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Qualcuno lo chiama "effetto Max Verstappen", ragazzini di 17 anni già pronti per la Formula 1. Domenica, a Monza, fra le gare di Formula 3 e Formula 4 si è visto che la generazione di pilotini playstation non ha capito che correre in macchina è qualcosa di pericoloso e che il più bravo non è quello che sbatte, poi resetta e ricomincia da capo. Il fatto che per la prima volta nella storia delle competizioni una gara internazionale di F.3 venga sospesa per guida pericolosa dei partecipanti, e per giunta in un autodromo, la dice lunga sul livello (basso) cui siamo arrivati.
Li vedi fuori dagli abitacoli, questi pilotini, e son tutti precisi, perfettini, puliti, tute immacolate e addetto a qualcosa alle spalle. Li vedi che tirano fuori la grinta e l’incoscienza e si buttano dentro come se stessero giocando al simulatore. I voli di Stroll e Beretta, tanto per citarne un paio in F.3, o il maxi botto alla Roggia della F.4, dove il più vecchio aveva si e no 16 anni, fanno capire che si è imboccata una strada senza senso, una strada dove ci si sveglierà di colpo quando ci scapperà il morto. Che Verstappen sia un talento, è possibile. A 17 anni non lo metti in F.1 se non hai i numeri, ma è anche vero che certi fenomeni arrivano uno ogni 15 anni, qui invece pare che il forno sia pieno di campioni del domani. Con macchine che viaggiano forte e il senso del limite è quello del videogioco, fin tanto che qualcuno non si romperà le ossa, non capirà che le corse sono altro. Più che coraggio, a 16 anni è incoscienza, più che abilità e controllo della gara, è solo istinto.
Se pensate che anni fa, con le F.3 col motore due litri e strozzatura, la potenza era di 165 cavalli e che con quelle macchine i vari Alboreto, Capelli, Fisichella e altri, tanto per restare in Italia, si sono formati e diventati dei campioni, oggi una F.4 che ha gli stessi cavalli, 160, gira a Monza in 1 minuto e 50 secondi (più veloci delle vecchie F.3) e che i ragazzi che vi corrono hanno tutti almeno 4 o 5 anni in meno di quelli che avevano i vari piloti citati prima, si capisce subito che c’è qualcosa di sbagliato. Una volta il kart era la scuola madre, poi a 10 anni son partiti i campionati minori e dopo 5 anni col kart son già vecchi all’età di 15 anni, quindi devono passare alle monoposto. Ma quali? Da 160 cavalli, come una F.3 del passato, poi dopo un anno o due si sale in F.3 con la stessa mentalità e la stessa incoscienza. Ed ecco che mettere le ruote per far volare l’avversario fa molto fast and furious, fin tanto che dopo essere salito al terzo piano della rete e atterri, non capisci come hai fatto ad essere ancora intero.
Certo, la fretta di bruciare le tappe c’è tutta, ma su 28 macchine di F.4 e altrettante di F.3, è possibile che su 50 piloti al via fossero tutti e 50 dei campioncini da svezzare a 16 anni? Nemmeno il dubbio che su 50 almeno la metà fossero degli onesti praticoni con papà che paga il conto? E se guardiamo all’area ospitalità di Lance Stroll, il ragazzino decollato al curvone, figlio di papà canadese che spende 15 mila euro al mese solo per avere un meccanico della Ferrari privato al seguito, con tanto di gomme nel baule della macchina per il pupo, che spende soldi per far allenare il bimbo chiamando in Canada Mike Wilson, pluricampione del mondo di kart, per insegnare al figlio l’arte della guida, che ha una ospitalità che l’han dovuta piazzare all’interno della parabolica per tanto che era grande, uno alla fine si chiede: ma che accidenti è successo? E poi la personalità dei piloti.
questi ragazzi non sanno nemmeno dove è la personalità, cosa vuol dire avere una idea, un progetto
Quando negli anni 70 ci si scandalizzava per De Angelis o Gabbiani che avevano due macchine al seguito (una Chevron e una Ralt a seconda della pista, passo lungo o passo corto) oggi che dire? Di macchina ne hanno una, ma rispetto a quei piloti, questi non sanno nemmeno dove è la personalità, cosa vuol dire avere una idea, un progetto. Son tutti uguali, cuffia in testa, tute pulite, sguardo serio (vedi Verstappen jr che sembra incazzato col mondo e hai capito che tipi sono). Il sistema è sbagliato, è sbagliato la trafila per arrivare in F.1, è sbagliato il concetto che per fare il professionista devi per forza farlo con le monoposto ed è sbagliato mettere ragazzini in auto a quell’età con quello che ne segue.
Magari le corse saranno pure combattute (e in F.3 chiedete ai vari Coloni o Capelli o Ghinzani cosa combinavano in pista) ma erano un’altra cosa. Se la direzione gara di Monza, complice una telefonata dalla FIA (cioè Stefano Domenicali che poi era al Mugello per le moto) ha deciso di darci un taglio per guida pericolosa (in pista!!! Avete capito bene!) vuol dire che abbiamo toccato il fondo. Meglio ripensarci su. Con buona pace di Verstappen e di chi ama i baby fenomeni.
Stroll, Giovinazzi, Monza, F3 2015 ed un immenso cero alla Madonna. #chetuono
Posted by AutoMoto.it on Sabato 30 maggio 2015