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«La differenza tra una persona di successo e un’altra non è una mancanza di forza, non una mancanza di conoscenza, ma piuttosto una mancanza di volontà». Parafrasando Vince Lombardi, allenatore di football americano che negli anni ’60 ha portato a casa cinque campionati e due Super Bowl, se sei determinato i risultati arrivano.
Questo concetto si applica molto bene a Takeshi Uchiyamada, il padre delle auto ibride moderne e inventore di quella che, ancora oggi, è l’auto ibrida più venduta di sempre, la Toyota Prius. Assunto nel 1969 da brand giapponese, Uchiyamada è riuscito a realizzare un progetto che, vuoi per mancanza di tecnologia, vuoi per mancanza di perseveranza, era rimasto sempre un po’ nel cassetto, prima offuscato dalle auto elettriche, poi da quelle a combustione. Prima di lui ci aveva già pensato un suo illustre e ben più noto predecessore, Ferdinand Porsche, ma solamente gli anni ’90 seppero dar luce a un progetto forse non del tutto rivoluzionario ma, finalmente, in grado di portare una ventata di cambiamento radicale all’interno del panorama automobilistico.
Era il 1993 e il pubblico giapponese iniziava a sensibilizzarsi al tema ambientale. Le auto, allora come adesso, vennero additate come problema principale legato all’inquinamento e così quando all’ingegnere giapponese venne affidato il compito di realizzare una berlina dai consumi contenuti, il pensiero andò verso la doppia propulsione, capace di unire i pregi delle auto a combustione interna a un miglioramento significativo delle emissioni.
Il nome in codice del progetto, a inizio lavori, era G21, indicando un’auto pensata per adeguarsi all’imminente arrivo del ventunesimo secolo. Il primo prototipo venne svelato a fine ottobre del 1995 durante il Tokyo Motor Show e già prendeva il nome di Prius, ovvero "prima". Il prototipo della berlina aveva forme molto arrotondate e, a differenza di quello che sarebbe poi stato il motore di serie, era mosso da un motore diesel da 1,5 litri, D-4 a iniezione diretta e dotato di cambio CVT. Oltre al motore endotermico, la vera novità era il propulsore elettrico che era abbinato a un sistema di gestione EMS con la rigenerazione in frenata e Start&Stop. Grazie a queste innovazioni, la giapponese garantiva una percorrenza di 30 km con un litro, il doppio rispetto a quanto potessero offrire le concorrenti tradizionali dell’epoca.
La versione definitiva della Prius, la NWH10, venne lanciata sul mercato giapponese con diverse modifiche sostanziali rispetto al prototipo, a partire dal motore endotermico che non era più alimentato a gasolio, bensì era una unità a benzina sviluppata ad hoc. Il propulsore a trovare spazio sotto al cofano diventò dunque un 1.5 VVT-i da 43 kW, abbinato a un motore elettrico da 30 kW. Insieme riuscivano a portare la potenza complessiva al pari della concorrenza, dimezzando però le emissioni e riducendo di parecchio il consumo che, secondo i cicli di prova previsti dal Giappone, si attestava a 28 km/l.
Per vederla fuori dal Paese del Sol Levante ci vollero quasi altri tre anni, così la Prius sbarcò negli Stati Uniti e in Europa quando il Nuovo Millennio era già iniziato. Tra l’altro i tecnici nipponici la adattarono alle esigenze occidentali incrementandone la potenza.
La rivoluzione della Prius non riguardava solo il motore ma anche gli interni. Per la prima volta, infatti, era stata dotata di un display digitale a LED che riportava dati riguardanti il consumo di energia e altri parametri volti all’efficientamento energetico.
Nonostante avesse tutte le carte in regola per sfondare sul mercato globale, la Prius ha riscosso il proprio successo a partire dalla seconda generazione, consolidandolo poi con la terza. Non si può dimenticare che durante il primo mese di commercializzazione della terza versione gli ordini furono 180.000, cifre astronomiche se si pensa che le stime della casa giapponese si attestavano sulle 10.000.
Insomma, in questi 25 anni a listino Toyota, assieme a Prius ora arrivata alla propria quarta evoluzione, ha rivoluzionato la mobilità moderna e l’intuizione di Uchiyamada gli è valsa la poltrona di Presidente del Consiglio di amministrazione del marchio. Da allora Toyota ha immesso sul mercato più di 15 milioni di veicoli ibridi, aprendo la strada a un'incessante evoluzione.