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Licenziamenti alla Gigafactory di Tesla a Buffalo, vicino a New York. Secondo quanto riporta il Guardian, alcuni dipendenti sostengono che oltre 30 lavoratori siano stati licenziati dopo l'annuncio dell'organizzazione di un'unità sindacale nello stabilimento. Al co-fondatore della casa di Palo Alto, Elon Musk, queste iniziative, non sarebbero gradite. E così sarebbero arrivati i licenziamenti, che l'unione, Tesla Workers United, avrebbe cercato di bloccare, rivolgendosi alla National Labor Relations Board, l'agenzia federale che si occupa dei contratti collettivi.
I dipendenti hanno fatto sapere di volersi organizzare in un sindacato per far fronte alla necessità di avere stipendi migliori e di vedere ridotta la pressione sui lavoratori dovuta alla produttività, che passa per un monitoraggio dei compiti dei lavoratori che, spiegano, in alcuni casi li porta addirittura a non andare in bagno. "Mi sento preso alla sprovvista - racconta Arian Berek, uno dei dipendenti licenziati, in una nota diffusa alla stampa -. Ho avuto il COVID e sono dovuto restare a casa. Poi ho dovuto prendere un congedo per un lutto. Sono tornato al lavoro e mi è stato detto che stavo superando le aspettative, e poi è arrivato mercoledì. Credo che sia una ritorsione dovuta all'annuncio del sindacato, ed è vergognoso.
Altri dipendenti di Tesla, non coinvolti nella tornata di licenziamenti, dicono che non si fermeranno di fronte a quanto sta succedendo. In ogni caso, non è la prima volta che si verificano situazioni simili alla Tesla. Nel 2017, un tentativo analogo nello stabilimento di Fremont, in California, aveva portato al licenziamento di diversi dipendenti. Nello stabilimento di Buffalo al centro della vicenda odierna non vengono prodotte auto, bensì pannelli solari e prodotti collaterali.