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Una corte federale di San Francisco ha stabilito che Tesla deve corrispondere a un ex dipendente, Owen Diaz, un risarcimento per gli abusi a sfondo razzista subiti mentre lavorava per l'azienda di Palo Alto: lo riporta la CNBC. La cifra è monstre: si parla di circa 137 milioni di dollari, più della richiesta avanzata dagli avvocati di Diaz. Diaz, assunto alla Tesla nel 2015 attraverso un'agenzia di collocamento, ha raccontato in tribunale di aver dovuto affrontare un ambiente lavorativo ostile, in cui i colleghi usavano termini dispregiativi nei suoi confronti e di quelli degli altri dipendenti neri. Secondo quanto dichiarato da Diaz, gli fu detto di "tornare in Africa".
Stando alle parole degli avvocati di Diaz, J. Bernard Alexander e Larry Organ, l'unico motivo per cui il caso è arrivato in tribunale è che Diaz non aveva siglato l'accordo di arbitrato obbligatorio, che vincola i dipendenti a risolvere le dispute internamente, e non in un processo. Non si tratta però della prima causa di questo genere che vede coinvolta Tesla. Un altro dipendente, Melvin Berry, ha ricevuto un milione di dollari come risarcimento per l'ambiente lavorativo ostile e razzista in Tesla.
In un post sul blog ufficiale di Tesla, la responsabile delle risorse umane dell'azienda, Valerie Capers Workman, ha commentato così la vicenda: "Oltre al signor Diaz, altri tre testimoni - tutti dipendenti con contratti esterni a Tesla - hanno affermato durante il processo di aver sentito regolarmente usare insulti razzisti (inclusa la n-word) sulle linee produttive di Fremont. Pur concordando sul fatto che l'uso di questa parola non fosse appropriato sul posto di lavoro, hanno asserito che, a loro avviso, il termine fosse stato utilizzato in maniera 'amichevole' e solitamente da colleghi afroamericani". Workman ha inoltre sottolineato che dal 2016, quando Diaz lavorava in Tesla, ad oggi sono state implementate nuove misure, tra cui la creazione di un team per l'uguaglianza e l'inclusione.