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Il presidente di Icona Teresio Gaudio è un uomo dal passato altisonante, nel mondo dell’automotive. Un passato fitto e che meriterebbe magari qualche momento di tranquillo relax, oggi, invece di crescenti attività per il mercato auto cinese. Eppure, superati i settanta anni Gaudio e altri soci si erano messi in gioco, con Icona Design Group. La nuova realtà con sede a Torino, ma filiali poi anche in America, Los Angeles e soprattutto Cina, Shangai, cresce e sforna oggi progetti a più non posso. Era solo il 2010 quando aprì l’azienda, in cui cooperano anche Cecomp e Tecnocad da allora il fatturato sale, anzi raddoppia in pochi anni: siamo a quota 24 milioni di euro.
Il tutto nel tanto chiacchierato e volubile mondo dell’auto attuale, grazie alla concreta bellezza ed efficienza del “made in Italy” per dei mercati certo crescenti, com’è soprattutto quello dell’auto in Cina.
Il nome di Icona la dice già tutta? “Un concetto adatto al mondo auto, che nella sua tradizione è una cosa che colpisce, perché è bella, perché regala emozioni. Questo è quello che vuole fare l’azienda”.
Come è iniziato il percorso che da Torino porta oggi Icona a rivelarsi dietro il design di moltissimi costruttori auto cinesi, quelli dei grandi volumi che noi, in Italia, ci sogniamo? “Il periodo in cui siamo nati è quello dove le grandi Case affrontavano la dura crisi globale, tra le altre cose anche portandosi all’interno alcune funzioni. Accadeva però il contrario in Cina, dove la domanda salendo obbligava i nuovi attori a servirsi da qualcuno per quello che loro internamente non avevano. La legge locale, parzialmente ammorbidita nel tempo, ci ha permesso di fruire di questo trend”.
Possiamo spiegare meglio, la dinamica di una PMI tricolore che dal nulla si fa conoscere e sbanca in Cina, ai tempi nostri? “Premessa: le Case auto storiche a cui interessava il mercato cinese ci hanno messo piede, in modo e tempo diverso, ma lo hanno fatto più o meno tutte. Quelle partnership con i cinesi hanno necessariamente fatto salire la capacità produttiva locale; i cinesi insomma man mano hanno imparato a produrre auto, da loro e per loro. Questi attori locali vogliono fare in proprio e possono adesso, ma non hanno alle spalle tradizione e competenze per tutte le fasi che servono prima di produrle le auto. È in quei servizi di analisi, di progetto e realizzazione modelli che noi diventiamo essenziali, non si tratta solo di puro design”.
In questo percorso, oltre l’appeal e la capacità tricolori, tanto hanno fatto anche le regole dei mercati, distanti da quelle italiane. “Certo, lo Stato cinese e le amministrazioni locali hanno man mano incentivato la crescita, molto rapidamente. I loro enti adattano le regole alle condizioni di mercato meglio che in Italia, devo dire, favorendo lo sviluppo. Le nuove Case auto cinesi sono incentivate a svilupparsi e la prova è il loro dato di crescita in controtendenza rispetto al nostro, europeo. Cambiano in fretta le regole seguendo il trend”.
È una fase di crescita che però, secondo alcuni, si sta plafonando, quella cinese. “Lo scorso anno ci sono state ventotto milioni d’immatricolazioni. Come tutti i fenomeni può stabilizzarsi, non crescere così tanto per sempre. In ogni caso non siamo lontani da quei trenta milioni che si diceva in passato fosse il target”.
Quindi, anche se non si vede, un po’ di Made in Italy è necessario per know-how su forma e sostanza, oltre che poi per la classica bellezza delle auto, ovunque? “Le aziende nuove entrate spesso non hanno una storia nel mondo auto e quindi necessariamente hanno bisogno di modelli definiti da presentare, prima di riuscire a prendere i benefici per attivare la produzione. Noi serviamo tantissimo e il mercato ama l’impronta italiana”.
Come è strutturata oggi la vostra azienda? “Dopo il successo, non facile, dell’approdo al Salone auto di Shangai, nel 2011, siamo cresciuti per rincorrere le esigenze del mercato. Oggi siamo circa in 120, tra Torino, Los Angeles e Shangai, che è la sede più numerosa”.
Una fase di crescita che noi in Italia non vediamo ed è stata solo conosciuta sui libri da qualcuno, pensando al nostro dopo guerra. “Esattamente, un po’ come era da noi, quando i costruttori erano molti. Ma attenzione, anche per la Cina accadrà qualcosa di simile. La Top5 è oggi in mano al Governo, altre alle amministrazioni locali, moltissime le private. Non potranno tutte convivere e crescere allo stesso modo. Ci sarà una selezione o qualche assorbimento, proprio come è stato in Italia, con il percorso di certi marchi poi persi o finiti nella galassia Fiat.”
Il fenomeno dell’elettrificazione nell’auto, per cui si cita sempre la Cina, è davvero molto influente? “Assolutamente sì, forse sarà una bolla, almeno rispetto a ora, ma crea moltissimo lavoro per noi. Tanti si buttano a capo fitto, partendo dal nulla o da realtà extra-settore. In tutti questi casi necessitano le competenze che noi abbiamo, per tradizione”.
Nel senso che si aprono prospettive, senza vederne la fine precisa? “Ovviamente non si aprono troppo in Italia, dove siamo indietro nell’infrastruttura dovuta agli EV. Specialmente in Cina, per la spinta del Governo e delle leggi, si sono rincorse molte aziende, molti nuovi attori. Circa 200 sono quelli che in qualche modo provano a produrre auto elettriche. Ognuno ha profilo diverso, chi più organizzato chi molto meno. Tutti hanno però bisogno del nostro servizio, per presentare progetti e modelli definiti, appetibili. I progetti devono includere modelli precisi nel design di carrozzeria ma anche telaio e interni di queste nuove automobili”.
Se vi domandate più precisamente quali sono alcuni modelli di auto dietro cui si cela il lavoro di Icona Design, sono quelli di FAW, Casa leader tra le cinque sorelle locali che, a partire dal 2011, ha iniziato a servirsi dell’azienda italiana (prima per un facelift, poi per molto altro) di Geely e di Chery, per citare tre nomi noti.
Ma questi cinesi le auto come le fanno, dopo le prime esperienze? “Non vanno sottovalutati, come prodotti auto. Se si pensa a quanto avvenuto per i cellulari, con Huawey, possiamo osservare un percorso simile anche nelle vetture. Cominciano a essere auto belle”.
E la concorrenza, da dove arriva? “Per fortuna concorrenti a un certo livello ce ne sono pochi. La tradizione italiana dei grandi nomi si è un po’ concentrata o è stata acquisita”.
Sappiamo che molte delle Case Top10 in Cina sono in qualche modo, più o meno divulgabile… “disegnate” da voi. In Europa è diverso. Cosa ne pensa dell’attuale impronta stilistica per la nostra Top10 di mercato auto tricolore? “Innegabile che i tedeschi, leader di tanti segmenti, abbiano un’impronta a volte molto solida, ma di certo Audi, BMW e Mercedes fanno auto belle, fuori e dentro, non si può negare. Sono semmai i giapponesi, che sfornano sempre auto efficienti e prestazionali, ma non emozionali, con meno fascino”.
Icona non lavora per il Giappone, potrebbe? “Non siamo mai riusciti a entrare in un mercato dove loro fanno tutto internamente, per scelta. È un piccolo sogno: poter disegnare un’auto per una grande Casa giapponese, sarebbe la volta buona che ne fanno una efficiente e anche bella per davvero”.
Non parliamo solo di automobili però? “Icona realizza progetti anche per il mondo aereo, ma soprattutto il trasporto merci. E’ quello che ci sta interessando maggiormente in prospettiva e di cui esporremo nuovi modelli al Salone di Shangai 2019, in partnership con JD, un gigante leader nell’e-commerce”.
Il nuovo concept Van urbano, rigorosamente autonomo, elettrico e i noti robot? “Esatto. A Pechino già da tempo girano modelli autonomi per la mobilità delle cose. Parliamo ormai di modelli che non sono solo per lavorare in degli enormi magazzini, come quelli di colossi noti a tutti (rif. Amazon per intenderci) ma anche per il mondo più piccolo e privato. Tra le nostre proposte 2019 non solo quindi la vettura Nucleus, ma anche Space-Pod, il piccolo robot autonomo dedicato a Meituan”.