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Bruno Giacomelli ha un posto importante nella storia di Alfa Romeo, ha fatto muovere i primi passi alla monoposto del ritorno in F.1, ha disputato tre stagioni sfiorando la vittoria e ha tanta amarezza pensando a cosa avrebbe potuto essere quell'accoppiata coi mezzi giusti e invece oggi si vive di ricordi e rimpianti... Adesso Bruno guarda il passato e a volte si chiede: ma come facevo a pilotare questi mezzi?
"Me lo sono chiesto spesso, ma è avvenuto tutto per gradi, per cui non me ne sono neanche accorto ieri. Lo capisco oggi se guardo da vicino queste vetture..."
Una volta la F.1 era molto più pesante, più fisica da guidare, quasi pesante...
"Non mi pare, era più difficile secondo me perché il pilota si doveva organizzare in tutto e per tutto. Oggi è un campionato mondiale costruttori. Sono i costruttori a fare le differenze in pista, non i piloti. Le auto allora erano più difficili da guidare, avevamo il cambio manuale, nessun controllo di trazione. Un dato di fatto questo. Cambiare le marce era un'arte, non dovevi sbagliare, dovevi essere preciso al limite del fuori giri e per questo potevano esserci grandi differenze fra un pilota e l'altro. Era una F.1 completamente diversa: quella di oggi è caotica, incomprensibile per il grosso pubblico e faccio fatico a guardarla".
Gli schieramenti di oggi però sono più compatti, tante auto in pochi decimi, quindi è più difficile davvero...
"Non vuol dire niente: un decimo al giro e in 10 giri è già un secondo di distacco, dopo 20 giri sono 2 e via così. Un decimo in F.1 sono tanti metri. A 250 orari in un secondo fai 70 metri circa, è una eternità. Si lavora coi millesimi, i centesimi. Mi fanno ridere quando dicono che è rimasto fuori per un centesimo, sì però quel centesimo dovevi averlo in meno. Guardi poi il distacco in pista e scopri che sei metri e metri lontano. A 300 all'ora percorri qualcosa come 80 metri in un secondo, starsene dietro di tre secondi vuol dire che quello davanti ha 300 metri di vantaggio e non lo prendi più. Noi dormivamo col cronometro sotto al cuscino, la nostra giornata era scandita dal cronometro, dal tempo sul giro, è difficile da spiegare per chi non ha la frenesia del cronometro".
In F2 hai segnato il record di vittorie, in F.1 ci sei andato vicino ma non hai mai vinto. Forse negli USA a Watkins Glen senza quel problema banale, avresti vinto e sarebbe cambiato qualcosa...
"Intanto non era un problema banale perché era già accaduto e non si era posto rimedio. Non era la prima e nemmeno la seconda volta. Lo avremmo risolto, ma non ci hanno dato il tempo. Se escludiamo gli anni 83, 84 e 85, in realtà la presenza vera Alfa Romeo era dal 1980 all'82. In quei tre anni i regolamenti sono cambiati totalmente dalla A alla Z. Tutti mi dicono che valeva per tutti, vero: ma Alfa Romeo mancava dalla F.1 da 30 anni e i cambi di regolamento ci hanno devastato. A fine stagione eravamo riusciti a risalire la china, poi cambiava tutto. Un programma di tre anni in cui ogni anno dovevi ricominciare da capo: assurdo. Purtroppo l'Alfa Romeo era una azienda statale e si è purtroppo visto. Se avessimo vinto lì negli USA sarebbe cambiato tutto, non solo per me ma anche per Alfa Romeo. Dopo quella gara firmai un contratto di due anni per restare con l'Alfa Romeo, quando avevo avuto la possibilità di andare alla Williams. Non ho un rammarico in questo senso, anche se la Williams lottava per vincere i mondiali. E' una storia lunga che racconterò prima o poi. Ma le condizioni offerte da Alfa Romeo per me erano migliori e accettai di restare. Prima di Watkins Glen avevo provato l'arma totale per la stagione 1981. A Balocco, in pochi giri, avevo già demolito il record della pista. Ma quella vettura non l'abbiamo mai usata. A fine 1980 la Goodyear si ritirò dalle corse, le minigonne vennero abolite. Ricominciammo tutto da capo nel 1981. Macchina e gomme nuove. Gli inglesi trovarono il modo di aggirare il divieto coi sollevatori, noi come Alfa Romeo, che avevamo uno stile e una reputazione da rispettare, ci siamo adeguati a metà stagione quando gli altri ormai erano in vantaggio. Tornammo davanti, a fine anno cambiarono ancora le regole e nell'82 ricomincia la storia con adeguamenti vari. Un programma di tre anni fatto in quel modo poteva solo fallire, eppure il potenziale era enorme".
Visto che Alfa Romeo forniva i motori alla Brabham di Lauda e Piquet e gestita da Bernie Ecclestone, pensi ci sia stato lo zampino loro nel far mollare il programma F.1 ad Alfa Romeo?
"No affatto, credo anzi che a metterci lo zampino fu la Ferrari. Negli USA io le Ferrari le doppiai, era una macchina che l'anno prima aveva vinto il mondiale. In quella stagione 1980 avevamo fatto dei miglioramenti incredibili. Ci fu anche la perdita di Patrick Depailler, ma ci rimboccammo le maniche e riuscimmo a venire fuori da una situazione difficile dal punto di vista umano e tecnico".
Le norme che vietarono le minigonne erano giustificate dal fatto che alcuni piloti in curva avevano dei black out cognitivi per il carico laterale...
"Non credo proprio, io fisicamente ero a posto e non ho mai avuto perdita di conoscenza o black out eppure la mia macchina andava forte. Posso dire di aver guidato sicuramente, insieme alla Williams del 1980, le auto più performanti di quell'epoca con le minigomme scorrevoli".
Parliamo invece della F.1 di oggi, dei record, di Hamilton, Leclerc e compagnia.
"Se guardo ad Hamilton e alle sue 100 pole position la reputo scandalosa. Io ne ho fatta solo una di pole e quindi rispetto a lui devo sentirmi un cretino? Uno che ha vinto 7 mondiali vuol dire che uno come Prost che ne ha vinti 4 vuol dire che Alain non è nessuno? Se guardiamo solo ai numeri non vogliono dire niente. Se vogliamo fare l'analisi, dobbiamo considerare la carriera complessivamente, quello che ha saputo fare. Ci vorrebbe un sistema per equiparare le prestazioni, i risultati e i numeri. Nella classifica dei primi 100 piloti al mondo, io Bruno Giacomelli, non figuro affatto. Ma nel mio piccolo ho segnato un record in F.2 che nessuno ha ancora battuto. Ho il record assoluto di pole position, ho vinto tutto in F.3, campionato inglese, Montecarlo, la F.Italia e posso garantire che la F.1 non era una scampagnata di paese. Avevo 20 anni quando ho cominciato a correre. Oggi a 20 anni si ritrovano con anni di esperienza sulle spalle, vengono tutti dal Kart e la F.1 di oggi la chiamerei F.Kart con la K visto la provenienza di questi piloti. Sono giovanissimi che hanno però una esperienza incredibile, corrono da quando sono in fasce. Hanno pure la fortuna di correre in una epoca in cui le vetture e i circuiti sono ipersicuri. La sicurezza è un argomento che evito affrontare. Ho perso tantissimi amici nelle competizioni e se la F.1 ha perso tanto del suo fascino è anche per questo motivo".
Ovvero non è più quella sfida di una volta in cui l'uomo rischiava per un ideale agonistico.