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Ayrton Senna? E chi se ne frega. Il dopo corsa del GP del Giappone a Suzuka, quel 24 ottobre 1993, è di quelli particolarmente caldi. Il pilota brasiliano ha vinto il Gran Premio davanti ad Alain Prost, ma appena torna ai box va come una furia verso il garage della Jordan dove l’esordiente Eddie Irvine sta bevendo una birra.
Al debutto in F.1 il giovane irlandese ha ottenuto un brillante sesto posto, ma durante la gara è successo qualcosa che ha fatto infuriare Senna: “Eri doppiato, dovevi spostarti quando sono arrivato dietro di te, con la pioggia e la pista scivolosa potevi creare un incidente inutile” dice Ayrton a Irvine, che non smette di bere birra. Dopo averlo strattonato, Eddie finalmente reagisce e, con calma freddezza, replica al brasiliano: “Se eri così veloce potevi anche passare, chi te lo impediva?” al che parte il cazzotto di Senna e si scatena la rissa. Con questo biglietto da visita Irvine si fa subito conoscere in tutto il mondo, ma non avrebbe mai immaginato che un’altra Suzuka, sei anni dopo, sarà ancora decisiva nella sua carriera, seppure in maniera e modi diversi.
Come tanti altri piloti europei che non trovavano un volante in Europa, dopo aver corso in F.3000, anche Irvine prese la strada del Giappone, quale emigrante di lusso nella serie nazionale di F.3000. Con uno stipendio garantito e la possibilità di emergere, Irvine restò in attesa della grande occasione, che gli fu consegnata da Eddie Jordan alla vigilia della corsa di Suzuka proprio quella fine di ottobre 1993. In quella stagione la monoposto del team irlandese sembra quasi una sorta di autonoleggio della F.1. Oltre a Irvine, infatti, sulla seconda vettura si erano alternati Ivan Capelli, Thierry Boutsen, Marco Apicella e Emanuele Naspetti. Tutti per poche gare, o solo per pochi chilometri di corsa. Si pagava il noleggio e si girava. Come alle giostre: venghino siori, venghino, altro giro, altra corsa. Solo Rubens Barrichello restò al volante della sua auto per tutta la stagione. In quella Suzuka di fine 93 Irvine gettò le basi per la sua carriera in F.1. Lì cominciò il cammino che lo portò tre anni dopo alla Ferrari.
L'esordio in F.1 con la Jordan
Irvine rimase con la Jordan fino alla fine del 1995, quando, a sorpresa, arrivò, la chiamata da Maranello. La decisione finale per il giovane irlandese maturò dopo il podio nel GP del Canada 95, gara vinta da Jean Alesi, l’unica della carriera del francese. I tre anni al volante della Jordan avevano mostrato qualcosa di buono: a Maranello avevano deciso di prendere Michael Schumacher, ma al suo fianco volevano schierare un pilota giovane, senza tante pretese, ma anche uno veloce e un po’ guascone. Alla Jordan, Irvine era uno dei piloti del Marlboro Racing Team e il suo nome finì nella lista dei papabili alla Ferrari. L’altro pilota era Rubens Barrichello, ma a Maranello lo consideravano troppo fragile rispetto al carattere di Irvine per una squadra che doveva essere costruita tutta attorno a Michael Schumacher. Salendo su quel podio a Montreal, Irvine era certo di essersi garantito un posto in F.1. Ma non con la Ferrari, bensì con la Arrows di Tom Walkinshaw che durante i festeggiamenti nei box fece arrivare una proposta a Irvine. Ormai sembrava cosa fatta, l’accordo con l’Arrows quasi firmato quando a Estoril, settembre del 1995, Jean Todt fa una proposta a Irvine. Eddie Jordan, che aveva in mano il cartellino di Irvine, blocca subito la trattativa con Walkinshaw e tira sul prezzo.
L’altro pilota era Rubens Barrichello, ma a Maranello lo consideravano troppo fragile rispetto al carattere di Irvine per una squadra che doveva essere costruita tutta attorno a Michael Schumacher
I giorni seguenti sono frenetici. Un conto è andare a correre con l’Arrows, un altro è andare alla Ferrari con un contratto pluriennale con una base di ingaggio di 3 milioni di dollari all’anno, per arrivare ai 5 dell’ultima stagione del 1999. Nella trattativa Jordan sente odore di affare e dopo un incontro con i vertici della Ferrari, nello studio dell’avvocato Henry Peter, legale rappresentante della rossa a Lugano, si conclude la l’accordo: Irvine firma un contratto pluriennale, Jordan percepisce 4,5 milioni di dollari per riscattare il cartellino con Irvine e pagare la penale a Walkinshaw, che si “consola” coi dollari di Ricardo Rosset messo al fianco di Jos Verstappen. Quel giorno sul lago di Lugano, Jordan è talmente felice che al telefono, col procuratore italiano di Irvine, dice chiaramente che sta dando da mangiare alle papere, nel senso che sta contando i soldi presi per l’affare! Per Eddie Irvine comincia la grande avventura in rosso.
L'avventura in rosso
La formazione Ferrari del 1996 viene presentata a Maranello e se in pochi hanno da ridire su Michael Schumacher, in tanti hanno da contestare l’arrivo di Eddie Irvine che, nell’opinione pubblica, ha soffiato il posto a Nicola Larini, collaudatore della Ferrari e papabile seconda guida. Ma gli accordi con Schumacher sono chiari: priorità assoluta, possibilità di deliberare le novità tecniche che Irvine può provare ma non decidere in merito all’utilizzo. Priorità sul muletto, sulle strategie e decisioni tecniche. E nessun pilota italiano a distogliere l’attenzione dalle scelte tattiche e decisionistiche di Schumacher. In questo Irvine è perfetto, anche se gli inizi sono particolarmente duri.
In Australia, 10 marzo del 1996, Schumacher si ritira nella corsa al debutto con la Ferrari, ma Irvine arriva terzo e sale sul podio a fianco del vincitore Hill e del debuttante Villeneuve con le due Williams. In Argentina ci fu un quinto posto, poi un quarto a Imola dopo di che cominciò la serie più nera che Irvine ricordi. Otto ritiri di fila a causa sempre dello stesso problema: il cambio che manda in tilt il motore. Qualcuno a Maranello comincia col dubitare della scelta e cerca una soluzione per scindere il contratto, ma in Portogallo arriva ancora un quinto posto che porta il totale dei punti a 11 contro i 59 di Schumacher. A un certo punto a Maranello scoprono che il pulsante del limitatore di giri interagisce con il cambio elettronico e manda in crisi la centralina. Un banale contatto elettrico che assolve le qualità di pilotaggio di Eddie e mette la Ferrari nella situazione di doversi scusare col proprio pilota che, per inciso, nei primi tre mesi con la rossa non ha mai percorso un metro di pista: “Sono il pilota più pagato al mondo per andare a pescare” disse una volta Eddie.
Da "inutile" a punto di riferimento
Archiviata la stagione 96, la Ferrari nel 97 lotta per la prima volta, dopo anni, per il titolo mondiale e anche Irvine si mostra all’altezza, ottenendo una serie di podii nelle prime gare: secondo in Argentina, terzo a Imola e terzo a Montecarlo, un altro terzo posto in Francia per finire ancora sul podio in Giappone a fine anno, anche se il quinto posto di Jerez nella gara del fattaccio fra Schumacher e Villeneuve non serve alla Ferrari né per il mondiale piloti, tantomeno per quello costruttori. Ma in questa fase Eddie si dimostra un’ottima spalla, anche perché Schumacher comincia con lo scoprire che le scelte tecniche sulle gomme vengono caldeggiate dagli uomini della Goodyear, che apprezzano la sensibilità di Irvine nei collaudi. Il 98 è un anno in crescita, con otto podii, appena tre ritiri, due ottavi posti e due quarti come peggior risultato. La Ferrari manca il titolo mondiale a Suzuka e il secondo posto di Eddie dietro ad Hakkinen non serve ancora una volta alla causa. Ma il trend è in crescita e l’inutile Eddie, come veniva chiamato nel 1996, sta dimostrandosi sempre più punto di riferimento fino ad arrivare alla stagione 1999.
Alla domanda: vincerai il titolo? La risposta è: “Solo se Schumacher si rompe una gamba”. Era una battuta, ma quattro mesi dopo si rivelerà una profeziao
L’apertura è col botto, perché Irvine vince la corsa a Melbourne, Schumacher è ottavo, fuori dai punti. È l’ultima stagione di Eddie con la Ferrari e per la prima volta l’irlandese si trova in testa alla classifica iridata. Lui sorride e alla domanda: vincerai il titolo? La risposta è: “Solo se Schumacher si rompe una gamba”. Era una battuta, ma quattro mesi dopo si rivelerà una profezia: accade tutto a Silverstone. È l’11 luglio 1999, la Ferrari ha deciso il sostituto di Irvine per la stagione seguente. Sarà Rubens Barrichello, che due settimane prima, in Francia, con la modesta Stewart ha dato filo da torcere a Schumacher. Irvine non sa niente ufficialmente, ma radio box lo ha già avvisato, anche perché la Stewart dal 2000 diventerà Jaguar ed è proprio il boss della scuderia britannica a rivelare tutto a Irvine. Parte la gara, Eddie si sente per la prima volta libero da impegni con la Ferrari e con Schumacher. Alla curva Stowe invece che farsi da parte per far passare il tedesco, tiene giù il piede, costringendo Michael a una staccata all’ultimo metro. Ma accade il fattaccio. Un meccanico non ha completato bene lo spurgo dei freni e alla violenta pressione del pedale, cede il bulloncino di spurgo. Schumacher finisce dritto contro le barriere e si rompe una gamba. Resterà fuori uso per tre mesi e la Ferrari, per la corsa al titolo mondiale, deve puntare tutto su Irvine.
Senza Schumacher è l'occasione di Irvine
Lunedì 12 luglio è una giornata pesante. Il presidente della Ferrari, Luca di Montezemolo, con Jean Todt convoca Eddie Irvine e il manager Enrico Zanarini negli uffici di presidenza della Fiera di Bologna. Qui Jean Todt comunica a Irvine di aver firmato con Barrichello, ma la Ferrari non farà alcun annuncio fino a quando Eddie non avrà trovato una sistemazione. Irvine sta trattando con la Jaguar ma sta tirando sull’ingaggio e sulla durata del contratto quando in Austria arriva la seconda vittoria della stagione. Con un margine risicato Eddie batte la McLaren di Coulthard e si sente lanciato verso il titolo iridato. A Hockenheim arriva il regalo di Mika Salo e la terza vittoria dell’anno. Si arriva a Monza, con Eddie che ha già firmato con la Jaguar un contratto di tre anni e 10 milioni di dollari di ingaggio. La Ferrari può fare l’annuncio di Barrichello, ma in Malesia torna Michael Schumacher a dare manforte a Irvine, fino a cedergli la vittoria a fine gara. Ma qui accade il fattaccio dei deviatori di flusso, ritenuti dapprima irregolari e poi riammessi dal tribunale d’appello della FIA. Il punto saliente è un altro: Hakkinen salva la situazione col terzo posto dietro alle due Ferrari. Si arriva a Suzuka.
Suzuka 1999 e il titolo mondiale sfumato
La rossa è nel mirino dei commissari e alcuni particolari tecnici (il famoso fondo flessibile che flette e garantisce miglior aderenza in curva, altro che i deviatori della Malesia..), ritenuti potenzialmente a rischio squalifica, non vengono montati sulla macchina di Eddie, che in corsa è costretto alla resa. Hakkinen vince davanti a Michael Schumacher. Il terzo posto di Irvine vale il mondiale costruttori per la Ferrari, ma mancano due punti per il titolo piloti. Sei anni dopo, Suzuka si rivela ancora determinante nella carriera di Eddie Irvine. All’epoca era una McLaren con Ayrton Senna al volante, stavolta è una McLaren con Mika Hakkinen a togliergli il titolo iridato. A distanza di anni, ancora oggi Eddie Irvine si chiede una cosa: se i particolari che non furono montati sulla sua monoposto lo furono invece su quella di Schumacher. A distanza di anni Eddie aspetta ancora una risposta da Ross Brawn.
La storia non cambierà il suo corso, ma quel tarlo continua a rodere nella mente di Eddie l’inutile, il gregario che stava per vincere il mondiale da protagonista e che a Maranello ha lasciato più ricordi di quanto si potesse pensare. Infatti la sua figura e il suo stile sono stati apprezzati maggiormente dopo aver lasciato la Ferrari. Donnaiolo impenitente, coinvolto a Milano in una rissa col figlio di Moratti, l’ex sindaco di Milano, donne birre e cazzotti, una faccia da schiaffi, ma una mente eccelsa nel fare affari, vedi compagnia di taxi in Irlanda e noleggio barche per pesca d’altura a Miami. Un guascone, uno veloce che si è fatto scivolare addosso la pressione di dover fare il valletto a Schumacher, nell’aver creduto fino in fondo a un titolo mondiale con la Ferrari che la Ferrari per prima non voleva: spendere 50 miliardi per Schumacher e dopo cinque anni vincere il titolo con “l’inutile” Eddie da 4 milioni di dollari, meno di un decimo del più celebrato tedesco? Ci sono cose nella storia della F.1 che non si sapranno mai, che si intuiranno e faranno discutere, ma la certezza non ci sarà mai. Come quel tarlo nella mente di Eddie Irvine a Suzuka 1999: ma il fondo flessibile a me non l’hanno montato e a Michael sì? Perché? Ross Brawn gira la testa e non risponde. Un altro mistero nella carriera misteriosa di un ragazzo irlandese con la faccia da schiaffi.