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Elon Musk non ci sta al lockdown imposto dalla Contea di Alameda, in California, anche ai costruttori, considerati ancora business non essenziale.
Una misura che ha costretto la Casa americana a sospendere per settimane la produzione nello stabilimento di Fremont, al quale sarà consentito di aprire solo alla fine del mese. Un’imposizione rigettata ora da Elon Musk, che aveva intenzione di ripartire (col 30% della forza-lavoro) da venerdì e lo aveva già comunicato ai suoi impiegati insieme al piano di sicurezza, ma che è stato bloccato dalle autorità sanitarie locali.
Musk dunque col solito tweet ha annunciato che «Tesla trasferirà immediatamente la sua sede e i suoi progetti futuri in Texas/Nevada e se dovrà mantenere una attività a Fremont dipenderà dal modo in cui siamo trattati».
Oltre a formulare accuse pubbliche, il patron di Tesla si è rivolto al tribunale: «La posizione della Contea non ci ha lasciato altra scelta che intraprendere azioni legali per garantire che Tesla e i suoi dipendenti possano tornare al lavoro. Il 9 maggio abbiamo presentato una causa chiedendo al tribunale di invalidare gli ordini della contea, nella misura in cui la contea afferma di impedire a Tesla di riprendere le operazioni», ha spiegato nel suo blog il costruttore statunitense.
«Tesla sa meglio di un piccolo funzionario ad interim non eletto [Erica Pan, funzionario dell’Alameda County Public Health Department, ndr] cosa deve fare per riprendere la produzione in completa sicurezza, grazie all'esperienza acquisita nel nostro impianto in Cina», ha accusato sempre su Twitter Elon Musk.
Tesla ha dalla sua parte il governatore della California Gavin Newsom, per il quale Tesla, come tutti gli altri costruttori, potrebbe ricominciare a produrre da subito, pur adottando le misure di sicurezza necessarie.