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“Ho avuto paura per me ma soprattutto per lui: dopo quello che è successo a Spa temevo ci fosse un’altra morte. È stato il momento più spaventoso della mia carriera”. Così Jean-Eric Vergne ha commentato il terribile incidente avvenuto nel primo dei due E-Prix di Roma, sabato 15 luglio, e che ha visto coinvolte molte altre vetture.
Questo finesettimana la Formula E ha corso a Roma per il tradizionale E-Prix, composto da un double-header avvenuto sia sabato che domenica. In quello di sabato è avvenuto un grave incidente, che al Giro 9 ha visto la Jaguar di Bird coinvolta in un testacoda che ha mandato l’inglese a sbattere contro le barriere e rimbalzare al centro della pista, creando un tamponamento a catena. Sono poi venute addosso alla vettura dell’inglese anche l’Envision di Buemi e la Maserati di Mortara e di seguito anche altri piloti, al punto che le vetture che hanno ripreso la corsa dopo una lunga pausa segnata dalla bandiera rossa per ripulire la pista sono state quattordici sulle venti ancora in gara. Questo grave incidente, che per fortuna ha lasciato illesi tutti i protagonisti, ha aperto una serie di interrogativi legati alla situazione attuale della Formula E. Come mai i team non avevano abbastanza componenti di ricambio? E soprattutto: il circuito di Roma è ancora adatto per la Formula E?
L’incidente che ha coinvolto le monoposto ha reso inevitabile il ritiro di ben sei vetture, anche se il numero coinvolto era maggiore. La differenza, oltre l’entità del danno, l’hanno fatta le componenti di ricambio, o meglio la loro assenza.
Questa occasione, che ha colpito le auto in più punti e ha di conseguenza danneggiato diverse zone, ha messo in evidenza un elemento insolito: i team di Formula E non portano con sé una quantità sufficiente di pezzi di ricambio. Dopo la bandiera rossa che ha dato il via ad una lunga pausa, si è visto un gran movimento nei box, con i team impegnati a cercare le componenti necessarie ad aggiustare la propria monoposto. Ce l’ha fatta DS, che nonostante avesse riportato danni sia sulla vettura di Vergne che su quella di Vandoorne è riuscita a rimandare in pista entrambi i piloti. Non ha avuto problemi McLaren sulla vettura di Rast ma aveva un bonus: poteva contare sulle componenti “a doppio”, visto che Hughes non aveva preso parte all’E-Prix. Il motivo è presto detto: un incidente, anche questo di notevoli dimensioni, avvenuto nelle qualifiche della mattina del 15 luglio, verificatosi nell’esatto punto in cui poi si è scontrata la Jaguar di Bird, ovvero in Curva 6: un caso? Non proprio, ma di questo tratteremo a fondo nel prossimo paragrafo. Sapendo che a Roma ci sarebbe stato un doppio E-Prix, tuttavia, sembra assurdo che i team non si siano organizzati adeguatamente e c’è da sperare che in vista delle ultime due gare, un altro double-header a Londra, la Formula E e le sue scuderie corrano ai ripari e dimostrino di avere imparato la lezione.
Il circuito dell’EUR di Roma su cui ogni anno la Formula E corre per due E-Prix consecutivi è uno dei più difficili per monoposto e piloti ma il grave incidente di Bird ha riproposto un interrogativo che aleggia nell’aria già dall’anno scorso: questo circuito è ancora praticabile per correre gli E-Prix?
La domanda era già sorta lo scorso anno, proprio per la pericolosità del circuito, altamente tecnico, che unisce la spettacolarità dei suoi lunghi e veloci rettilinei alle sue curve con poco grip e ai tanti – troppi – avvallamenti e dislivelli che mal si abbinano alle nuove vetture.
“Ne avevamo già parlato lo scorso anno, - ha detto Buemi, il primo a scontrarsi con la Jaguar di Bird nell’E-Prix di Roma. – Basta un piccolo errore come quello commesso da Sam (Bird, ndr) nel posto e nel momento sbagliato e non hai più chances. Queste macchine sono davvero potenti ora e in Curva 6 non c’è molto grip, quindi è difficile evitare di commettere errori”.
In particolare la Curva 6, quella in cui Bird ha perso il controllo della Jaguar ed è poi rimbalzato sui guard-rail è particolarmente insidiosa, Non è un caso che poco prima in gara anche l’Andretti di Lotterer si sia scontrata rendendo necessaria la Safety Car e in mattinata, sempre in quello stesso punto, la McLaren di Hughes abbia avuto un altro grande incidente, che fortunatamente non ha coinvolto altri piloti e non ha avuto conseguenze per l’inglese se non il ritiro dalla gara della sua McLaren dalla gara, uscita distrutta dall’impatto.
“L’halo mi ha salvato la vita oggi,” ha anche affermato Da Costa, uno dei piloti costretti al ritiro come Buemi, Bird, Mortara, Di Grassi e Frijns.
E allora, perché non si fa niente? Lo spiega il leader della classifica Jake Dennis, contrario ad ogni modifica sulla pista romana. “È una bella sfida per noi piloti, quella curva e quel layout dovrebbero rimanere invariati, - ha commentato il pilota Andretti, vincitore della tappa romana del giorno successivo, - solo magari rendere più morbida la Curva 6”. E che dire della FIA, con un esponente che ha commentato così le varie lamentele relative al circuito: “Non c’è la necessità di cambiare per ora, si vedrà nuovamente il prossimo anno se sarà il caso di rivedere il layout”.
“Non può essere così, - ha invece commentato il protagonista dell’incidente Sam Bird. – Qui ci sono troppi avvallamenti, troppi dislivelli, è spaventoso”.
In poche parole, i pareri discordanti si dividono in due settori: c’è chi vuole lo spettacolo e chi la sicurezza. Non si può avere entrambi, non su questo circuito di Roma su cui la Formula E corre due volte l’anno, con macchine sempre più veloci. Lo spettacolo è quello che porta attenzione allo sport e i fondi, ed è quello che sembra essere prediletto dagli organizzatori, almeno sinora. Ma, nella giornata in cui cade l’ottavo anniversario dalla morte di Jules Bianchi la domanda aleggia ancora più amara perché la risposta non è ancora scontata: quante vite umane vale lo spettacolo?
All the team radios from *that* multi-car collision 📻@Hankook_Sport #RomeEPrix pic.twitter.com/KNzRoFNvXS
— ABB FIA Formula E World Championship (@FIAFormulaE) July 15, 2023