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La quarta generazione della Mini arriverà in ritardo sulla tabella di marcia: lo ha riferito alla Reuters il portavoce del Gruppo BMW Maximilian Schoeberl: «Il ciclo di vita della attuale piattaforma sarà prolungato, per motivi di costi e della Brexit», ha detto.
La Casa di Oxford prima di effettuare un investimento da 1 miliardo di euro, tanto costa lo sviluppo e l’approntamento di tutto quanto serve per il lancio di un nuovo modello, vuole infatti vederci chiaro sugli accordi commerciali che la UE prenderà con il Regno Unito dopo l’uscita dalla comunità europea.
«Se le tariffe (doganali, ndr) si manterranno tra lo 0 ed il 5% non cambierà molto», aveva detto lo scorso anno l’ad di BMW Oliver Zipse.
Ma se saranno più alte, il costruttore tedesco potrebbe decidere di spostare la maggior parte della produzione nello stabilimento olandese di Nedcar, che ad oggi si divide al 50% circa l’output con la fabbrica di Oxford, per aggirare eventuali dazi.
A maggior ragione in tempi come questi, in cui le risorse dei costruttori si stanno concentrando sullo sviluppo delle auto elettriche, la cui maggior parte sarà di fascia piccola, come la Mini per l’appunto.
Segmento, quello delle compatte, la cui clientela è in attesa delle versioni a batterie e che quindi è poco interessata ad acquistare nell’immediato modelli con motorizzazioni tradizionali.
Lo dimostrano i dati di vendita: le immatricolazioni per Mini sono calate nel 2019 del 4% e di ben il 18% nel solo mese di dicembre 2019.