Buon compleanno Formula 1: il Circus festeggia i suoi 70 anni [Video]

Pubblicità
Il 13 maggio del 1950 a Silverstone aveva luogo il primo Gran Premio della storia della Formula 1. Il nostro inviato Paolo Ciccarone ripercorre i primi 70 anni del Circus
13 maggio 2020

La data era cerchiata di rosso sul calendario: 13 maggio, compleanno della F.1. Invece i 70 anni della categoria regina, in questo strano 2020, restano solo un ricordo di cosa avrebbe potuto essere quel giorno e invece non è stato. Il mondiale F.1 era partito con le migliori intenzioni celebrative. Dopo il GP numero 1000 siglato in Cina l'anno scorso, in questa stagione il numero 70 avrebbe dato un senso maggiore a un campionato che, durante l'anno, avrebbe visto anche la gara numero 1000 della Ferrari. Una festa nella festa, una lotta nella lotta per un mondiale che ancora non parte e che rimane al palo.

Naviga su Automoto.it senza pubblicità
1 euro al mese

E pensare che quel 13 maggio 1950 a Silverstone il mondiale era ancora una cosa per pochi. Infatti, la federazione decise di raggruppare in un vero e proprio campionato una serie di gare sparse per il continente. A quel tempo in calendario c'erano 24 Gran Premi e la federazione ne scelse 6, più Indianapolis come ponte di unione fra l'Europa e gli USA che avevano regolamenti diversi. L'aggancio di norme non avvenne mai, e Indianapolis, dopo una breve presenza nel mondiale dal 2000 al 2006, non si corse più. Il mondiale nacque sotto il segno dell'Alfa Romeo di Nino Farina, che poi vinse anche il titolo iridato. I primi anni della categoria furono sotto il segno del tricolore. Non solo Alfa Romeo, ma anche Maserati, Ferrari, Lancia.

Gli inglesi come una succursale e i francesi da spettatori. Solo anni dopo arrivò la Mercedes, e segnò in maniera profonda un campionato che fino a quel momento aveva visto i costruttori italiani prevalere. Gli anni 50 come fucina di storie epiche, di tragedie uniche (dalla Mille Miglia alla 24 ore di Le Mans) con una generazione di piloti Ferrari decimata in pochi mesi. Gli anni 60, la rivoluzione britannica. Il motore spostato dietro, invece che davanti, con la famosa frase di Enzo Ferrari: "Non ho mai visto i buoi spingere un carro", salvo poi doversi adeguare alle nuove mode e cominciare a inseguire gli inglesi. Coi francesi sempre a guardare, anche se qualcuno cominciava ad affacciarsi nel mondo dei GP, anche se con nomi italiani pronunciati alla francese.

E poi le nazioni. Era un mondiale dove gli sponsor, all'epoca, erano rari e quei pochi che comparivano, non dovevano prevalere sulle macchine. Che erano nei colori nazionali. Qualcuno alla federazione aveva deciso quali per ogni nazione. All'Italia toccò il rosso, agli inglesi il verde, ai francesi il blu, ai tedeschi il bianco, anche se questo colore fu sostituito dal grigio metallizzato. Infatti, fu una necessità ante guerra dei tedeschi. Togliere la vernice bianca, lasciando solo la lamiera argentea, per alleggerire le macchine e vincere contro un Nuvolari bestia nera dei tedeschi, anche con vetture meno potenti ma più agili. Da allora i colori nazionali sono rimasti solo per la Ferrari, che imperterrita ha continuato col rosso, in diverse sfumature. Dal mattone all'ocra, dal fluorescente al pallido recente. Ma sempre e solo rigorosamente rosso Italia.

Poi la F.1 fece l'altra grande rivoluzione. L'arrivo degli sponsor a fine anni 60 che aiutarono i garagisti, come li chiamava Enzo Ferrari, per correre nel mondiale. Un motore per tutti, pinze freni uguali, radiatori di serie, cambio Hewland o Girling. Il meccano della F.1 che consentiva a geniali costruttori di inventarsi una macchina e scendere in pista. Grazie ai soldi degli sponsor. Tendenza che negli anni 70 esplose grazie anche alle riprese in diretta TV, con vittorie epiche, drammi enormi, tensione e storie da raccontare. E le gare cominciarono a diventare un business, i GP da 6 salirono a 10, poi 12, 14, 16... Un mondiale fatto di tanti avvenimenti. Da Case costruttrici come Renault che avevano individuato la F.1 come veicolo pubblicitario per nuove sfide.

Fra cavi elettrici, batterie, centraline, computer e sistemi di controllo, c'è più tecnologia in pista di quella usata dalla NASA nel 1969 per mandare l'uomo sulla Luna

Quella dell'era turbo dalla fine anni 70, guarda caso partita ancora a Silverstone nel 1977, e proseguita per tutti gli anni 80. Fino al ritorno dei motori aspirati. E poi la sicurezza, il dramma Senna nel 1994 e la rivoluzione di circuiti, macchine e regolamenti. Per arrivare alle sfide di oggi. Ovvero motori ibridi, bassi consumi, tanta potenza. E pensare che nel 1983 il quattro cilindri BMW poteva erogare 1460 cavalli. Oggi siamo attorno ai 1000 ma fra cavi elettrici, batterie, centraline, computer e sistemi di controllo, c'è più tecnologia in pista di quella usata dalla NASA nel 1969 per mandare l'uomo sulla Luna. Ecco, il 13 maggio 2020 si sarebbe celebrato tutto questo. E altro ancora. In attesa che tornino i motori rombanti e non solo parlanti del passato, il buon compleanno F.1 vale molto di più adesso di quanto si potesse pensare quel 13 maggio di 70 anni fa.

Pubblicità