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Sulla validità delle misurazioni ambientali effettuate dalle singole centraline sono stati espressi dubbi da più parti, in particolare nella misurazione delle polveri sottili PM10. Da questi dubbi deriva una critica ai blocchi della circolazione, blocchi che vengono decisi proprio in base alle concentrazioni di inquinanti. Uno studio dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale dell’Emilia Romagna, citando i dati relativi alla qualità dell’aria raccolti lo scorso anno, rileva proprio queste anomalie nelle misurazioni delle varie centraline. Infatti, le concentrazioni di PM10 rilevate in città, o in prossimità di zone ad alto traffico stradale sono risultate uguali o addirittura minori rispetto a quelle registrate in campagna.
Osservando i dati pubblicati a metà dicembre dello scorso anno dall'Arpae sul numero di giorni in cui si è superata la soglia di legge giornaliera per i PM10, si nota come una stazione ad alto traffico come quella di Porta San Felice, nel centro di Bologna, ne abbia registrati 36, contro i 37 di San Pietro Capofiume, in aperta campagna a Molinella, in provincia di Bologna. Entrambi i punti di monitoraggio, quindi, non hanno rispettato il limite di legge di 35 superamenti per anno.
Questo può dipendere da diversi fattori, come ad esempio le variabili metereologiche: le precipitazioni - pioggia e neve, oppure la nebbia - possono avere effetto sulla rimozione degli inquinanti: sia fisicamente, per trascinamento ad opera della goccia d’acqua e successiva deposizione al suolo, sia per reazione chimica tra l’acqua e alcuni inquinanti. Esiste poi il fenomeno dell’avvezione, il trasporto ad opera del vento, che tende a diluire le concentrazioni di inquinanti nello spazio.
Un altro fattore importante è l’altezza di rimescolamento, cioè lo strato dell’atmosfera più vicino alla superficie terrestre in cui avvengono i fenomeni di rimescolamento degli inquinanti. In inverno questo strato è più basso, e qualsiasi inquinante emesso dell’atmosfera resta confinato al suo interno. In piena estate, invece, invece la sua altezza può superare i mille metri. Nel periodo freddo, dunque, visti i minori volumi di diluizione, i valori di alcuni inquinanti risultano più elevati rispetto al periodo estivo, in particolare quelli dovuti ai riscaldamenti domestici.
Di qui i valori dei superamenti di PM10, risultati simili nelle aree urbane e in quelle rurali del bolognese. Non bisogna poi dimenticare che il PM10 è costituito per buona parte dai composti secondari che si generano nell’atmosfera per via di reazioni di formazione a partire da composti emessi direttamente.
A queste incongruenze si deve sommare l’errore compiuto dagli amministratori che tendono ad attribuire totalmente al traffico e in particolar modo a quello delle autovetture il totale del particolato misurato negli ambienti urbani. Ci si dimentica, infatti, che l’attribuzione corretta è quella di una percentuale inferiore al 15%, mentre i riscaldamenti domestici, i camini e i forni a legna ne hanno una responsabilità di gran lunga maggiore. E che infine il risollevamento dal terreno delle polveri sia naturali sia derivanti da combustione rappresenta in assoluto la quota maggiore del PM10 monitorato dalle centraline.