Perché la Formula E non piace al pubblico?

Perché la Formula E non piace al pubblico?
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Nonostante l'evoluzione tecnica della serie e la presenza di piloti di un certo livello, la Formula E non riesce a decollare. E forse il problema sta nella sua stessa essenza
15 dicembre 2022

Perché la Formula E non fa presa sul pubblico? È venuto naturale chiedercelo, osservando le monoposto Gen3 in pista dalla terrazza panoramica della sala stampa del Circuito Ricardo Tormo di Valencia, dove la categoria 100% elettrica sta svolgendo i test pre-stagionali in questi giorni. Nonostante un cambiamento regolamentare corposo, che proietta la serie verso la sua maturità, rimane un forte scetticismo di fondo. 

Anche se i ruggenti tempi del terribile cambio macchina sono ormai lontani, le obiezioni sono sempre le stesse. Basta farsi un giro nei commenti al nostro walkaround della nuova monoposto di DS per farsi un’idea. La “Formula lavatrice”, come la chiamano certi affezionati detrattori, è ancora vista da molti come un sacrilegio. Il motorsport deve essere rumoroso, al sapore di carburante, manifestazione attuale di quell’adrenalinico spirito competitivo che ha fatto negli anni da benzina della passione di chi, rapito, osservava dagli spalti, con il sound dei motori che arrivava fino alla bocca dello stomaco. 

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Di quel sound atavico in Formula E non c’è nulla. Dalla sala stampa si sente chiaramente la straniante sirena che, nella pitlane, segnala l’arrivo di una monoposto, giocoforza silenziosa a velocità ridotte. Una sorta di bestemmia per chi è cresciuto cullato dal sound dei V10. Volendo andare al di là delle questioni di pancia, però, parlando con i piloti emerge un aspetto che televisivamente non può essere reso: queste monoposto sono molto difficili da guidare.

La Gen3 introduce un’unità rigenerativa all’anteriore, che influenza moltissimo lo stile di frenata, già in passato uno degli aspetti più complessi da gestire di una vettura di Formula E. L’assenza di freni idraulici al posteriore costringe a riconsiderare l’approccio al pedale, con vetture più leggere e più potenti. La maggiore performance rende complessa l’uscita dalle curve, con lo spettro del pattinamento ben presente nella mente di chi guida. E che le nuove monoposto abbiano uno spunto diverso lo si intuisce chiaramente dal vivo.

Ci si aspettava anche di vederlo dai tempi, ma i nuovi pneumatici Hankook – sempre all-weather, come i Michelin di una volta – sono decisamente più duri rispetto alle uscenti. Tanto – ce lo ha spiegato Vandoorne a Valencia – da esibire un degrado praticamente nullo anche a fronte di stint molto lunghi. Capire come sfruttarle al meglio sarà una delle chiavi della prossima stagione, così come lo sarà anche trovare il limite con una potenza difficile da gestire. Che le monoposto di Formula E non siano semplici da approcciare, comunque, lo ha dimostrato chiaramente nella stagione 8 Antonio Giovinazzi. Ma pure un mostro sacro dell’Endurance, come André Lotterer, ha avuto i suoi problemi.

Un aspetto molto limitante – ma necessario, almeno con la Gen2 – della Formula E, a nostro avviso, sono le piste. L’idea iniziale di correre nel cuore pulsante di grandi città è sicuramente suggestiva, ma potrebbe avvicinarsi il momento di allargare i propri orizzonti. La Gen3 ha una velocità di punta di oltre 320 km/h che difficilmente sarà espressa sulle piste del mondiale. Le nuove vetture, più piccole e più leggere, sono pensate proprio per i circuiti cittadini che costituiscono parte integrante del DNA della categoria. Ma alcuni tracciati, non propriamente esaltanti, non fanno altro che restituire l’immagine di una Formula E da videogioco, con tante battaglie in pista, ma poca sostanza. La Gen3, con il tempo, potrebbe permettere di spaziare altrove, senza perdere l’essenza della serie. 

Un altro punto dolente riguarda i piloti. La griglia della Formula E ha un livello di tutto rispetto, ma la percezione che molti hanno è che sia una categoria di scartati dalla Formula 1, alla vorrei ma non posso. La verità è che certi volti noti dello schieramento non sarebbero assolutamente fuori posto nel Circus, anche se le circostanze li hanno portati lontano da quel mondo. Vandoorne, a nostro avviso, avrebbe meritato un’altra chance dopo essere stato annichilito da Fernando Alonso in una McLaren in caduta libera. Così come Vergne avrebbe potuto tranquillamente proseguire la propria carriera in F1 dopo essere diventato una delle varie vittime sacrificali della Red Bull.

Forse il caso di Nyck De Vries, che ha perfezionato il passaggio contrario, passando dalla Formula E alla Formula 1, potrebbe aiutare ad avere una percezione diversa di uno schieramento che, peraltro, conta anche alcuni vincitori della 24 Ore di Le Mans. Verrebbe anche da pensare che alla FE possa giovare un’operazione in stile Netflix, se non fosse che un documentario sulla serie uscito nel 2020, per giunta prodotto da Leonardo Di Caprio, non ha sortito i frutti sperati. La verità è che di storie di rivalsa di uomini da raccontare ce ne sono parecchie, ma l’allure della F1 è tutt’altra cosa.

In un contesto in cui la transizione all’elettrico su cui le istituzioni hanno forzato la mano avanza, la Formula E ha una sua ragione di essere. Ma forse è proprio questo passaggio indigesto a renderla poco appetibile agli appassionati di corse. Dopo quasi dieci anni, la categoria si sta togliendo di dosso molti aspetti che facevano storcere il naso anche a chi scrive. Ma potrebbe non bastare per farle fare il salto di percezione che le servirebbe per catturare davvero l’attenzione.  

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