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Teulada, Sardegna, 10 Luglio. Signor Alejandro Agag, per favore, un paio di domande cruciali. Premessa. Tutto bello, tutto in una grande progressione. L’Extreme E ha tirato fuori i denti dopo un anno che è stato di inaugurazione e test, in ogni caso difficilissimo a causa della pandemia. Però pare che tutto abbia funzionato, e al secondo anno l’Extreme E mette la quinta e va via di gran carriera. Qualcosa è cambiato, ma la formula di base, già indovinata, si è rivelata vincente. Piccoli aggiustamenti l’hanno portata a enfatizzare le qualità della Serie.
Anche le Macchine, le Odyssey 21, sono state sottoposte a piccole migliorie e queste sembrano cruciali perché le performance sono aumentate visibilmente. Sono arrivati nuovi Sponsor, vedi Neom, nuovi Team, vedi McLaren, e nuovi Piloti, vedi Nasser Al Attiyah con ABT Cupra. È cresciuto anche il livello della competitività generale, e dismisura i valori di certe sfide importate nell’Extreme E da altri ambienti del Motorsport, vedi la Dakar.
Tutto a gonfie vele, insomma. Guardando indietro e vedendo quanto si è andati avanti viene spontaneo un brivido di preoccupazione. L’Extreme E è un valore, anche per gli appassionati, e viene da chiedersi se, al di là delle evidenze, anche lo spettro dell’impegno e della responsabilità economica è un argomento che può essere considerato in buona forma, in accelerazione. Signor Agag, lei che ha inventato e realizzato la Serie Mondiale Extreme E, ci rassicuri: sta funzionando anche il modello economico? C’è un avvicinamento sempre più diretto al pubblico, come si è iniziato a vedere in Sardegna? Insomma, l’Extreme E sta funzionando anche dietro le quinte del grande spettacolo?
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