveva stare davanti a Ghinzani. Vinse la prima batteria, ma nella seconda batteria ruppe il cambio, e non si qualificò per la finale. Entrò in finale, partendo ultimo, solo perché l'ultimo avente diritto, un certo Nicolini, per altruismo, siccome sapeva che, se Elio non avesse partecipato, avrebbe matematicamente perso il campionato italiano. Il pilota Nicolini fu così gentile di togliere la sua macchina dell’ultima posizione dello schieramento e far partire invece, come ultimo, proprio Elio che era la prima macchina fuori dalla griglia. Partì, dunque, ultimo. E, a Magione, che era un circuito piccolo, stretto, era quasi un circuito di go-kart da 2 km e mezzo, qualcosa del genere, Elio, pur partendo ultimo, arrivò clamorosamente primo, superando, a 2 giri dalla fine, proprio Ghinzani!».

Elio De Angelis nel 1976. Foto: Lynn Thompson
Elio De Angelis nel 1976. Foto: Lynn Thompson
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Con il quale mi risulta che fossero comunque in buoni rapporti…

«Ottimi rapporti! Ghinzani è sempre stato una persona molto carina, ottimo pilota. che purtroppo non ha quasi mai avuto una macchina alla sua altezza, come tanti altri piloti. Un altro fortissimo era, ed è, Beppe Gabbiani, che era molto amico di Elio, e anche mio, perché correvamo insieme ai tempi del kart. E lui infatti, in Formula 3 ha dimostrato di essere uno forte. In Formula 3, dove si hanno macchine più o meno simili, dipende dalla capacità del pilota di metterla a punto più o meno bene. E li si capiva bene chi erano i più forti: c'era Beppe che andava fortissimo, c'era mio fratello, a livello internazionale c'erano Nelson Piquet, Keke Rosberg, c’era Alain Prost. Erano loro che, nella formula minore, la Formula 3, mostravano a tutti come si guidava la macchina».

Ma come mai, ad un certo punto, Roberto De Angelis e Andrea De Angelis non hanno continuato ed Elio si?

«Perché in famiglia mio padre fece un discorso, al compimento del diciottesimo anno di mio fratello, che in macchina doveva correre uno solo. Dovevamo metterci d'accordo solo su chi fosse. Mio fratello Andrea, più piccolo di 3 anni, era davvero troppo giovane, quindi la questione poteva essere tra me e mio fratello Elio. Ma io riconobbi sicuramente una maggiore passione in lui, le corse erano proprio la sua vita, da quando era piccolo il suo obiettivo era sempre stato quello di correre in macchina, di diventare pilota di Formula 1. Lui disegnava tutti i giorni macchine, quando stava a scuola. Invece di ascoltare le lezioni del professore. disegnava macchine Formula 1, le Sport… La parete della camera da letto era tutta piena di disegni, di ritagli di riviste di macchine da corsa, la sua era una passione autentica, è sempre stata la sua ragione di vita».

«Io riconobbi sia la sua maggiore passione che il suo maggiore talento e quindi dissi che io avrei finito lì la carriera. “Farò la carriera dell’imprenditore”, dissi. Quindi lasciammo ad Elio la sua passione, la sua grandissima, incontenibile passione per le macchine da corsa. In Formula 3 vinse dunque il suddetto campionato italiano e passò in Minardi, che gestiva la scuderia Everest con motore Ferrari. Giancarlo lo volle in squadra, tanto che gli fece fare una gara in Formula 2 a Misano già nel 1977, quando Elio correva ancora in Formula 3». 

«La prima gara in Formula 2 di Elio si svolse con il terzo tempo in prova e, in partenza, dopo due curve era già primo, a Misano, dove fece 22 giri su 30 in testa. Poi ebbe un calo di motore, le gomme non lo assistettero più e arrivò ottavo. Continuò l'anno successivo con il Team Everest Minardi col motore Ferrari, ma era una macchina che non era competitiva, salvo a Misano, un circuito po' particolare, perché aveva un lungo rettilineo dove il motore Ferrari 6 cilindri poteva avere qualche cosa in più rispetto ai BMW. Negli altri circuiti, dove non c'erano questi rettilinei, la macchina non stava davvero al passo con le altre. Il motore Ferrari era un vecchio motore 6 cilindri che nasceva, tra l'altro, per le Sport e non era troppo adatto ad una macchina a ruote scoperte, era un motore di vecchia concezione, troppo pesante. Per questo non riuscivano ad andare bene né Elio né Brancatelli, con lui in squadra quell’anno. Riuscivano solo a qualificarsi tra l’ottavo, il decimo, dodicesimo posto. Nel frattempo, però, Elio aveva già instaurato buoni rapporti col commendatore Ferrari, in quanto, andando a provare la Formula 2 a Fiorano, ebbe modo di entrare in contatto con il Commendatore, il quale, vedendolo girare sulla sua pista, naturalmente si accorse del talento di mio fratello».

«Fu così che gli fece provare la Ferrari 312 T3, prove alle quale io sono stato presente, tra l'altro. Mio fratello fece subito vedere chi fosse. La prima volta che si metteva a sedere su una Formula 1 fece un tempo molto vicino al record di Villeneuve, pur avendo una macchina che era il muletto, una macchina di scorta che la Scuderia Ferrari impegnata nel mondiale Formula 1 aveva lasciato a Fiorano. Perché, nel frattempo, la squadra stessa, con Reutemann, era già in America, dove, da lì a qualche giorno, si sarebbe disputato il Gran Premio di Long Beach. C’era allarme, perché Villeneuve soffriva dei famosi orecchioni. Mio fratello Elio, infatti, stava per partire per andare a sostituire proprio Villeneuve! Non partì perché, all’ultimo momento, Villeneuve si reso disponibile e andò lui, come titolare, a disputare il Gran Premio Usa-West». 

De Angelis sulla Chevron B38
De Angelis sulla Chevron B38

«Poi la sorte ha voluto che Elio De Angelis non entrasse nel giro Ferrari perché il Commendatore gli fece una proposta di contratto che mio fratello non accettò. Ferrari pretendeva che lui facesse almeno la prima metà della stagione successiva con la Surtees, che era una scuderia amica della Ferrari, in quanto John Surtees era stato, com’è noto, un pilota Ferrari all’epoca. Però la Surtees era davvero team di secondo piano e mio fratello non voleva partire con una macchina per fare brutte figure. Quindi decise di non accettare questo tipo di accordo».

«In precedenza c'era stato un chiarimento con Enzo Ferrari perché mio fratello, durante la stagione di Formula 2, disse al Commendatore che la macchina non andava, il motore non andava, il motore era troppo pesante, la macchina non era equilibrata e gli disse che lui avrebbe accettato di continuare a fare una stagione così mediocre, senza nessuna speranza di fare qualche buon risultato, sempre che potesse avere qualche rassicurazione o qualche prospettiva di poter correre, magari con la terza macchina, l'anno successivo nella Scuderia Ferrari in Formula 1. Il Commendatore, da vecchio volpone quale era, una persona con un carattere che tutti conosciamo, gli disse: ”De Angelis non le posso promettere nulla. Lei faccia pure le sue scelte!” Mio fratello, a quel punto, fece ancora forse 1-2 gare con quella macchina, dopo di che chiarì le cose con il team Minardi, decidendo così di abbandonare la casa faentina e cercare di accasarsi in una scuderia dove potesse mettere in risalto le sue doti. Congedandosi comunque in ottimi rapporti con Giancarlo».

«In quello stesso anno, Elio vinse il Gran Premio di Montecarlo di Formula 3, che allora era una vetrina formidabile per mettersi in mostra davanti alle scuderie di Formula 1. Già l'anno precedente mio fratello corse la prima volta a Montecarlo, arrivando secondo dietro a Pironi. Arrivò secondo solo perché ruppe il cambio, ruppe la prima marcia, quindi, come marcia più bassa, aveva soltanto la seconda. Nonostante questo, Elio addirittura stava raggiungendo Pironi, gli stava prendendo un secondo al giro, ma ad un certo punto, non riuscì più a raggiungerlo. L'anno dopo, invece, con una monoposto vecchia, dell’anno precedente, lui corse e vinse il Gran Premio di Montecarlo di Formula 3 e fu notato dal Circus di Formula 1, che seguivamolto attentamente, in quegli anni, quella particolare prova nel Principato». 

«Così Elio fu chiamato da Ken Tyrrell. Lui andò a Londra e firmò  un contratto per correre con la Tyrrell in Formula 1 l'anno successivo. Dopodiché, non si sa per quale motivo, Ken Tyrrell ci ripenso e trovò una scusa, un pretesto per risolvere il contratto, sostenendo che mio fratello non avesse la superlicenza per la Formula 1, cosa non vera. Siccome in Inghilterra non è come in Italia, dove non si tiene conto delle nazionalità, i giudici diedero ragione a Ken Tyrrell, obbligando Elio a pagare addirittura una penale».

Siccome Elio era sicuro dei suoi mezzi, non voleva iniziare la carriera in Formula 1 con una macchina che lo mettesse in cattiva luce

Questo abboccamento con Tyrrell accadde prima del diniego a Ferrari di correre con la Surtees o dopo?

«Dopo».

Dopo il no di Tyrrell, Elio sperava comunque di trovare una macchina competitiva? 

«Siccome Elio era sicuro dei suoi mezzi, non voleva iniziare la carriera in Formula 1 con una macchina che lo mettesse in cattiva luce. Non dico che uno deve avere la pretesa di vincere il campionato del mondo al primo anno, però nemmeno accettare di partire con una macchina che prendeva 4 secondi al giro».

«Cercò una macchina da mezzo schieramento perché lui doveva farsi le ossa. Quindi Elio firmò un contratto con la Shadow. Naturalmente da pilota pagante, perché allora in Formula 1 non è che si entrava perché perché eri carino, eri bello. Anche all’epoca, pochi sono entrati senza sponsor. C’era chi gli sponsor ce li aveva, come i francesi, perché la Elf interveniva, c’era un sostegno proprio dello Stato. Purtroppo Elio non aveva nessuno dietro di sè, se non l'aiuto del padre. Il quale, inizialmente, lo aiutò, per fargli correre la metà dei Gran Premi previsti nella stagione 1979. Dopodiché non più costretto a pagare e quindi finì il campionato di Formula 1 senza dover corrispondere altri soldi. Alla fine lui si liberò dall'impegno con Shadow, con la quale credo però avesse firmato un contratto pluriennale. Si mise d'accordo con il titolare, Don Nichols, pagando una penale per essere libero». 

De Angelis al volante della Shadow DN9 nel 1979
De Angelis al volante della Shadow DN9 nel 1979

Come si sentiva Elio De Angelis, un ragazzo di appena 21 anni, già nel massimo campionato automobilistico mondiale?

«Beh, allora fu uno dei più giovani piloti in assoluto a debuttare in Formula 1. C’era l’entusiasmo di disputare il primo, intero campionato di Formula 1, seppure con una macchina che prendeva, purtroppo, 3 secondi al giro. Ciò nonostante, l'ultima gara del campionato conquistò un clamoroso quarto posto sotto il diluvio universale a Watkins Glen».

Allora fu uno dei più giovani piloti in assoluto a debuttare in Formula 1. C’era l’entusiasmo di disputare il primo, intero campionato di Formula 1, seppure con una macchina che prendeva, purtroppo, 3 secondi al giro. Ciò nonostante, l'ultima gara del campionato conquistò un clamoroso quarto posto sotto il diluvio universale a Watkins Glen

Si fece notare molto. Elio De Angelis, in quel 1979, nonostante una Shadow non competitiva…

«Certamente! Perché comunque con una macchina veramente da ultime file riusciva sempre ad arrivare a fare dei piazzamenti discreti, in rapporto al potenziale di quella macchina».

Con Don Nichols i rapporti erano buoni?

«Ottimi!».

Anche con Jan Lammers, nonostante Elio gli stesse puntualmente davanti?

«Sì, ma comunque i rapporti con il pilota olandese erano buoni. Anche se, ad un certo punto, si capì che fosse un po’ invidioso dei risultati di Elio. Certo, umanamente era comprensibile che lo fosse, anche perché fu lui a portare lo sponsor principale della squadra quell’anno. La Shadow aveva un budget discreto, portato dallo sponsor di Jan Lammers, ma era comunque sempre Elio ad arrivargli davanti».

Jan Lammers era quello che aveva la macchina più appariscente, quella tutta colorata dallo sponsor tabaccaio. Però quella tutta nera di Elio, senza alcuna scritta se non il numero 18,  spesso, anzi praticamente sempre, giungeva davanti a quella dell’olandese…

«È vero. Jan Lammers non si qualificò tre volte quell’anno. Elio solo una».

Successivamente ci fu la chiamata di Colin Chapman. Don Nichols non volle capire che per Elio De Angelis si trattava di una chiamata importante e volle che la penale per la rescissione del contratto con la Shadow fosse pagata interamente, senza sconti.

«Eh, sì. Mio fratello aveva sottoscritto un accordo pluriennale con la Shadow, non ricordo se per due o tre anni e quindi, per potersi liberare da quell'impegno, si mise d'accordo con Don Nichols per rescinderlo. Pagò la penale dovuta a Don Nichols con il primo anno e mezzo di ingaggio percepito dalla Lotus. Successivamente, guadagnando con l’ingaggio Lotus, Elio provvide a restituire tutti i prestiti che gli furono elargiti a suo tempo da mio padre. Con l’inizio del 1984, mio padre fu rimborsato di tutto quanto ebbe prestato a Elio».

Questa sua volontà rimarca una volta di più la la personalità e la correttezza di un campione che è stato un esempio anche come uomo. Una persona, come scrivevo all’inizio, di quelle che già allora scarseggiavano, ma oggi quasi non esistono più. Sono sicuro che, fossimo un po’ più uguali ad Elio De Angelis, il mondo potrebbe avere davvero una prospettiva rosea, fatta di sorrisi, di altruismo, di unità. 

Il grande Colin Chapman, insomma, riconobbe il talento del pilota, ma soprattutto l’integrità della persona. E lo ingaggiò nel suo prestigiosissimo Team Lotus di Formula 1. Ma questo, Roberto De Angelis ce lo racconterà nella prossima puntata…

Beppe Magni

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