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Non è Max Verstappen il vero sconfitto del Gran Premio del Bahrain, bensì la Formula 1 stessa. Per capire perché, bisogna ripercorrere la querelle dei track limits in curva 4. Tutto è nato dall'episodio che di fatto ha deciso la gara di ieri. Nelle fasi finali, proprio in curva 4, Verstappen è riuscito a passare Lewis Hamilton, ma ha dovuto restituire la posizione, perché ha perfezionato la manovra oltrepassando i limiti della pista. Verstappen ha, con scarsa lungimiranza, ceduto il passo ad Hamilton in una zona in cui ha dovuto per forza uscire di traiettoria, andando a sporcare le gomme, e, di conseguenza, vanificando l'opportunità di sorpassare nuovamente Lewis. E fin qui non c'è nulla di strano, perché la traiettoria impostata da Max per passare Hamilton di fatto implicava il mancato rispetto dei limiti della pista.
Ma ciò che ha generato grandissima confusione - e non solo per gli spettatori - è la gestione della questione dei limiti della pista da parte della direzione gara al di là dei casi relativi ai sorpassi. Di fatto, Michael Masi e soci hanno deciso di lavarsi le mani del track limit in curva 4 durante la corsa, diramando una direttiva prima del GP in cui si specificava che, a differenza di quanto accaduto in qualifica, non sarebbe stata monitorata l'incidenza sul tempo del giro del comportamento in quella curva, lasciando come limite l'erba e la ghiaia, posizionate ben più indietro. Per il resto, si rimandava all'articolo 27.3 del regolamento sportivo, in cui si ricorda che i piloti non possono lasciare la pista se non per motivi giustificabili e che è necessario riguadagnare la pista senza un "vantaggio duraturo".
Il problema è che queste frasi vogliono dire tutto o niente, nei casi che non siano plateali come quelli di un sorpasso perfezionato non rispettando i limiti del tracciato. E, nel lasciare quest'area grigia al caso, la direzione di gara non ha considerato - o, quantomeno, ha sottovalutato - il guadagno che poteva essere ottenuto non rispettando ripetutamente i track limits in gara in condizioni normali, e non in fase di sorpasso. Se si lascia questa porta aperta, è inevitabile che le volpi di turno - in questo caso Hamilton - ne approfittino a piene mani, come è successo ieri. Lewis - lo conferma un video condiviso su Reddit - ha oltrepassato i limiti per 29 volte nel corso della gara, ed è innegabile che questo costituisca un vantaggio.
Se viene lasciato libero sfogo ai piloti, ancorandosi su frasi nebulose del regolamento sportivo, il risultato è un pasticciaccio brutto degno di via Merulana. E la direzione gara ha confuso ancora di più nel momento in cui, a metà gara, ha rifilato un avvertimento ad Hamilton per quello che stava facendo, dopo una segnalazione della Red Bull, che chiedeva spiegazioni sul comportamento di Lewis. Il team di Milton Keynes è sceso dal proverbiale pero, dimostrando di non aver recepito le direttive della direzione gara. A differenza del resto della ciurma, verrebbe da dire, visto che Leclerc e Norris hanno dichiarato, ex post, di essere perfettamente consapevoli della cosa. E la direzione gara, forse rendendosi conto a giochi fatti delle possibili conseguenze di quello che avevano stabilito, ha fatto dietro front.
Così facendo, il papocchio è stato servito su un piatto d'argento. Il sorpasso di Verstappen ai danni di Hamilton c'entra poco, se non per la posizione in cui è stato perfezionato. Il vero problema è che la direzione gara, da un po' di tempo a questa parte, sta pasticciando vistosamente sui track limits, cambiando spesso le decisioni in corsa durante il weekend. Ne consegue una difficile lettura di quello che succede in pista, che inevitabilmente infastidisce i più attenti e scoraggia il tifoso occasionale. Che non capisce - e come dargli torto - perché una cosa valga solo fino a un certo punto. A vedere questi disastri, viene una grande nostalgia della ghiaia e dell'erba. Perché sono ostacoli tangibili.
Se ci fosse qualcosa di concreto a delimitare il consentito - fosse anche un sensore, come in MotoGP - non si creerebbero queste situazioni paradossali. La Formula 1 esce sconfitta dal weekend di gara in Bahrain perché, al posto di parlare delle lotte fantastiche viste in pista ieri, si discute solo di questioni di lana caprina. Avremmo dovuto lodare la perfetta imperfezione di Hamilton e Verstappen, piloti dal talento indiscusso, che finalmente hanno la possibilità di regalare spettacolo vero, osando, stupendo, e, perché no, sbagliando. E invece siamo qui a interrogarci su dubbi che non dovrebbero sussistere. E in questo contesto, si sente la mancanza di Charlie Whiting, molto di più di un direttore di gara. La sua autorevolezza e la sua intelligenza intuitiva mancano come l'aria alla F1. Se n'è andato improvvisamente, senza poter perfezionare la successione che avrebbe voluto. E si vede.