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Pianeta Terra, 15 Aprile. Leggendo il giornale mi sto abituando a guardare sempre più lontano. Il guaio è che sono miope e vedo meglio da vicino. Perché mi succede questo? Perché titoli e articoli parlano sempre più spesso di proiezioni. Bozze, piani, programmi, missioni. Tutto per trovare delle soluzioni. Auspicabili, certe, certificate. Insomma, sempre più statistiche e ambizioni, sempre meno numeri “crudi”, risultati. Se un numero nega una tabella di marcia o tradisce un eccesso di ottimismo, ecco pronta la proiezione di un piano di recupero, di rilancio, riscossa. Intanto il mondo va. Il caso del coronovirus, della guerra dei vaccini, dei numeri tragici che produce e dei numeri magici che sollecita, non è il solo. Forse non è un caso.
180 in corsa per realizzare il vaccino. Ciascuno per conto suo. Abbiamo iniziato a riceverli alla fine dell’anno funesto, 2020. Uno dei piani era vaccinare tutti entro l’estate, Giugno con un po’ di fortuna e buona volontà. Non c’è stata fortuna, e in quanto alla buona volontà…
Aprile. Non siamo al 10%, i tempi dei richiami si allungano, l’efficacia si restringe. Però si parla già di terza dose, di contratti 2022 e 2023. Di un piano d’acquisto di 1 miliardo e ottocento milioni di dosi Pfizer. Prezzo quasi doppio. Paga l’Europa, anche i Pfizer-Freezer a -80 per metterli al sicuro da un’insicura distribuzione “capillare”. Non è dato sapere se diventeremo pomodori perfetti o enormi chicchi di granturco. Probabilmente solo chicchi.
Un’altra palestra della proiezione è l’auto. A parte quella decapottabile guidata da un manichino e dispersa nello spazio, tutto sommato una bella idea pubblicitaria, è sulle nostre strade che si tracciano le orbite più lontane. Così lontane da sembrare, almeno alla mia miopia, ai confini della realtà.
Qualche esempio forte di futuro nelle “stime” dei “player”. Puntare a triplicare in un anno le vendite di veicoli elettrificati. Considerare questo decennio come quello delle auto volanti (forse per questo non si rifanno ponti e strade). Guardare oltre e pensare a quelle che viaggiano anche nel tempo (così possiamo tornare tutti indietro al 2018 (anzi al Medio Evo e ricominciare da capo e meglio)).
La parola d’ordine è “elettrico”, le più attuali “elettrificato”, “ibrido”. Al di là del bene e del male, dobbiamo ammettere che è un presente complesso, costoso. Proiettati direttamente verso l’obiettivo finale, non è chiaro come sia possibile sincronizzare, praticamente e moralmente step by step, l’intera filiera. Parliamo di generazione dell’energia, immagazzinamento, distribuzione, smaltimento, effetti. È dilagare di acronimi, sceneggiature tecnologiche criptate di una stessa matrice “filosofica”: convertire un parco macchine spaventoso in uno scenario di rigenerazione e raddoppio industriale. “Conversione”, è la parola che si adatta meglio all’estinzione della “diversificazione”.
Finora hanno giocato Bezos e Musk, con i loro razzi che vanno su tornano giù ed esplodono. Molte risate e un certo imbarazzo… allora si comincia a fare sul serio.
e torna d’attualità la Luna. Basi o stazioni orbitali per garantire una presenza umana sul satellite. Artemis, un programma NASA e Agenzia Spaziale Italiana, Thales Alenia Space, Enel, Leonardo, Telespazio, Stellantis. L’obiettivo è lo sviluppo di un’economia lunare sostenibile.
Qualsiasi espansione o simbolismo che spinga all’ottimismo, soprattutto di questi tempi, è il benvenuto, però mi faccio alcune domande, da miope s’intende. Che ci andiamo a fare sulla Luna? Quale economia? Chi la sostiene? Stiamo rinunciando definitivamente a un’economia sostenibile sul nostro Pianeta? Non sarebbe meglio provare a fare un ultimo tentativo di stare con i piedi per Terra?
Promemoria. Una media “elettrificata” costa 30.000 euro. È uno stipendio medio o la spesa di una famiglia. Di un anno. Il costo di uno Space X è 60 milioni di dollari. 2.000 anni di stipendio o di spesa. Artemis, la “Dea della Luna”, è un programma da 30 miliardi di dollari... la calcolatrice del mio pc non ci arriva.
Di cosa stiamo parlando?
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