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Il mancato rinnovo, in Legge di Bilancio, degli incentivi all'acquisto per le vetture full electric, plug-in hybrid e hybrid, oltre a provocare la stizzita reazione delle Associazioni di categoria come l'Unrae, comporta una domanda: come dicono alcuni, davvero l'Italia è l'unico Paese a non prevedere forme di sostegno pubblico per il ricambio del parco circolante in chiave virtuosa?
Cosa accade nelle altre nazioni interessate alla transizione dalla mobilità e dal passaggio dai veicoli a motore termico a quelli elettrici?
La risposta, come vedremo, è meno scontata di quanto si possa immaginare.
Infatti, la breve ma intensa stagione degli aiuti statali per incentivare l'acquisto di vetture elettriche sembra conoscere una fase se non di ripensamento, quanto meno di riflessione: i contributi a pioggia hanno funzionato per sostenere l'avvio del mercato, ma non tutti i Governi sembrano intenzionati a prorogarli all'infinito.
Anzi, qualcuno ha deciso di chiudere progressivamente i rubinetti, non foss'altro per verificare se la domanda di auto elettriche sia in grado di sostenersi da sola, senza bisogno di sostegni.
La Germania ha visto esaurire il budget complessivo di tre miliardi di euro stanziato fino al 2025 arrivare ad esaurirsi quasi completamente entro la fine di quest’anno; il governo guidato da frau Merkel era arrivato a concedere un bonus fino a 9.000 euro per le auto 100% elettriche e di 6.750 euro per le ibride plug-in, cifre per il momento confermate da Robert Habeck, Ministro dell'Economia in quota al partito dei Verdi nel nuovo esecutivo guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz, che però ha anche detto che il sussidio sarà disponibile solo nel 2022.
Dal 2023 saranno sovvenzionati solo alcuni veicoli elettrici, valutati in base all’uso estensivo del motore elettrico e all’autonomia: «Saremo più attenti - ha detto Habeck - nella selezione dei finanziamenti, per dare ulteriore impulso all’elettromobilità e rafforzare gli sforzi contro il cambiamento climatico».
Il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato “Francia 2030“, il piano per rilanciare l’industria nazionale puntando sulle auto elettriche e sulle energie rinnovabili: il governo transalpino continuerà a sostenere la transizione dell'industria automobilistica verso l'elettrificazione, con l’obiettivo di arrivare ad una produzione nazionale di due milioni di veicoli full-electric e ibridi entro il 2030, sostenendo gli acquisti con un bonus di 5.000 euro nel 2022 rispetto ai circa 7.000 finora disponibili, cifra destinata a ridursi di 1.000 euro per ogni anno successivo, anche se tale ipotesi non è stata ancora ufficializzata.
Restando in ambito europeo, in Spagna dovrebbe essere rinnovato il piano di incentivi che prevede 7.000 euro di bonus per chi acquista una full electric e rottama un’auto con almeno sette anni di vita, oppure 4.500 euro senza la rottamazione, mentre per i modelli plug-in con autonomia in elettrico compresa tra 30 e 90 chilometri, il bonus è di 5.000 euro con rottamazione e 2.500 senza; in Norvegia è prevista l'esenzione IVA (che per le auto è al 25%) per gli Ev, in Svezia ci sono 7.000 euro di incentivo per un’elettrica e 4.500 per un’ibrida plug in; in Gran Bretagna, fino al 2023 sarà arrivo un bonus di 3.000 sterline (quasi 3.500 euro) per le full electric fino al 2023, destinato a dimezzarsi nel 2024 e nel 2025; più generosa l'Irlanda, che arriva fino a 10.000 euro per un Ev e a 6.500 per un Phev, mentre nel piccolo Lussemburgo il programma incentivi per le auto a batteria prevede 3.700 euro di bonus, che diventeranno 2.550 euro nel 2025.
In Cina si registra un fenomeno inedito: dopo dieci anni di incentivi e di politiche mirate, il prezzo medio di una vettura elettrica si è quasi dimezzato e nel caso delle city-car, che su quel mercato rappresentano il 40% dei veicoli elettrici venduti, è possibile prenderne una con l'equivalente di quanto da noi costa uno scooter.
Questa situazione ha prodotto il paradosso di una produzione industriale sovradimensionata rispetto alla domanda del mercato, con circa 300 produttori (nella sola area di Shanghai se ne contano oltre trenta), di dimensioni medio-piccole: il governo di Pechino, anche per incoraggiare i processi di fusione e di ristrutturazione ed aumentare la concentrazione del mercato, ha elaborato una serie di misure per contenere l’eccesso di capacità produttiva, prima tra tutta l'eliminazione degli incentivi all'acquisto, che nel quinquennio 2015-2020 sono stati erogati, tra elettriche pure, ibride plug-in e vetture ad idrogeno, per un totale di oltre cinque miliardi di dollari.
Per un Paese che chiude i rubinetti, ce n'è un altro che rilancia: il Giappone raddoppia infatti gli incentivi portandoli a poco più di 6.000 euro, valore allineato quindi alle offerte di Europa, destinando quasi 38 miliardi di yen (poco più di 290 milioni di euro) ai sussidi per i veicoli elettrici.
Chiudiamo la rassegna in giro per il mondo con gli Stati Uniti, dove il piano Biden sulle nuove tecnologie è appeso ad un filo: nella discussione si è inserito anche Elon Musk, che ha chiesto al Senato di non approvare il Build Back Better Act, la gigantesca riforma con la quale la Casa Bianca stanzia ben 2.000 miliardi di dollari a sostegno della transizione energetica e delle politiche sociali per la lotta al cambiamento climatico.
Ebbene, il ceo di Tesla ha polemicamente detto di poter fare a meno del bonus previsto per ogni vettura elettrica, visto che finora la sua azienda non ne ha usufruito avendo superato il limite di auto prodotte per godere dell'agevolazione; il tetto di 200.000 veicoli annui venduti con il piano di Biden viene eliminato,e quindi Tesla tornerebbe in gioco, ma c'è un ulteriore vincolo a spingere Musk a rifiutare l'offerta.
Infatti, dei 12.500 di agevolazioni previsti per l’acquisto di auto elettriche, 4.500 sarebbero riservati alle sole vetture prodotte negli USA da aziende con regolari rappresentanze sindacali in fabbrica; invece, com'è noto, Musk non ha alcuna intenzione di sedersi ad un tavolo di trattativa con i rappresentanti degli operai...