Formula E: Abt licenziato da Audi. Punizione eccessiva?

Formula E: Abt licenziato da Audi. Punizione eccessiva?
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La bravata di Daniel Abt, sostituito da un sim racer professionista in una gara virtuale di Formula E, gli è costata il sedile nel mondo reale. Audi ha fatto bene a licenziarlo o si tratta di un provvedimento eccessivo?
28 maggio 2020

L'ultimo fiasco nell'ambito degli E-Sports ha visto coinvolto Daniel Abt: nel corso di una gara virtuale di Formula E, il tedesco si è fatto sostituire da un sim racer professionista, scatenando l'ira di alcuni colleghi, Stoffel Vandoorne in testa, e innescando una serie di reazioni a catena che hanno portato al suo licenziamento da parte di Audi, con cui correva nella categoria 100% elettrica sin dagli albori, quando la casa del Quattro Anelli non era ancora un costruttore ufficiale. 

Ad annunciare la fine del proprio rapporto con Audi è stato lo stesso Abt in un video condiviso sul suo seguito canale YouTube, che conta 360.000 iscritti. Abt non ha esitato, nella sua lingua madre, il tedesco, a definire quanto successo un Riesenfehler, un errore gigante. Abt ha spiegato il proprio punto di vista in questo modo: le gare virtuali di Formula E sono un divertissement pensato per intrattenere i fan in mancanza delle corse reali. Allora perché non dare un po' di pepe dando vita ad una specie di commedia degli equivoci, facendosi sostituire da un sim racer nella gara di casa a Berlino?

Un escamotage, questo, che avrebbe dovuto dare vita ad un video capace di aumentare ancora di più il profilo social di Abt, pilota decisamente a suo agio su YouTube, ma anche su Instagram, piattaforme su cui confeziona contenuti ad hoc di un certo successo. Peccato che la voglia di dare spettacolo si sia ritorta contro il tedesco, che ha visto da un giorno all'altro interrompersi la sua carriera in Formula E, categoria in cui aveva corso tutte le gare disputate dal 2014 ad oggi. 

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Abt era il pilota perfetto per una categoria che da sempre strizza l'occhio ai social e ai fan, con un approccio inclusivo che coinvolge fan con meccanismi come il Fanboost, forse discutibile dal punto di vista sportivo, ma certamente interattivo. Sportivamente parlando, Abt è un buon gregario, in grado di assicurare ad Audi una spalla costante al fianco della punta Lucas Di Grassi. Per lui pochi acuti, su tutti la vittoria nella gara di casa a Berlino nel 2017, la prima in patria in Formula E sia per un pilota tedesco sia per l'altrettanto teutonica Audi, ma tanti punti importanti in ottica costruttori. Con i suoi 27 anni, Abt sembrava aver raggiunto la maturità agonistica in una categoria a lui congeniale, forte di un rapporto solido con Audi.

Non bisogna dimenticare che Daniel è figlio di Hans-Jürgen Abt, proprietario di Abt, storico preparatore delle vetture di casa Volkswagen: la collaborazione con il gruppo di Wolfsburg, insomma, aveva radici ben più profonde dei sei anni passati con i Quattro Anelli in Formula E. Una storia, quella tra Abt e Audi, che sembrava destinata a durare ancora nel tempo, sebbene al tedesco fossero solitamente proposti contratti da una sola stagione, come quello in essere per il 2019-2020.

Dopo la notizia della sospensione di Abt da parte di Audi, diversi piloti avevano difeso il tedesco. «Questo è un gioco che andrebbe preso seriamente, ma, appunto, è solo un gioco. Allora cosa dovremmo dire di tutti quei piloti che causano collisioni apposta? Sarebbe il caso di togliere loro la patente nella vita reale? Sono stato buttato fuori dalla maggior parte delle gare virtuali che ho disputato a causa di comportamenti antisportivi di piloti che usavano la mia macchina come un freno», aveva detto il campione in carica di Formula E, il francese Jean-Eric Vergne. Altri, come Antonio Felix Da Costa, hanno deciso di dissociarsi dai live sui social: «Addio Twitch, addio streaming. Basta. A mai più rivederci».

Un fronte più o meno compatto, insomma, a difesa di Abt. Ma non bisogna dimenticarsi di una cosa: è pur vero che si tratta solamente di un gioco, la cui verosimiglianza con la realtà è limitata, ma è in ogni caso un'attività in cui i piloti ingaggiati dai costruttori rappresentano lo stesso marchio. Un pilota professionista, al giorno d'oggi, è contrattualmente obbligato a partecipare ad eventi che diano visibilità al brand, di cui rappresentano i valori. Un brand ambassador, come verrebbe definito Abt in termini di marketing, non può venire meno a quelli che sono i valori fondamentali del marchio, perché ne rappresenta un'emanazione concreta. 

Lo si capisce bene dalla nota stampa diffusa da Audi per ufficializzare la sospensione di Abt: «L'integrità, la trasparenza e la costante ottemperanza alle regole sono priorità assolute per Audi; questo vale per tutte le attività in cui è coinvolto il marchio, senza eccezioni». Il Gruppo Volkswagen, ancora alle prese con le conseguenze del Dieselgate, pone oggi ancora maggiore attenzione alla comunicazione. Chiaramente rispetto ad uno scandalo di proporzioni così grandi la vicenda di Abt è solo una piccola pagliuzza, che però ha avuto un'eco mediatica di non poca rilevanza. Audi non ha potuto fare altro che constatare l'accaduto e agire di conseguenza.

Non bisogna poi dimenticare che il sim racing, specie in questo momento di stasi del motorsport reale, è un ambito in cui i costruttori stanno investendo tempo e denaro. Episodi come quello che ha visto coinvolto Abt, così come, ad esempio, la decisione di Simon Pagenaud di buttare fuori pista Lando Norris nella Indy 175 virtuale, sviliscono il mondo in crescita della simulazione, riducendolo ad una farsa. Si tratta, in realtà, di un fenomeno in ascesa, che, possa piacere o meno, ha comunque una propria dignità, e andrebbe approcciato con maggiore rispetto, specie nel caso in cui si rappresenti un marchio importante. Quanto ad Abt, nel motorsport c'è sempre spazio per storie di redenzione: la prossima potrebbe essere la sua.

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