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Riaprono la filiera dell’auto e anche i concessionari, in Fase2. Giusto allora pensare a come proseguirà il cammino di espansione dell’auto elettrica sulle strade anche del Bel Paese, oltre che in Cina dove è cosa scontata. Indipendentemente dalla tempistica che di certo sta variando, o dalle decisioni sui target emissioni europei, condizione necessaria per gli EV è avere una rete per la ricarica ben diffusa ed efficiente, sul territorio. In Italia ne abbiamo bisogno e Be Charge è tra le aziende protagoniste, occupandosi della diffusione di infrastrutture ricarica pubblica (quale CPO EMSP).
Ma come eravamo messi esattamente, prima della pandemia? Quanto e dove aumenteranno le colonnine di ricarica pubblica in Italia, se siamo nel mezzo di una crisi senza precedenti che assorbe risorse? Paolo Martini, CEO del gruppo, affronta questo momento difficile con visione positiva: “Vogliamo contribuire alla fase di rilancio, come operatore della mobilità elettrica per le infrastrutture”.
Solo qualche mese fa lo scenario era definito: scendevano i costi delle batterie (oggi circa 180 dollari per kWh) e dei veicoli elettrici stessi. Le decisioni politiche accompagnavano un “mega-trend” da alcuni criticato ma per molti inarrestabile. Un’evoluzione che contava 20 anni per vendere il primo milione di auto elettriche nel mondo, ma erano già salite a cinque pronte a raddoppiare almeno, in un 2020 "normale" per toccare in un teorico 2050 quota 500 milioni, di cui 6/8 in Italia. Ora l’italiano medio non pensa a questi numeri e non vede certo gli EV come un mercato di massa.
Questi scenari su cui si basava un operatore come Be Charge, non sono più attendibili? “L’orizzonte era e resta di lungo periodo – spiega Martini - le infrastrutture si preparano con anticipo rispetto all’arrivo dei veicoli”.
In effetti se pensiamo ai problemi di chi vende le auto elettriche, sono diversi. Un operatore come Be Charge vive d’investimenti, in questo caso ingenti e da fondi internazionali come Zouk (150 milioni) e la Bei (25 milioni). Grazie a questi impegni, la pandemia per aziende come Be Charge può essere inquadrata come una brutta coda sul percorso che non varia destinazione, almeno ora. Tant’è che il gruppo Be Power a cui fa capo la società, non solo mantiene tutte le attività e il lavoro, ma salvaguarda fornitori e catena del valore. Trovando anche spazio per un’attività di raccolta fondi in aiuto degli ospedali bergamaschi. Secondo l’orizzonte mantenuto quindi, in modo positivo Be Charge stima solo un rallentamento di un paio di anni, rispetto alla velocità del pre-Covid, nella diffusione della mobilità elettrica.
45.000 STAZIONI. Mentre la pandemia si espandeva in Europa, sono stati 100 i punti di ricarica installati nel mese di marzo e altrettanti in aprile, per l’Italia. C’erano 7.000 stazioni per EV a fine 2019 lungo lo Stivale, con target futuro delle 45.000, nel 2030. Più concreto resta quello delle 30.000 nei prossimi 3/5 anni, che sfruttino fonti rinnovabili.
“La mobilità sarà un driver per la ripartenza, spesso elettrica. Per esempio a Milano il car-sharing rimasto attivo è quello elettrico. I ritmi nel muoversi saranno poi più blandi e di minore raggio, gli EV in questo senso potrebbero essere ben sfruttati”.
Indipendentemente da quello che accadrà con i trasporti pubblici e le regole che limiteranno i lunghi viaggi, l’Italia ha poi delle peculiarità che spingono necessariamente a una rete di punti ricarica pubblici. “Con 60 milioni di persone e 40 milioni auto, è la distribuzione abitanti nei condomini che rende la ricarica pubblica fondamentale. Non tutti possono avere garage o spazio privato con una ricarica esclusiva”.
La parola comune a Be Charge e alcuni grossi carmaker dediti all’elettrificazione, come VW, è democratizzare. Per questo indipendentemente da quando sarà raggiunto il target, Be Charge continua a lavorare per installare colonnine non solo dove già serve. Grandi città come Roma, Milano e Torino, ma anche medie come Rimini, Parma o Treviso e soprattutto le regioni estreme, da nord a sud sommando a oggi circa 500 comuni.
Come saranno, le colonnine di ricarica pubblica che sono previste anche nei piccoli borghi, per valorizzare luoghi anche non prettamente industrializzati o di alta concentrazione? “Abbiamo appena aggiunto il Molise toccando i 3.500 punti in Italia (inclusi quelli da completare). Da Courmayeur, presso la funivia, a Cerignola, vicino al Duomo, tutto il possibile sarà raggiunto” ricorda Roberto Colicchio.
Be Charge è gestore proprietario della colonnina, che rende interoperabile, oltre che di facile gestione tramite smartphone. Ovvero ci si possono collegare più società e relativi clienti con App anche diverse, anche per utenti esteri che siano in Italia. Sono colonnine queste che si vedranno non solo in grandi parcheggi pubblici di catene alberghi, ristoranti e centri commerciali, ma anche in stazioni servizio e piccoli spazi di paese.
Due i tipi di ricarica, quello tramite colonnine a 22 kW oppure le Hyper, fino a 300 kW DC. Le seconde previste su aree extra-urbane e autostrade in caso di accordo con il gestore.
TARIFFE. Il costo di una ricarica non è sempre uguale. Il prezzo energia oggi è alto per questione di accise e tassazione. Circa 45 centesimi il kWh. Non a caso Be Charge siede al tavolo per l’energia con lo scopo di rimodulare le tariffe per le alte energie (un taglio di imposte di circa 10 centesimi) e alleggerire anche l’iter burocratico, per la realizzazione dei punti ricarica, velocizzando la diffusione per abbassarne il costo.