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Jean-Eric Vergne è un tipo tosto. Quando parla, pesa le parole, perché le sue sono come dei macigni. Talmente lapidario da destare quasi soggezione in chi gli parla, JEV è uno dei capisaldi dell’attuale DS Penske, scuderia di cui ha fatto la storia vincendo due titoli in Formula E. E non è minimamente messo in difficoltà dal fatto che nel 2023 sarà affiancato da un altro campione del mondo, Stoffel Vandoorne. “È fantastico per il team avere un altro iridato, ma per me non cambia nulla. E come scuderia sappiamo come vincere”, osserva seduto dando le spalle alla DS E-Tense FE23, la sua nuova compagna di avventura presentata poco prima in quel di Versailles.
Una monoposto frutto di un nuovo regolamento tecnico, che non risparmia insidie ai piloti. “La più grande sfida – riflette Vergne – è rappresentata dalle nuove gomme Hankook, un grande cambiamento rispetto alle Michelin. Il comportamento delle vetture e lo stile di guida sono diversi. Poi c’è anche il sistema di frenata, complesso da comprendere. E non è nemmeno semplice gestire la potenza delle monoposto, che rende difficile l’uscita dalle curve, visto il pattinamento dato dalla potenza”.
Se Vergne ha opinioni chiare sui nuovi circuiti – “mi piace molto San Paolo, ci sono stato diverse volte per la F1. Città del Capo è fantastica, sono entusiasta all’idea di andare in Sudafrica. L’India? Non mi piace, ho dei brutti ricordi” – non vuole esprimersi sulla novità delle soste, rivelando ancora una volta un approccio estremamente razionale. “Quando do la mia opinione – puntualizza - mi baso sempre sui fatti. Non ho abbastanza informazioni e non ho visto simulazioni, e non posso esprimermi sui pit stop. È una mia scelta. Non voglio averne perché ho un approccio molto cartesiano. Voglio avere informazioni che mi servano in Messico e quando ne avrò bisogno altre per le gare successive le otterrò”.
Una scelta, questa, legata al doppio impegno che vivrà nel 2023. Oltre alla Formula E con DS, sarà anche in lizza con l’inconsueta hypercar Peugeot 9X8 nel mondiale Endurance. “Devo ragionare in questo modo – ci spiega - perché mi trovo ad affrontare due campionati molto competitivi, e devo lavorare così. Cercare di apprendere tutto è il modo migliore per perdersi le cose importanti. Dal punto di vista fisico, non sono mai stato così pronto. Mi sono allenato parecchio, perché so che quando inizierà il campionato non vedrò la palestra per parecchio tempo, visto che avrò molte gare. Quando sarò a casa vorrò passare del tempo con la famiglia e rilassarmi”. E il fiero Jean-Eric si scioglie come ogni papà, pensando al piccolo Leo, nato pochi mesi fa.
È solo un lampo, perché Vergne sa come concentrarsi su quello che sta facendo. Anzi, è una parte fondamentale del suo modus operandi. “Sono molto puntiglioso nel modo in cui lavoro - osserva. Anche al simulatore so su cosa devo lavorare, come spingere il team. Vale lo stesso per Peugeot. Quando lavoro con loro non penso a DS, e viceversa. L’ho già fatto in passato. Quando ho vinto i miei due titoli correvo anche nel WEC con G-Drive. Non era Hypercar, ma LMP2, ma era il miglior team nella categoria. È una sfida entusiasmante, sono molto felice”.
Quanto al futuro rapporto con il compagno di squadra, JEV spiega: “Non credo nel concetto di primo pilota. Se hai due driver che si rispettano, e combattono senza fare incidenti, bisogna farli lottare ad armi pari, finché non arriva il momento in cui la classifica identifica il primo pilota”. Idee chiare, che fanno pensare che Vergne abbia la “cazzimma” giusta per diventare un giorno team principal. È proprio questo il piano per il futuro: “è l’unica cosa di cui vorrei occuparmi più avanti. Alla fine, devi fare ciò che ami e che sai fare meglio”. E con quella fiera determinazione che lo contraddistingue, Jean-Eric, intelligente e deciso, già oggi ha il piglio del vero leader.